l’acqua un bene pubblico di tutti
27 Aprile 2010 Share

l’acqua un bene pubblico di tutti

 

una narrazione

storico-culturale

Non possiamo ripercorrere tutto il cammino della narrazione del rapporto dell’uomo con l’acqua. Certo è che mai vita sulla terra è stata possibile, né sarà possibile senz’acqua perché i viventi e specialmente gli animali sono essenzialmente per tre quarti composti di acqua. Non sorprende allora che la storia dell’umanità porta con sé una narrazione, una memoria, una cultura dell’acqua. Ricordiamo, ad esempio, i filosofi presocratici i quali ritenevano acqua, aria, terra e fuoco gli elementi costitutivi dell’universo intero.

Anche oggi esiste una narrazione che, se da un verso continua la tradizione plurimillenaria dell’acqua “sorgente della vita”, dall’altro lascia spazio all’emergere prepotente di un nuovo pensiero pragmatico, efficientista che non si interessa al valore dell’acqua se non in termini di strumento di profitto dentro un mercato sempre più selvaggio e vorace.

La cultura dell’acqua sale dai popoli, dalle religioni, dai territori del pianeta sia che abbondi o scarseggi. Ne porta con sé il valore, l’arte di trasportarla, utilizzarla e renderla fruibile.  Oggi è detta «oro blu»; oro perché senz’acqua mai l’umanità ha potuto vivere, né potremo vivere, mentre senza petrolio abbiamo vissuto per millenni fino a circa due secoli fa.

ONU ed Europa

Già nel lontano 1968 il Consiglio d’Europa a Strasburgo, elaborava una Carta dell’acqua, riconoscendo tre principi fondamentali: non c’è vita senz’acqua; essa è un patrimonio dell’umanità il cui valore deve essere riconosciuto da tutti perciò occorrerà imparare ad economizzarla e utilizzarla con cura ed infine l’acqua non ha frontiere: è un bene comune  dell’umanità che richiede cooperazione nella gestione. Nel 1977 si tiene a Mar del Plata la Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite allo scopo di offrire un quadro delle risorse idriche e della loro possibilità di utilizzazione. L’Assemblea Generale indìce per gli anni 1981 – 1990 il primo decennio internazionale dell’Acqua potabile e dei Servizi Igienici, con l’ambizione di raggiungere, a fine decennio, «l’accesso» (così viene definita la disponibilità di almeno 20 litri al giorno per persona) all’acqua pulita alla distanza massima di un miglio dalla propria casa. Nel «Summit della Terra» a Rio de Janeiro, 1992, viene adottato da 178 nazioni un piano di azione globale sullo sviluppo (Agenda 21) da intraprendere a livello globale, nazionale e locale; viene istituita, per il 22 marzo di ogni anno, la giornata mondiale dell’acqua; viene istituita la Commissione mondiale per lo Sviluppo sostenibile che sostenga il piano dell’Agenda 21. Nel 1997 nasce il primo Forum mondiale sull’Acqua (World Water Forum) tenutosi a Marakkesh, gestito dalle grandi imprese e dai rappresentanti dei governi.

In questo nuovo millennio, nel 2002 si tiene a Johannesburg il Summit Mondiale sullo Sviluppo sostenibile in cui si riafferma l’urgenza degli obiettivi dell’Agenda 21 e si adottano ulteriori obiettivi specifici: entro il 2015 dimezzare il numero delle persone senza accesso a strutture e servizi igienici, all’acqua pulita ed entro il 2025 fornire acqua, servizi igienici e sanitari a tutti (erano gli obiettivi già fissati per il 1990 al termine del primo decennio).

