il papa buono
18 Aprile 2010 Share

il papa buono

 

“Habemus papam”. Sono le 16.45 del 28 ottobre 1958 quando dal camino della Cappella Sistina esce la fumata bianca. Angelo Giuseppe Roncalli all’età di 77 anni è eletto papa col nome di Giovanni XXIII.

Terzo di dieci figli e primo dei maschi, nasce nel 1881 a Sotto il Monte in provincia di Bergamo da una famiglia contadina molto povera, ma profondamente cristiana e ospitale, tanto che qualunque mendicante bussa alla porta sa che una scodella di polenta gli viene servita, perché “è il Signore che siede alla nostra tavola”, come suole ripetere la mamma.

Compie, tra grandi difficoltà non solo materiali, i primi studi in casa del parroco di Carvico, poi, quando per mancanza di denaro sembra chiusa ogni possibilità di poter proseguire la scuola ed entrare in seminario, col solito quarto d’ora di ritardo, che mette a dura prova la fede, arriva la provvidenza attraverso un monsignore che gli paga la retta del seminario.

Sacerdote a 23 anni, annota nel diario, che sarà pubblicato col titolo Giornale dell’anima: “Non mi faccio prete per complimento, per fare quattrini, per trovare comodità, onori, piaceri. Guai a me! Solo per far del bene, in qualunque modo, alla povera gente”.

Da segretario del vescovo Giacomo Radini Tedeschi a insegnante di storia e di patristica, a visitatore apostolico in Bulgaria, a delegato apostolico della Turchia e della Grecia fino a nunzio apostolico a Parigi. Nel 1953 viene eletto patriarca di Venezia. Il quotidiano La Croix scrive di lui: “Ama i contatti diretti e ogni sua parola è volta a orientare verso la verità e la carità. La regola della sua vita è stata sempre quella di ricercare ciò che edifica contro ciò che distrugge”.

L’eredità che gli lascia Pio XII, quando sale al pontificato, è gravosa, ma lui riuscirà a dare un’impronta nuova al papato. Alla prima benedizione da papa, un romano tra la gente esclama: “Bello non è. Però la faccia ce l’ha buona”. Riesce a conquistare tutti, dai bambini dell’ospedale del Bambin Gesù, dove va nel primo natale, ai carcerati del Regina Coeli, dagli intellettuali alla gente semplice.

Il 29 gennaio 1959, quasi a sorpresa, tra lo stupore dei cardinali, annuncia la celebrazione di un concilio ecumenico per rispondere alle necessità del popolo cristiano. A chi esprime timori, risponde con semplicità: “Ci sarà anche lo Spirito Santo, io non ho paura. Mettiamoci al lavoro”. I profeti di sventura invano cercheranno di neutralizzarlo.

Nel 1961 con l’enciclica Mater et Magistra supera coraggiosamente le impostazioni della tradizione ecclesiastica in materia di problemi sociali, auspicando la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese. Con la Pacem in Terris, del 1963, diretta a tutti gli uomini di buona volontà, sottolinea, tra l’altro, il diritto al lavoro, all’istruzione, alla sicurezza sociale, alla parità razziale, puntualizzando i quattro pilastri della pace: verità, giustizia, amore, libertà.

L’11 ottobre 1962 si aprono le porte del Vaticano per l’inizio del concilio, ma non ne vedrà i frutti. La morte non lo coglie di sorpresa in quel piovoso 3 giugno 1963. con semplicità dice ai presenti: “Ho cercato di amare tutti, ho voluto bene a tutti” e se ne va mormorando, on voce sempre più flebile, un’invocazione a Maria.

Come Mosè, papa Giovanni conduce il popolo di Dio fino alla soglia della terra promessa. Ad altri il compito di continuare, ma per la chiesa cattolica, passato il lungo inverno, si annuncia ormai una primavera che niente e nessuno potrà reprimere. Per questo, nonostante le gelate anche di questa torrida estate, noi continuiamo a vivere le aperture del concilio con fiducia. ☺

 

 

 

 

 

 

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