l’acqua non si vende
6 Maggio 2010 Share

l’acqua non si vende

 

i referendum

PRIMO QUESITO: fermare la privatizzazione dell’acqua

Si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008, relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.

È l’ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi. Stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.

Con questa norma, si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.

Abrogare questa norma significa contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici in questo Paese.

SECONDO QUESITO: aprire la strada della ripubblicizzazione

Si propone l’abrogazione dell’art. 150 (quattro commi) del D. Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo ala scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato.

L’articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico la gara o la gestione attraverso Società per Azioni a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico. L’abrogazione di questo articolo non consentirebbe più il ricorso né alla gara, né all’affidamento della gestione a società di capitali, favorendo il percorso verso l’obiettivo della ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. Darebbe inoltre ancor più forza a tutte le rivendicazioni per la ripubblicizzazione in corso in quei territori che già da tempo hanno visto il proprio servizio idrico affidato a privati o a società a capitale misto.

TERZO QUESITO : eliminare i profitti dal bene comune acqua

Si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

Poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza. Perché  la parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.

Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si eliminerebbe il “cavallo di Troia” che  ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici, avviando l’espropriazione alle popolazioni di un bene comune e di un diritto umano universale.

Il comitato acqua pubblica Molise è costituito dalla diocesi di Termoli-Larino, CGIL Molise, Anpi Molise, numerosissime associazioni e partiti.

Ha i seguenti referenti: Don Silvio Piccoli e Antonio De Lellis adelellis@clio.it tel. 3289853591; Marco Petti mpetti@katamail.it;

Celeste Di Pietro  arci.isernia@yahoo.it;

La segreteria è la sede regionale di Campobasso della CGIL in Via Tommaso Mosca.

Orario di apertura al pubblico dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 19,00.☺

 

Regione Molise:

è tempo di agire

Mentre partono i referendum abrogativi della legislazione nazionale che obbliga alla privatizzazione dell’acqua, la Regione Molise può rivelare e mettere a frutto le sue “reali” intenzioni.

Lo chiediamo in modo schematico:

– Introdurre nello Statuto della Regione Molise, in ambito appropriato, che i Servizi Idrici Integrati (SII) rientrano nei servizi di Interesse generale a non rilevanza economica, in quanto beni comuni non mercantili, ma diritti delle persone da tutelare garantire e gestire con equità, solidarietà e partecipazione democratica.

– L’azienda speciale Molise acque «l’Azienda é dotata di personalità giuridica e di autonomia imprenditoriale e statutaria, esercita attività di impresa secondo i principi di efficienza, di efficacia e di economicità ed è iscritta nel registro delle imprese»  (Art. 1, comma 2 dello Statuto) può essere l’azienda affidataria della gestione dei servizi idrici perché ha caratteristiche di impresa ed è pubblica.

– Abolita l’ATO, nulla toglie – perché la legge non lo proibisce – che i comuni si costituiscano in consorzio o associazione di comuni che “affidano” alla Molise acque la gestione degli acquedotti cittadini, (custodendone la proprietà) e della depurazione perché servizi a non rilevanza economica, come risulterà dalle delibere comunali e dai relativi Statuti. Vorrà dire che l’Azienda segmenterà le proprie attività d’impresa e amplierà le proprie competenze, come risulta possibile per una qualsiasi impresa privata che dovesse assumere l’incarico di gestione.

– Ciò richiederebbe variazioni dello Statuto della Molise Acque, in particolare negli art.2 (Finalità e compiti), art.3 (Rapporti con la Regione), art.4 (Rapporti con gli altri enti), art.5 (contratto di servizio) e quanto altro necessario. In modo che  i progetti industriali della Molise acque siano approvati dai sindaci (previsione e consultivo), e demandati all’azienda in modo da esercitare il controllo che ora spetta solo alla Regione Molise (art. 3 dello Statuto) mentre la Regione rimane solo l’ente legislativo di indirizzo e non l’ente soverchiante con il potere, oggi nelle sole mani dell’assessorato.

Chiaramente i passaggi sono più articolati nel contenuto e nella formulazione: qui ci interessa formularne il percorso, il senso di esso e gli obiettivi. Ai tecnici lo sviluppo: sono stati capaci di anticipare in una legge regionale le volontà nazionali codificate due anni dopo e volete che non abbiano la capacità di realizzare quanto la legge oggi consente?

Silvio Malic

 

 

 

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