Il 2003 viene celebrato come «anno internazionale dell’acqua»; mentre a Kyoto in Giappone si raduna il terzo Forum mondiale sull’acqua, a Firenze, in Italia, nasce il Comitato internazionale per il Contratto Mondiale dell’acqua pubblica e bene comune. Nel 2004 l’ONU rilancia un secondo decennio (2005-2015) dell’ «Acqua fonte della vita»: essa é diritto umano da garantire in modo equo e solidale, patrimonio dell’umanità da condividere e custodire; nel 2006 l’ONU, pubblica il Rapporto mondiale sullo sviluppo avente per tema Acqua: al di là della scarsità: il potere, la povertà e la crisi idrica globale (simbolo è un lucchetto / rubinetto aperto ma che rischia di essere chiuso). La  chiesa Cattolica nel Compendio della Dottrina Sociale (2004) afferma che l’acqua è un diritto umano di tutti, deve essere trattata come bene comune e pubblico, non può essere un bene economico commerciale (cfr. 481-487).

Tornando all’Europa

A partire dagli anni Settanta, si è assistito ad una evoluzione della normativa europea in materia di protezione delle acque orientata ad uno sviluppo sostenibile e ad una gestione integrata delle risorse idriche. Con la Direttiva 60/2000/CE (o WFD – Water Framework Directive) si adotta un approccio ecologico che integra il monitoraggio chimico e il monitoraggio biologico. La direttiva non fissa di per sé valori limite per le emissioni, ma coordina quelli stabiliti da altre norme, in particolare la Direttiva 96/61/CEE (Direttiva Nitrati), facendo proprie anche le norme di qualità ambientale (obiettivi di qualità) fissate dalla Direttiva 76/464/CEE sulle sostanze pericolose.

Qualcuno sostiene (come l’attuale governo italiano) che l’Europa ci spinge a immettere i servizi idrici sul mercato. Invece la direttiva europea suddetta inizia con una affermazione precisa: «L'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale».

L’Italia

Un analogo processo di cambiamento è stato avviato in Italia a partire dalla prima legge sulla tutela delle acque, L. 319/76 (Legge Merli) e successive modifiche, proseguendo con la L.36/94 (Legge Galli) recante “Disposizioni in materia di risorse idriche”. Tale legge ha introdotto il principio di salvaguardia del bene acqua per le generazioni future, evidenziando i concetti di risparmio nell’uso e di rinnovo delle risorse a garanzia della tutela del patrimonio idrico. Il processo di riforma della legislazione italiana in materia di acque è proseguito con l’emanazione del D. Lgs. 152/99, recante disposizioni sulla tutela delle acque superficiali, sotterranee e marine dall’inquinamento, integrato e modificato dal D. Lgs. 258/2000. Il D. Lgs 152/99 ha definito la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali e sotterranee attraverso la riduzione dell’inquinamento e il perseguimento di usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche; tale decreto ha condiviso e in parte anticipato impostazioni ed obiettivi della Direttiva 60/2000/CE.

L’iter legislativo per il recepimento della Direttiva 60/2000/CE in Italia si concretizzerà con l’emanazione da parte del MATTM di specifici regolamenti a completamento del DL.3 aprile 2006 n.152, Norme in materie ambientali detto anche “Codice ambientale”.

La legge Galli, in particolare, istituiva i bacini idrografici ovvero i territori unitari di gestione (Ambiti Territoriali Ottimali e le relative Autorità gestori degli Ambiti, le famose ATO (Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale) formate da tutti i comuni (proprietari degli acquedotti cittadini) uniti in consorzio o associazione che costituiscono in convenzione l’autorità competente alla programmazione, gestione e controllo dei servizi idrici ovvero sorgenti, laghi, fiumi, acquedotti, acque di scarico e depurazione, avendo come obiettivo la tutela ambientale dei beni, il risparmio nel consumo e la economicità ed efficienza dei servizi. Le ATO quali amministratori del sistema dei servizi idrici devono “affidare” (prima scadenza 31 dicembre 2006) ad aziende la gestione economico industriale del processo secondo tre modalità: un soggetto pubblico costituito da tutti i comuni associati o costituiti in Spa con capitale interamente pubblico (in house = in casa o in proprio), oppure affidare, in asta pubblica a imprese private per un tempo minimo contrattuale dai vent’anni fino ai quaranta, o infine gestire insieme in società a capitale misto pubblico/privato (mutiutility). Delle novanta ATO in cui viene suddivise l’Italia, a tutt’oggi, ben 60 gestiscono in modo totalmente  pubblico, le altre trenta in forme privatistico o misto. In Molise tutti i 135 comuni costituiscono un unico Ambito.

