la zona grigia a cura della Segreteria di Libera Molise | La Fonte TV
La zona grigia viene spesso indicata sia nel dibattito politico sia quando si parla di cultura mafiosa. Ma cosa è la zona grigia e perché si fa riferimento così spesso a questo sintagma?
La zona grigia richiama alla mente un altro famoso sintagma ossia la massa grigia; quindi, sia la massa che la zona grigia indicano complessivamente la stessa cosa. La prima suggerisce convenzionalmente un corpo o un oggetto difficilmente catalogabile, in quanto indistinto nella forma e pertanto anche nel suo valore significante, La seconda, invece, può mostrare una parte di noi, l’angolo più nascosto di noi che ha paura a farsi vedere, perché o si ritiene incapace di realizzare compiutamente se stesso o ha timore di prendere posizione, con la prospettiva di lasciarsi trascinare dalle circostanze.
Pertanto, la zona grigia è come un fantasma che si sposta, nascondendosi senza lasciarsi vedere o farsi eventualmente catturare. Dietro la figura del fantasma o della maschera si nasconde quasi certamente una condizione d’animo complessa e contraddittoria, che può provocare lacerazioni quando si è in sostanza come tra il dire e il fare, tra la parola e il silenzio, tra l’azione e il suo netto rifiuto, sempre autogiustificandosi. Dunque, la zona grigia indica anche una personalità complessa, difficilmente inquadrabile.
In questi ultimi anni si parla di zona grigia, quando si introduce il discorso della lotta alla cultura mafiosa. In questo caso la zona grigia è quell’atteggiamento mentale o culturale alieno da una capacità analitica o critica; è anche quella forma di comportamento a metà tra il clientelismo politico e l’atteggiamento dimesso e ossequioso che si riscontra nell’atto di riconoscenza per un favore ottenuto. La zona grigia è anche il rifugiarsi in un angolo dove si osserva tutto quanto non si ha il coraggio di contrastare o di contestare, accettandolo supinamente e tacitando immediatamente le voci interne alla propria coscienza che tendono naturalmente a ribellarsi.
È rivelazione chiara di condotta da zona grigia quella di non prendere mai posizione, cioè di lavarsi pilatescamente le mani, pur sapendo della gravità del fatto capitato sotto gli occhi senza peraltro denunciarlo a chicchessia.
Certamente si può dire che esistano delle condizioni storico-sociali che determinano tale situazione, come, per esempio, un contesto congiunturale di crisi economica o di smarrimento anche momentaneo della propria identità culturale e civile, per cui un atteggiamento di neutralità complice potrebbe, sì, provocare reazioni emotive momentanee ma alla lunga portare ad ignorare tutte le pene e i patimenti che si abbattono sulla società civile.
È, per esempio, sulla questione della legalità o della lotta alle mafie che si innesta tale ragionamento sulla zona grigia; di qui, il senso di sconcertante confusione di quanti, pur consapevoli della deriva democratica e civile del nostro tempo, contrassegnato dal berlusconismo, assistono complici a quei comportamenti che hanno il solo risultato di svuotare di energie positive la società.
Non può a questo punto mancare un sia pur minimo accenno ad un autore che ha fatto dell’impegno civile la sua bandiera e che ha descritto in modo esemplarmente chiaro la condizione della cosiddetta zona grigia. Questo scrittore è il piemontese Primo Levi, autore di romanzi quali Se questo è un uomo (1947), La tregua (1963), Se non ora, quando? (1982). Ma è nel libretto I sommersi e i salvati (1986) che Primo Levi, ritornando sulla tragedia di Auschwitz e sulla dolorosa esperienza della deportazione, si sofferma nella descrizione della zona grigia. Una ragazza sopravvive al gas degli impianti nazisti della morte; viene rianimata da un medico: quindi, la ragazza potrebbe sopravvivere, in quanto ha resistito eccezionalmente al gas mortale. Ma sopraggiunge un soldato delle SS, addetto agli impianti, Muhsfeld, che decide che la ragazza deve morire; però, non vuole sopprimerla lui e lo fa fare ad un suo commilitone al quale intima di sparare alla nuca con una pistola.
“Quel singolo attimo di pietà subito cancellata non basta certo ad assolvere Muhsfeld, basta però a collocare anche lui, seppure al margine estremo, nella fascia grigia, in quella zona di ambiguità che irradia dai regimi fondati sul terrore e sull’ossequio” (Primo Levi, I sommersi e i salvati, Edizioni Einaudi, To).☺
A cura della segreteria
di Libera Molise
La zona grigia viene spesso indicata sia nel dibattito politico sia quando si parla di cultura mafiosa. Ma cosa è la zona grigia e perché si fa riferimento così spesso a questo sintagma?
