Le lenzuola del corredo ricamate a mano da mia nonna, con le iniziali svolazzanti, e quelle colorate che ho comprato io per avere un letto luminoso come il sole, coi delfini, con le righe, con le nuvole. Le notti di sonno, di sogni, d’amore che tra quelle lenzuola si sono confuse.
Ci alziamo tutti dal letto.
La foto del bisnonno vestito da militare della Prima Guerra, con la faccia da bambino e le fasce strette intorno ai polpacci, la sua medaglia al valore militare appesa al muro dentro una teca di vetro. Mia nonna che la guardava commuovendosi ogni volta.
La porta, dobbiamo assolutamente raggiungere la porta!
Tutte le spezie, cinque litri d’olio extravergine che sul pane è una delizia. Il tavolo di cucina, i pranzi e le cene che da anni consumiamo su quelle sedie. La tovaglia con le ciliegie.
Il rumore è assordante, i gradini sembrano non finire mai.
Il vestito del mio matrimonio e quello di mio marito, l’album delle fotografie e il filmino superotto dove si vede la zia che scivola sull’erba col vestito da cerimonia. Quante risate.
Sulle scale c’è tutto il palazzo, la gente è in mutande corre, grida, piange ma non si ferma.
I libri autografati dai miei scrittori preferiti. Quella volta che ho fatto due ore di coda per ricevere un “con simpatia” seguito dalla firma.
I muri iniziano a sgretolarsi.
I quaderni di scuola di quando i ragazzi erano piccoli, le serate passate con loro a fare le moltiplicazioni. I primi disegni con tutta la famiglia in fila, i capelli ritti sulla testa, le bocche grandi da un orecchio all’altro e sorridenti.
Sento il freddo del marmo sotto i piedi scalzi, corro sui calcinacci.
I dischi in vinile che ascoltavamo tanto tempo fa e la collezione di opere liriche in CD che mio marito ha comprato in edicola ogni settimana. I pomeriggi che passa ad ascoltarli in poltrona con gli occhi chiusi e l’aria serena.
Varco il portone.
Tutte le lettere, il nostro letto, il ritratto fatto a Parigi in viaggio di nozze. Le battute eterne sul fatto che non mi somiglia.
Finalmente siamo in strada.
La collana d’oro di mia madre, l’anello del mio fidanzamento, l’orologino di Lucia.
Da lontano vediamo cadere il condominio come un castello di sabbia si scioglie alla potenza del mare.
Il romanzo che stavo scrivendo.
È tutto dentro quelle mura, anni di vita che non puoi ricordare perché qui fa freddo e sei in camicia da notte, e senti l’asfalto sotto i piedi e la vita che ancora ti rimane scorre nelle vene.
Non si può piangere per un cappello buffo che non indosserai più quando il mondo crolla davanti a te.
Non puoi pensare allo scialle di tua nonna quando sei stato miracolato. ☺
paolapresciuttini@virgilio.it
Le lenzuola del corredo ricamate a mano da mia nonna, con le iniziali svolazzanti, e quelle colorate che ho comprato io per avere un letto luminoso come il sole, coi delfini, con le righe, con le nuvole. Le notti di sonno, di sogni, d’amore che tra quelle lenzuola si sono confuse.
Ci alziamo tutti dal letto.
La foto del bisnonno vestito da militare della Prima Guerra, con la faccia da bambino e le fasce strette intorno ai polpacci, la sua medaglia al valore militare appesa al muro dentro una teca di vetro. Mia nonna che la guardava commuovendosi ogni volta.
La porta, dobbiamo assolutamente raggiungere la porta!
Tutte le spezie, cinque litri d’olio extravergine che sul pane è una delizia. Il tavolo di cucina, i pranzi e le cene che da anni consumiamo su quelle sedie. La tovaglia con le ciliegie.
Il rumore è assordante, i gradini sembrano non finire mai.
Il vestito del mio matrimonio e quello di mio marito, l’album delle fotografie e il filmino superotto dove si vede la zia che scivola sull’erba col vestito da cerimonia. Quante risate.
Sulle scale c’è tutto il palazzo, la gente è in mutande corre, grida, piange ma non si ferma.
I libri autografati dai miei scrittori preferiti. Quella volta che ho fatto due ore di coda per ricevere un “con simpatia” seguito dalla firma.
I muri iniziano a sgretolarsi.
