il guasto
25 Febbraio 2010 Share

il guasto

Certo – il boicottaggio televisivo in teoria era una buona intenzione. Ma non ce l’ho fatta. Volevo vedere il padrone dell’azienda Italia nel pieno della sua sovraesposizione mediatica, messi a tacere e fermi tutti i controllori: solo Lui a parlare, il servo (o i servi) a sentire.

Però avrebbero dovuto vederlo tutti per capire in profondità quello che ha detto la moglie, quando parlava di un uomo malato. Rinchiuso nelle proprie menzogne, avvoltolato nella litania degli insulti a mezzo mondo, arrogante perfino con il suo consueto maggiordomo, quello che gli aveva fatto firmare il Contratto con gli italiani.

Tirato, teso, gonfio, un occhio mezzo chiuso, pieno di cortisone: l’opposizione “è comunista” – non provi Vespa a smussarlo in merito – e “D’Alema è uno stalinista”, e “le nuove case di Onna sono così belle che vorrebbe viverci lui”, e lui da Vespa in realtà non ci voleva andare perché “preferiva guardarsi il Milan”, e chi parla di conflitto d’interessi è “un delinquente”, e i giornalisti che lo criticano “sono farabutti”, e lui ha introdotto in politica “una nuova moralità”, e “abbiamo dato una casa a tutti gli sfollati”, e noi “agli immigrati in mare serviamo le bibite e poi gli diamo asilo nido” (sic), e stiamo dando soldi alla Libia perché costruiscano “dei campi confortevoli”, naturalmente chi lo contesta “è antiitaliano” – un po’ come i dissidenti russi che venivano sbattuti in galera perché antisovietici.

 Di Pietro afferma che “promuo- ve l’informazione faziosa di soggetti come Minzolini o Vespa, che stanno al giornalismo come la sedia elettrica alla vita umana. Viviamo ormai in un Paese privo delle più elementari libertà democratiche, dove l’arroganza di un manipolo saldamente ancorato alle istituzioni, e protetto per assurdo proprio dalle stesse, sta divorando lo Stato dall’interno attaccandone gli organi vitali come un cancro invisibile ma mortale”.

 L’attacco non è piaciuto a Vespa. “Per una deplorevole illusione ottica – commenta il giornalista -, negli ultimi anni abbiamo avuto la sensazione che l’on. Di Pietro trovasse molto confortevoli le poltrone di Porta a porta, dove è stato sempre ospitato anche nei periodi di bassa stagione delle altre trasmissioni”. “Così evidentemente non era – aggiunge Vespa nella sua nota diffusa dalle agenzie -. Per salvaguardare la sua incolumità a tutela della democrazia italiana, eviteremo pertanto da questo momento di invitarlo a sedersi sulla “sedia elettrica” della nostra trasmissione. A meno che, naturalmente, non chieda scusa.

 Sono come ubriaca. Mi viene in mente di razionalizzare:

– La stampa in Italia è una casta. Ricordo pochi bravi professionisti e poche lungimiranti professioniste che mi hanno parlato di non qualificazione, non avevo le carte in regola, perché “per fare questo mestiere bisogna conoscerlo”.

– La stampa non è libera perché c’è da capire perché mai l’informazione si sia ridotta ad essere l’eco delle procure di tutta Italia. Non c’è più una inchiesta decente, una ricerca ben fatta, una narrazione documentata. Mi vengono in mente due esempi di giornalismo non scandalistico, che non fa la sua fortuna facendo copia e incolla dalle carte dei magistrati, che non spettacolarizzano il lavoro dei giudici ma che si muove in tutt’altra direzione: report e presa diretta.

