La misura della vita
13 Maggio 2024
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La misura della vita

Dopo le due raccolte di poesia Latitudini (2008) e Il tempo che trova (2021), Pierluigi Lanfranchi giunge alla sua terza silloge Controfigure, Vecchiano (Pi), Valigie rosse, 2023, pubblicata in quanto vincitrice del Premio Ciampi 2023 (https://www.valigierosse.it/prodotto/controfigure/). Nato a Bergamo nel 1973, ma residente all’estero (insegna Letteratura Greca all’ università di Aix-Marseille e vive ad Amsterdam), è, secondo il mio modesto parere, una delle voci più compiute, alte e convincenti della nostra poesia attuale. E se i nostri contemporaneisti, anziché continuare a correre a saltare sui carri dei soliti vincitori, si dedicassero a una più attenta attività di esplorazione, dovrebbero essersene accorti già da gran tempo. Lo sottolinea implicitamente anche il poeta e saggista Paolo Maccari, che in postfazione scrive (p. 51): «la sproporzione tra la qualità di questa scrittura e la sua notorietà è impressionante». Poche altre voci presentano oggi in Italia una simile acutezza di sensibilità, una tale sicurezza nel manovrare i congegni tecnici, un tale nitore. Qui, purtroppo, ragioni di spazio costringono a una campionatura ristretta. Segnalo almeno, in questa nuova opera, la clamorosa riscrittura dell’episodio evangelico della Natività; il dolente rimpianto per la fine di un amore che attraversa tutto il volumetto, dal vano inseguimento ciclistico di un fantasma dell’amata sotto la pioggia (Piove) alla Confessione finale; l’aspra consapevolezza del casuale gioco del Tempo che accosta e separa le persone, secondo Maccari – giustamente -, il tema forse più in evidenza in questa sua poesia, per come lo troviamo in alcune prose liriche (Ritratti o Stazioni) o nella struggente Cicogne. E ancora il rifugiarsi del poeta In soffitta come in una navicella spaziale che nel suo viaggio extraterrestre bucherà l’atmosfera con una penna bic. Ecco uno dei Tre sonetti urbani:

La pioggia strazia un vecchio materasso
per strada. Nella gommapiuma i topi
fanno la tana. L’acqua lo tartassa,
lo gonfia come il ventre di un idropico.

Tutti i passanti accelerano il passo
diretti ai loro misteriosi scopi.
Uno solo si ferma nel compasso
di luce di una lampada ciclopica.

Si aggrappano le gocciole alla tesa
del cappello da pescatore zuppo,
poi, troppo grevi, mollano la presa

e cadono. La sciarpa si avviluppa
attorno al collo per il forte vento.
L’uomo si guarda attorno con sgomento.

Chiudo con un distico che, mentre enuncia una verità di profonda sapienza, offre al contempo un’involontaria descrizione del valore di questi versi (p. 30): «[…] ma la giusta misura della vita/ non è di certo il tempo, è lo stupore».

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