La zona grigia richiama alla mente un altro famoso sintagma ossia la massa grigia; quindi, sia la massa che la zona grigia indicano complessivamente la stessa cosa. La prima suggerisce convenzionalmente un corpo o un oggetto difficilmente catalogabile, in quanto indistinto nella forma e pertanto anche nel suo valore significante, La seconda, invece, può mostrare una parte di noi, l’angolo più nascosto di noi che ha paura a farsi vedere, perché o si ritiene incapace di realizzare compiutamente se stesso o ha timore di prendere posizione, con la prospettiva di lasciarsi trascinare dalle circostanze.
Pertanto, la zona grigia è come un fantasma che si sposta, nascondendosi senza lasciarsi vedere o farsi eventualmente catturare. Dietro la figura del fantasma o della maschera si nasconde quasi certamente una condizione d’animo complessa e contraddittoria, che può provocare lacerazioni quando si è in sostanza come tra il dire e il fare, tra la parola e il silenzio, tra l’azione e il suo netto rifiuto, sempre autogiustificandosi. Dunque, la zona grigia indica anche una personalità complessa, difficilmente inquadrabile.
In questi ultimi anni si parla di zona grigia, quando si introduce il discorso della lotta alla cultura mafiosa. In questo caso la zona grigia è quell’atteggiamento mentale o culturale alieno da una capacità analitica o critica; è anche quella forma di comportamento a metà tra il clientelismo politico e l’atteggiamento dimesso e ossequioso che si riscontra nell’atto di riconoscenza per un favore ottenuto. La zona grigia è anche il rifugiarsi in un angolo dove si osserva tutto quanto non si ha il coraggio di contrastare o di contestare, accettandolo supinamente e tacitando immediatamente le voci interne alla propria coscienza che tendono naturalmente a ribellarsi.
È rivelazione chiara di condotta da zona grigia quella di non prendere mai posizione, cioè di lavarsi pilatescamente le mani, pur sapendo della gravità del fatto capitato sotto gli occhi senza peraltro denunciarlo a chicchessia.
Certamente si può dire che esistano delle condizioni storico-sociali che determinano tale situazione, come, per esempio, un contesto congiunturale di crisi economica o di smarrimento anche momentaneo della propria identità culturale e civile, per cui un atteggiamento di neutralità complice potrebbe, sì, provocare reazioni emotive momentanee ma alla lunga portare ad ignorare tutte le pene e i patimenti che si abbattono sulla società civile.
È, per esempio, sulla questione della legalità o della lotta alle mafie che si innesta tale ragionamento sulla zona grigia; di qui, il senso di sconcertante confusione di quanti, pur consapevoli della deriva democratica e civile del nostro tempo, contrassegnato dal berlusconismo, assistono complici a quei comportamenti che hanno il solo risultato di svuotare di energie positive la società.
Non può a questo punto mancare un sia pur minimo accenno ad un autore che ha fatto dell’impegno civile la sua bandiera e che ha descritto in modo esemplarmente chiaro la condizione della cosiddetta zona grigia. Questo scrittore è il piemontese Primo Levi, autore di romanzi quali Se questo è un uomo (1947), La tregua (1963), Se non ora, quando? (1982). Ma è nel libretto I sommersi e i salvati (1986) che Primo Levi, ritornando sulla tragedia di Auschwitz e sulla dolorosa esperienza della deportazione, si sofferma nella descrizione della zona grigia. Una ragazza sopravvive al gas degli impianti nazisti della morte; viene rianimata da un medico: quindi, la ragazza potrebbe sopravvivere, in quanto ha resistito eccezionalmente al gas mortale. Ma sopraggiunge un soldato delle SS, addetto agli impianti, Muhsfeld, che decide che la ragazza deve morire; però, non vuole sopprimerla lui e lo fa fare ad un suo commilitone al quale intima di sparare alla nuca con una pistola.
“Quel singolo attimo di pietà subito cancellata non basta certo ad assolvere Muhsfeld, basta però a collocare anche lui, seppure al margine estremo, nella fascia grigia, in quella zona di ambiguità che irradia dai regimi fondati sul terrore e sull’ossequio” (Primo Levi, I sommersi e i salvati, Edizioni Einaudi, To).☺
la zona grigia a cura della Segreteria di Libera Molise
di
La zona grigia viene spesso indicata sia nel dibattito politico sia quando si parla di cultura mafiosa. Ma cosa è la zona grigia e perché si fa riferimento così spesso a questo sintagma?