– Ma mi dico, dai ora devi fare causa comune. Devo fare causa comune con soggetti che sono responsabili della origine culturale di questo governo di censura. Ne sono responsabili perché lo hanno sdoganato, perché quello che contava non erano le ragioni ideali ma lo spazio ottenuto. Devo fare causa comune ben sapendo che quella stampa non scenderà in piazza in favore di disoccupati, sgomberati, occupanti di edifici per rivendicare il diritto alla casa, di precari, di persone che non hanno mai creduto alla idiozia del capitalismo dal volto umano, del liberismo intelligente, della privatizzazione socio compatibile. Devo fare causa comune perché io non ho mai pensato di querelare La Padania e Il Giornale per tutte le volgarità che pubblicano, per le offese che ci infliggono. Chi invece si nutre della loro “cultura” pensa di far tacere chi non è d’accordo attraverso apposita legislazione e denunce mirate. Devo fare causa comune perché è da un bel pezzo che siamo in pieno fascismo ed è un bel dilemma per tanti pezzi della sinistra che praticano l’antifascismo provando a sfuggire alle strumentalizzazioni di chi nel centro sinistra quel fascismo lo ha sdoganato. Ma soprattutto devo fare causa comune  perché le donne hanno diritto di dissentire. Dissentire da altre donne che parlano di un fantasioso e retorico silenzio delle donne. Dissentire dalle testate che parlano di violenza maschile sulle donne difendendo e veicolando la cultura patriarcale. Dissentire dalla stampa moderata del centro sinistra che chiama “violente” le donne che praticano un femminismo indipendente dai partiti politici, radicale, con pregiudiziali antisessiste, antirazziste e antifasciste

Mi sono presa una pausa, si fa per dire. Sto montando un pezzo dell’88 di uno spettacolo che manderò in video in una rassegna bolognese. Passo vicina alla nostra vecchia cantina-teatro. Mi viene un groppo alla gola E sento la miseria di essere povera non perché ho sciupato gli anni e il danaro ma perché sinistra e destra hanno offeso la cultura e oggi se un Brunetta offende Placido è perché ci siamo arrivati irreversibilmente.

Entro nella vecchia trattoria di Valerio. Tutto sembra fermato dal tempo. Come anni fa, lui affabile, comunista di ferro, tre compagni ad un tavolo, il figlio cresciuto svelto 25enne che serve ai tavoli. Che bello essere tornata nel mio mondo! Non so come scivola il discorso dagli altri tavoli su ragazze minorenni che si concedono per una tessera tim o omnitel a sessantenni. Il ragazzo è convinto, continua, che se le ragazze vestono con minigonne con la “patata” fuori  è chiaro che poi avviene qualcosa di brutto. Cerco di portarlo ad un dialogo, ad un discorso, lui mi dice che al cassero, al sottotetto (locali in Bologna) l’80% della ragazze fa così. Ammiccano i vecchi compagni al ragazzo, a me dicono confidenzialmente: “credimi ha ragione lui, le ragazzine oggi son tutte così”. Capisco che i baccelloni berlusconiani sono ovunque, siamo stati invasi, forse anche nel sonno come dal profetico film , “il terrore viene dallo spazio”. Tutti o quasi tutti siamo stati omologati, nel sonno, da replicanti. Chi dissente è un terrorista altrimenti come avremmo notizie di questo tipo?

Vietato dissentire. Messina. Un cittadino esprime il suo dissenso sul ponte sullo Stretto in presenza del ministro Angelino Alfano. Gli sgherri manzoniani lo trascinano via.

Vietato ridere. Rosolini. Un cittadino ride mentre Sgarbi difende il presidente della regione Sicilia Lombardo. Gli sgherri manzoniani lo trascinano via.

Vietato protestare. La protesta censurata a L’Aquila da chi voleva dissentire. Uno scontro tra un agente in borghese delle forze dell’ordine e alcuni cittadini aquilani ai quali è stato tolto uno striscione durante la conferenza stampa di Silvio Berlusconi all’Aquila, per innalzare il tricolore su uno dei moduli abitativi del progetto C.A.S.E.

Non so se addormentarmi e farmi invadere, nel sonno, dal mio replicante che sarà certamente vicinissimo, o fare sempre e comunque resistenza.

Alla prossima. Ma forse non sarò? Più? Io! ☺

 ninive@aliceposta.it

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