La libertà dello spirito
12 Marzo 2020
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La libertà dello spirito

“Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (At 10,34-35).

Gli Atti degli Apostoli, scritti intorno all’80 d.C., sono attribuiti all’evangelista Luca, amico dell’apostolo Paolo e suo compagno di viaggio. Gli Atti, secondo volume dell’opera lucana, testimoniano il nuovo modo di presenza del Risorto nella storia e il prolungamento della sua missione attraverso l’opera di evangelizzazione della comunità ecclesiale. Il Messia annunciato dai profeti è quel Gesù crocifisso che, risuscitato dal Padre, vive ed effonde lo Spirito Santo nel cuore dei discepoli. Egli spinge i suoi alla predicazione di un Vangelo destinato a travalicare i confini di Israele e che muove chiunque ascolti il suo messaggio di salvezza alla fede in Cristo, alla conversione, all’esperienza della vita nuova mediante il battesimo.

Il Libro racconta la crescita della comunità ecclesiale che avviene malgrado la minaccia costante delle persecuzioni. La Parola del Vangelo, che inizia il suo viaggio nel mondo partendo da Gerusalemme e prefiggendosi come meta Roma, la capitale dell’Impero, sprigiona una forza che non teme nessuna forza avversa e nessun impedimento. La prima parte degli Atti si concentra su diverse figure di evangelizzatori (Pietro, Stefano, Filippo, Saulo), la seconda invece è tutta incentrata sulla figura di Paolo che è descritto come l’evangelizzatore intrepido, il servitore appassionato della Parola, l’uomo della prossimità con i pagani, il perseguitato per amore di Cristo e del vangelo che nemmeno l’odio dei suoi detrattori e le catene potranno fermare.

Gli Atti parlano soprattutto di annuncio, ma registrano anche azioni, attenzioni, operazioni di discernimento, fatiche e tensioni nelle relazioni. Tra i gesti concreti un posto speciale è dato alla condivisione. La comunità cristiana si sente chiamata a condividere con gli altri, specie i più bisognosi, non solo la Parola del Vangelo, ma anche il pane per essere matrice di un’umanità nuova capace di trasfigurare il mondo, immettendo in una società basata sul governo dei potenti e dei pre-potenti, il fermento della giustizia, della solidarietà e della compassione, testimoniando il superamento dell’homo oeconomicus e l’avvento del dono di sé.

La fede in Cristo si presenta come un’esperienza che rimuove barriere di ogni tipo ed è fortemente liberante. Per questo infastidisce e provoca opposizione, resistenze e minacce di morte tra i capi del popolo ebraico. Ma in At 5,34-39 appare un fariseo, Gamaliele, dottore della legge, membro del sinedrio, ai cui piedi si forma addirittura il grande Saulo, che prendendo le distanze dai suoi realizza un’ermeneutica del “fenomeno” cristiano che non risente di chiusure, rigidità, precomprensioni e paure, ma si fonda sulla pazienza del discernimento, sull’alleanza con il tempo, sulla rinuncia a difendere la propria identità demolendo quella dell’altro. Gamaliele è figura luminosa, capace di far dialogare il giudaismo più radicale con la fede in Cristo, che insegna a rinunciare agli estremismi e ai radicalismi, a non impugnare le armi contro chi la pensa diversamente, a trattenersi dal denigrare, a vivere l’attesa dei frutti di una realtà o di un insegnamento, a vedere le ripercussioni di un evento non nell’immediato ma nel tempo.

Così anche Pietro in At 10 riceve da Dio la chiave per discernere l’anelito dei pagani al Vangelo: lo Spirito è sommamente sovrano e colma la vita di chi vuole, battendo sul tempo anche l’azione sacramentale. Mentre Pietro annuncia ai pagani la buona notizia di Cristo, lo Spirito Santo si effonde su di loro, prima ancora che essi ricevano il battesimo. Gli Atti insegnano così che gli esseri umani non sono i proprietari di Dio e della sua grazia, ma suoi beneficiari e suoi umili amministratori.

Attenzione a come giudichi eventi e persone! Quando sei tentato/a di escludere o denigrare gli altri, ricorda il monito di un uomo saggio: “non ti accada di trovarti addirittura a combattere contro Dio!”. Aggredire un essere umano infatti è come attaccare Dio, di cui egli è stato reso immagine, qualsiasi sia la sua origine e il colore della sua pelle.☺ 

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