La sinistra e il capitale
2 Ottobre 2014 Share

La sinistra e il capitale

Leggere salva la vita, non solo perché amplia il nostro orizzonte intellettivo, la nostra conoscenza delle cose ma anche perché ci offre l’opportunità di riconoscerci in un modo di vedere, di pensare il mondo. Leggere salva la vita perché ci permette di configurarci non solo come entità singole, individuali, ma come gruppo, come insieme, come sodali.  Per mia fortuna negli ultimi tempi mi accade di frequente: in molti mi stanno salvando la vita. E in tante letture sto riconoscendo i miei sodali.

Ultimo, in senso cronologico, è stato l’articolo di F. Lordon, in Le Monde diplomatique di settembre, dal titolo La sinistra non può morire. Due sono i concetti alla base del ragionamento dell’ economista francese, il primo: la sinistra intesa come ideologia, tensione di gruppi sociali non è morta, a dispetto dei nefandi rappresentanti istituzionali; il secondo: il capitale mira al controllo totale.

Una ridefinizione dell’idea di sinistra quindi, è assolutamente prioritaria dopo lo scempio che ne è stato fatto negli ultimi vent’anni, dopo il forzoso oblio in cui è stata lasciata dalla caduta del muro di Berlino, dopo che il neoliberismo ha seminato la propria desertificante gramigna in tutto il mondo.

Ebbene come identificare un pensiero di sinistra se non così “La sinistra è una posizione rispetto al capitale … E più esattamente in un modo che rifiuti la sovranità del capitale, a partire dall’idea dell’uguaglianza e della vera democrazia, e con la consapevolezza che il capitale è una tirannia potenziale che impedisce a quell’idea di farsi realtà. Ecco: essere di sinistra vuol dire non lasciar regnare il capitale”. Le politiche neoliberiste sono la prova provata che il capitale non ama i limiti, non ammette veti e dinieghi – l’autore afferma che intrinsecamente il capitalismo, come processo di accumulazione infinita, è votato al controllo -, gli unici argini a tanta ingorda protervia vengono dall’esterno e sono la finitezza delle risorse naturali e il freno politico. A questo proposito ricordo le lunghe discussioni fatte durante gli innumerevoli viaggi per Libera, “il capitalismo è votato all’autodistruzione, se continua così si azzera il consumo … ma no, il capitale troverà altri mercati là dove ora non esistono e si nutrirà di nuove merci, pensate alla privatizzazione dell’acqua e a tutti i beni comuni a cui potrà accedere…”, una decina di mesi più tardi stiamo assistendo, per esempio, all’inizio della grande depredazione della scuola pubblica in Italia. Il freno politico dunque, in fin dei conti è semplice, ad una potenza si deve contrapporre un’altra grande potenza; in fin dei conti è semplice: le risorse economiche e produttive del mondo sono in mano ad una ristrettissima cerchia, il resto dell’umanità avendo ben poco si potrebbe organizzare; in fin dei conti è semplice se la finanziarizzazione dell’ economia ha portato a questa crisi epocale vuol dire che devono essere cambiate regole e strutture che presiedono questo sistema; in fin dei conti è semplice se il capitale crea catastrofi sociali con le delocalizzazioni delle imprese, con i licenziamenti funzionali ad un aumento dei profitti, con la assoluta libertà di movimento del denaro, con l’evasione fiscale, con la corruzione elevata a metodologia operativa, sarà il capitale stesso a risarcirne i danni. Insomma un pensiero di sinistra deve mirare al cambiamento delle regole che permettono al capitale di essere l’onnipotenza  distruttiva e onnivora quale è.

Lordon, citando Marx ed Engels definisce il capitale come “una specie di processo di transizione permanente”, processo che per sua natura distrugge e crea dalle sue stesse macerie, soppiantando, ormai con estrema velocità, merci, strutture produttive e mercati resi inutili dalla saturazione di prodotti, con nuove merci, nuove strutture produttive e nuovi mercati, con le conseguenze che noi tutti sperimentiamo ormai da tempo. E aggiunge, se il capitale si alimenta con il  continuo sconvolgimento della produzione, sarà esso stesso che ne pagherà le conseguenze.

Qui mi permetto una osservazione, se è vero come è vero che il capitale dovrebbe pagare i danni sociali derivanti dalle sue manovre di “approvvigionamento” è vero altresì che altri danni sarebbero e sono già irreversibili e riguardano tutta l’umanità. Parlo dei danni all’ambiente, alla salute, danni letali, che minano il nostro diritto fondamentale, quello della tutela della vita. Quindi un pensiero di sinistra non deve mirare solo al cambiamento dei rapporti di forza con il capitale ma deve prevedere spazi più ampi di controllo democratico; la piega che ha preso la governance politica negli ultimi decenni dovrà servirci come grave monito contro l’autoritarismo funzionale al capitale.

Trascrivo la conclusione dell’ articolo lasciando a voi l’aggettivo adatto a descriverla. “Quest’idea non può morire … malgrado la cecità di governanti che, credendo di andare “oltre la destra e la sinistra”, non fanno che riprodurre la destra, malgrado la confusione mediatica fra la sinistra e i suoi partiti, malgrado l’azione nefasta di alcuni “assassini politici” che, fingendo preoccupazione, in realtà hanno come obiettivo principale quello di uccidere la sinistra. Lei ha solo due secoli, è giovanissima, il corso degli eventi continua a darle ragione, lo scandalo del tempo presente la chiama imperiosamente. Il futuro le appartiene”.  ☺

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