Il teatrino molisano
8 Giugno 2023
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Il teatrino molisano

Lo spettacolo, nel penoso recinto della recita popolana della battaglia elettorale, si fa sempre più scadente. L’atmosfera non è quella della competizione ma dello scontro di ambizioni e di ambiziosi strettamente personali, come se dare un governo vero alla regione fosse l’ultimo dei problemi. Una delle trame ha la presenza recitativa degli irriducibili, cioè di coloro che si fanno vivi in ogni tornata elettorale e che mirano ad essere di nuovo eletti come se fossero rimasti attaccati con il mastice alla poltrona del Consiglio regionale, nel Parlamento nel quale l’unica regola dovrebbe essere il confronto, lo scambio di conoscenze, l’integrazione tra le competenze. Purtroppo è una merce rara e la sensazione che si prova è quella che si ha quando si vede un centro commerciale con le scansie vuote.
Se venisse la voglia, non proprio sana, di esaminare ogni singola lista si andrebbe, per dirlo con il linguaggio medico, da uno stato di salute di livello sufficiente a malanni di vario genere, accomunati solo da un covid elettorale che resiste al vaccino, quello del buonsenso, della consapevolezza del significato della pubblica amministrazione.
Lo spettacolo viene propinato a spettatori che non solo non possiedono spirito critico ma si crogiolano nell’accettazione passiva del copione in scena. Nel palcoscenico i guitti sono protagonisti di sé stessi e non di un messaggio nel quale devono essere racchiuse le necessità sempre più urgenti di un territorio che non affoga solo perché gli è stato dato un salvagente mentre ha bisogno, per sopravvivere, di un rimorchiatore capace di trainare il vascello regionale in un mare che ora è uno stagno privo cioè dell’energia delle onde e della purezza dell’azzurro.
Palazzo D’Aimmo deve essere la casa di tutti i Molisani e non il pied-à-terre di assessori, consiglieri, con il corredo di assistenti, di promotori del consenso e con le fonti di informazione regionali che presentano fatti, argomenti, dibattiti, persone con la tecnica della registrazione e non con lo spirito critico che deve accompagnare la Comunicazione per evitare che diventi lo specchio nel quale si rimirano candidati, candidabili, concorrenti assatanati. Il Molise è diventato una palestra nella quale vengono ad allenarsi i cosiddetti politici di Roma per ottenere risultati nazionali, vittorie da sbandierare. Arrivano con la loro prosopopea e sono accolti da questuanti che chiedono l’obolo per essere eletti. Perché non si rivolgono direttamente alla gente? Perché non propongono programmi costruiti sulla base di responsabili analisi? La risposta è maledettamente semplice: il solo programma è quello di entrare a far parte di un consesso per ottenere prebende, rendite di posizioni, successo personale. La verità è cruda ma osservando il panorama è l’unico orizzonte che si presenta nelle sue tinte scolorite.
Ogni concorrente ha le sue ricette e le presenta nei manifesti che infestano i tabelloni elettorali o nei “santini” che diffondono tra la gente. Incontri, comizi, riunioni intorno a tavole rotonde dove si siedono con il sussiego che somiglia a quello della foto storica di Roosevelt, Stalin e Churchill.
Il teatrino chiude i battenti due giorni prima delle elezioni. I sondaggi di co-nio casalingo sono di indovina commedia ma, visto il numero dei votanti, i risultati saranno proclamati rapidamente.
In questo spettacolo se ne vedono di tutti i colori. C’è un concorrente che vuole lasciare a futura memoria il suo addio alla militanza nel politichese. Se sarà della contesa il suo mantra è quello della realizzazione dell’autostrada nel Molise e non per il Molise. Bontà sua, è disposto a rinunciare alla contesa elettorale chiedendo alla lista che più gli è vicina di inserire nei programmi la realizzazione della fantasiosa opera, un proposito (chiamarlo progetto sarebbe improprio) che violenterebbe il territorio del Molise offrendolo in dono non ai molisani ma al traffico pestilenziale del trasporto che attraverserebbe territori nei quali è per fortuna ancora viva un’atmosfera ricca dei valori della natura. Il vero patrimonio che la regione può mettere a frutto per ripartire e non morire. Il lascito di questa insensata voglia, riferendoci al promotore ha una sorgente che, scomodando D’Annunzio, si potrebbe titolare La figlia di Iorio.☺

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