La zona grigia richiama alla mente un altro famoso sintagma ossia la massa grigia; quindi, sia la massa che la zona grigia indicano complessivamente la stessa cosa. La prima suggerisce convenzionalmente un corpo o un oggetto difficilmente catalogabile, in quanto indistinto nella forma e pertanto anche nel suo valore significante, La seconda, invece, può mostrare una parte di noi, l’angolo più nascosto di noi che ha paura a farsi vedere, perché o si ritiene incapace di realizzare compiutamente se stesso o ha timore di prendere posizione, con la prospettiva di lasciarsi trascinare dalle circostanze.
Pertanto, la zona grigia è come un fantasma che si sposta, nascondendosi senza lasciarsi vedere o farsi eventualmente catturare. Dietro la figura del fantasma o della maschera si nasconde quasi certamente una condizione d’animo complessa e contraddittoria, che può provocare lacerazioni quando si è in sostanza come tra il dire e il fare, tra la parola e il silenzio, tra l’azione e il suo netto rifiuto, sempre autogiustificandosi. Dunque, la zona grigia indica anche una personalità complessa, difficilmente inquadrabile.
In questi ultimi anni si parla di zona grigia, quando si introduce il discorso della lotta alla cultura mafiosa. In questo caso la zona grigia è quell’atteggiamento mentale o culturale alieno da una capacità analitica o critica; è anche quella forma di comportamento a metà tra il clientelismo politico e l’atteggiamento dimesso e ossequioso che si riscontra nell’atto di riconoscenza per un favore ottenuto. La zona grigia è anche il rifugiarsi in un angolo dove si osserva tutto quanto non si ha il coraggio di contrastare o di contestare, accettandolo supinamente e tacitando immediatamente le voci interne alla propria coscienza che tendono naturalmente a ribellarsi.
È rivelazione chiara di condotta da zona grigia quella di non prendere mai posizione, cioè di lavarsi pilatescamente le mani, pur sapendo della gravità del fatto capitato sotto gli occhi senza peraltro denunciarlo a chicchessia.
Certamente si può dire che esistano delle condizioni storico-sociali che determinano tale situazione, come, per esempio, un contesto congiunturale di crisi economica o di smarrimento anche momentaneo della propria identità culturale e civile, per cui un atteggiamento di neutralità complice potrebbe, sì, provocare reazioni emotive momentanee ma alla lunga portare ad ignorare tutte le pene e i patimenti che si abbattono sulla società civile.
È, per esempio, sulla questione della legalità o della lotta alle mafie che si innesta tale ragionamento sulla zona grigia; di qui, il senso di sconcertante confusione di quanti, pur consapevoli della deriva democratica e civile del nostro tempo, contrassegnato dal berlusconismo, assistono complici a quei comportamenti che hanno il solo risultato di svuotare di energie positive la società.
Non può a questo punto mancare un sia pur minimo accenno ad un autore che ha fatto dell’impegno civile la sua bandiera e che ha descritto in modo esemplarmente chiaro la condizione della cosiddetta zona grigia. Questo scrittore è il piemontese Primo Levi, autore di romanzi quali Se questo è un uomo (1947), La tregua (1963), Se non ora, quando? (1982). Ma è nel libretto I sommersi e i salvati (1986) che Primo Levi, ritornando sulla tragedia di Auschwitz e sulla dolorosa esperienza della deportazione, si sofferma nella descrizione della zona grigia. Una ragazza sopravvive al gas degli impianti nazisti della morte; viene rianimata da un medico: quindi, la ragazza potrebbe sopravvivere, in quanto ha resistito eccezionalmente al gas mortale. Ma sopraggiunge un soldato delle SS, addetto agli impianti, Muhsfeld, che decide che la ragazza deve morire; però, non vuole sopprimerla lui e lo fa fare ad un suo commilitone al quale intima di sparare alla nuca con una pistola.
“Quel singolo attimo di pietà subito cancellata non basta certo ad assolvere Muhsfeld, basta però a collocare anche lui, seppure al margine estremo, nella fascia grigia, in quella zona di ambiguità che irradia dai regimi fondati sul terrore e sull’ossequio” (Primo Levi, I sommersi e i salvati, Edizioni Einaudi, To).☺
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