La scuola dell’inclusione
10 Febbraio 2024
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La scuola dell’inclusione

A 76 anni dall’entrata in vigore della Costituzione Italiana, a oltre 50 anni dall’abolizione delle classi speciali e a 15 anni dall’entrata in vigore della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, un trafiletto pubblicato dall’editorialista del Corriere della sera Ernesto Galli Della Loggia mette in discussione uno dei pilastri della scuola italiana, ossia l’inclusione degli alunni con disabilità.
Lo fa entrando a gamba tesa, ponendo una serie di domande scomode, ossia: nella scuola italiana l’inclusione esiste o è più un mito sbandierato? Ha senso tenere nella stessa classe alunni con gravi disabilità, stranieri che non parlano l’italiano e alunni con esigenze speciali?
Le due questioni a mio avviso vanno tenute separate, perché evocano diverse riflessioni. Quanto alla prima domanda, mi sento onestamente di dover rispondere che a volte l’inclusione scolastica è più un mito sbandierato che una solida realtà, e questo non certo per mancanza di buona volontà degli operatori e del personale docente, ma piuttosto per mancanza di risorse, che testimoniano – in questo come in altri ambiti – come gli investimenti sull’ istruzione siano scarsi ed insufficienti nel nostro Paese. I genitori dei bambini con disabilità sanno bene che ogni anno scolastico sarà una battaglia per la continuità dell’ insegnante di sostegno, per l’assistenza igienico-sanitaria, per il sostegno educativo scolastico. Quanto all’inclusione quotidiana nelle aule, la storia di ogni alunno è segnata da episodi di piccola/grande discriminazione. Per citare qualche esempio tratto dal confronto con altri genitori: orari di frequenza ridotti senza apparenti motivi, impossibilità di partecipare ai PON e/o ad altre attività extracurricolari, organizzazione di uscite didattiche che non tengono conto delle specifiche esigenze degli alunni con disabilità, episodi di bullismo. Senza contare il fatto che l’insegnante-capra, prima o poi, capita a tutti gli alunni, persino ai cd. normodotati, ma questo è del tutto indipendente dalla questione, posto che in ogni mestiere si può essere geni o imbecilli. Per sfatare l’assioma di GDL, devo dire che la differenza tra un bravo insegnante e l’altro dipende sì dalla preparazione, ma anche e soprattutto dal carico di umanità che la persona si porta dentro. Esistono infatti ottime pratiche di inclusione scolastica, esperienze la cui diffusione non viaggia veloce quanto la polemica.
Quindi ci dirigiamo diritti alla seconda domanda: ha senso tenere nello stesso ambiente persone cd “normali” con persone con disabilità, con bisogni educativi speciali o stranieri? Tanto più che sul punto il GDL ha ulteriormente chiarito il suo pensiero, specificando che “è proprio sicuro che ad esempio, perlomeno nei casi gravi di disabilità intellettiva, di disabilità motoria, piuttosto che essere immersi in un ambiente totalmente altro assistiti da un incompetente, non gioverebbe di più l’inserimento in un’istituzione capace di prendersi cura di simili casi in modo più appropriato e scientificamente orientato?”. Qui mi so- no proprio sentita chiamata in causa, perché è un dibattito che quotidianamente mi perseguita.
Non posso che concludere da genitore, da cittadina e da giurista che la condizione di disabilità non può in nessun caso giustificare alcuna forma di discriminazione. Tutto nell’affermazione di GDL infatti trasuda abilismo. Perché la scuola deve essere per un alunno con disabilità qualcosa di “totalmente altro”, perché la scuola non può diventare il luogo in cui la didattica viene tarata in modo scientificamente orientato su ogni bambino, magari con il supporto di personale specializzato che indirizza la programmazione?
Nel 2024 parlare di istituzionalizzazione è come tornare culturalmente all’età della pietra. E soprattutto non possiamo dimenticare che la scuola non sforna solo contenitori di sapere, ma soprattutto cittadini che si affacciano al mondo e con il resto della società interagiscono; questa società altro non è che una variegata assemblea di persone diverse, provenienti da posti differenti, ognuno con condizioni fisiche e sociali ed esperienze di vita diverse. La scuola non può che esserne lo specchio. Del resto, l’uguaglianza sostanziale è uno dei pilastri su cui si fonda la nostra Repubblica: questa è una delle lezioni più belle che la scuola insegna. Forse quel giorno GDL era assente.☺

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