I quaderni di scuola di quando i ragazzi erano piccoli, le serate passate con loro a fare le moltiplicazioni. I primi disegni con tutta la famiglia in fila, i capelli ritti sulla testa, le bocche grandi da un orecchio all’altro e sorridenti.
Sento il freddo del marmo sotto i piedi scalzi, corro sui calcinacci.
I dischi in vinile che ascoltavamo tanto tempo fa e la collezione di opere liriche in CD che mio marito ha comprato in edicola ogni settimana. I pomeriggi che passa ad ascoltarli in poltrona con gli occhi chiusi e l’aria serena.
Varco il portone.
Tutte le lettere, il nostro letto, il ritratto fatto a Parigi in viaggio di nozze. Le battute eterne sul fatto che non mi somiglia.
Finalmente siamo in strada.
La collana d’oro di mia madre, l’anello del mio fidanzamento, l’orologino di Lucia.
Da lontano vediamo cadere il condominio come un castello di sabbia si scioglie alla potenza del mare.
Il romanzo che stavo scrivendo.
È tutto dentro quelle mura, anni di vita che non puoi ricordare perché qui fa freddo e sei in camicia da notte, e senti l’asfalto sotto i piedi e la vita che ancora ti rimane scorre nelle vene.
Non si può piangere per un cappello buffo che non indosserai più quando il mondo crolla davanti a te.
Non puoi pensare allo scialle di tua nonna quando sei stato miracolato. ☺
Le lenzuola del corredo ricamate a mano da mia nonna, con le iniziali svolazzanti, e quelle colorate che ho comprato io per avere un letto luminoso come il sole, coi delfini, con le righe, con le nuvole. Le notti di sonno, di sogni, d’amore che tra quelle lenzuola si sono confuse.
Ci alziamo tutti dal letto.
La foto del bisnonno vestito da militare della Prima Guerra, con la faccia da bambino e le fasce strette intorno ai polpacci, la sua medaglia al valore militare appesa al muro dentro una teca di vetro. Mia nonna che la guardava commuovendosi ogni volta.
La porta, dobbiamo assolutamente raggiungere la porta!
Tutte le spezie, cinque litri d’olio extravergine che sul pane è una delizia. Il tavolo di cucina, i pranzi e le cene che da anni consumiamo su quelle sedie. La tovaglia con le ciliegie.
Il rumore è assordante, i gradini sembrano non finire mai.
Il vestito del mio matrimonio e quello di mio marito, l’album delle fotografie e il filmino superotto dove si vede la zia che scivola sull’erba col vestito da cerimonia. Quante risate.
Sulle scale c’è tutto il palazzo, la gente è in mutande corre, grida, piange ma non si ferma.
I libri autografati dai miei scrittori preferiti. Quella volta che ho fatto due ore di coda per ricevere un “con simpatia” seguito dalla firma.
I muri iniziano a sgretolarsi.
I quaderni di scuola di quando i ragazzi erano piccoli, le serate passate con loro a fare le moltiplicazioni. I primi disegni con tutta la famiglia in fila, i capelli ritti sulla testa, le bocche grandi da un orecchio all’altro e sorridenti.
Sento il freddo del marmo sotto i piedi scalzi, corro sui calcinacci.
I dischi in vinile che ascoltavamo tanto tempo fa e la collezione di opere liriche in CD che mio marito ha comprato in edicola ogni settimana. I pomeriggi che passa ad ascoltarli in poltrona con gli occhi chiusi e l’aria serena.
Varco il portone.
Tutte le lettere, il nostro letto, il ritratto fatto a Parigi in viaggio di nozze. Le battute eterne sul fatto che non mi somiglia.
Finalmente siamo in strada.
La collana d’oro di mia madre, l’anello del mio fidanzamento, l’orologino di Lucia.
Da lontano vediamo cadere il condominio come un castello di sabbia si scioglie alla potenza del mare.
Il romanzo che stavo scrivendo.
È tutto dentro quelle mura, anni di vita che non puoi ricordare perché qui fa freddo e sei in camicia da notte, e senti l’asfalto sotto i piedi e la vita che ancora ti rimane scorre nelle vene.
Non si può piangere per un cappello buffo che non indosserai più quando il mondo crolla davanti a te.
Non puoi pensare allo scialle di tua nonna quando sei stato miracolato. ☺
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