La legislazione nazionale non ha mai definito lo statuto dell’acqua e dei relativi servizi idrici, secondo il linguaggio europeo se servizi a «prevalente rilevanza economica» (da privatizzare, immettendo sul mercato in asta pubblica di imprese), o a «non prevalente rilevanza economica» (perché bene comune e pubblico da non affidare al mercato). Attraverso continue e successive modifiche dell’art 112-113 del TUEL (Testo Unico degli Enti Locali) i servizi idrici integrati sono stati posti tra i beni a “rilevanza economica” rendendo prima eccezionale, per i comuni e loro ATO, la possibilità della gestione pubblica (in house) e infine con il decreto Ronchi del 2009, obbligando entro la fine del 2011 tutte le ATO, anche le 60 che sono pubbliche e ben governate, a scendere al di sotto del 30% di capitale nelle aziende di gestione. Si è costretti a trasformarsi in “multiutility”. Da servizio pubblico tenuto al pareggio di bilancio si entra per forza nel diritto commerciale che, oltre al pareggio di bilancio, deve ottenere il “profitto” per la «remunerazione del capitale» degli azionisti. Siamo nella piena privatizzazione.

Le sorprese, però, non finiscono mai: nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge collegato alla manovra finanziaria in materia di sviluppo economico, AC 1441bis-B (ora legge 69/2009), è stata introdotta una delega al governo in materia ambientale. Il DL2/2010 “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni”, accogliendo un emendamento proposto dalla Lega, decreta  la soppressione, entro un anno, delle Autorità d'ambito territoriale (ATO) in materia di acqua e rifiuti (artt. 148 e 201 d.lgs. 152/2006);. Si ritorna a prima  della legge Galli del 1994. I servizi idrici ritornano alle Regioni che con un solo “colpo” potranno “affidare” i servizi a qualche impresa multinazionale, senza più la “resistenza virtuosa” delle 60 su 90 ATO che gestivano già i Servizi Idrici Integrati. come bene pubblico, comune e solidale, senza  dar spazio a profitti privati.

La regione Molise,

Prima fra tutte, con legge regionale 3 marzo 2009, n. 8 Nuova disciplina in materia di organizzazione del servizio idrico integrato, aveva già soppresso l’ATO Molise riportando la gestione in mano all’assessorato regionale.

Una nuova narrazione del mondo e dell’acqua

Occorre riscrivere una storia civile dal basso, che recuperi la narrazione mondiale e popolare dell’acqua, per uscire dalle grinfie de «La narrazione della Teologia Universale Capitalista» come dice Riccardo Petrella nel libro Una nuova narrazione del mondo – Umanità, Beni comuni, Vivere insieme, EMI, 2007.

La narrazione dominante della teologia capitalistica si basa su tre principi: la fede nella tecnologia; la fiducia nel capitalismo; la convinzione dell’impossibilità di alternative al sistema attuale.

La nuova narrazione del mondo si fonda su sette principi diversi: il principio della vita; il principio dell’umanità; il principio del vivere insieme; il principio dei beni comuni; il principio della democrazia; il principio della responsabilità; il principio dell’utopia.

Cosa accadrà in regione? Staremo a vedere se la volontà dichiarata di mantenere l’acqua pubblica sarà tenuta ferma e anche il delicato compito di “affido” della gestione dell’acqua e dei servizi idrici integrati. Il 31 dicembre prossimo si avvicina: entro quella data bisogna aver “affidato” la gestione.

Vorremmo ribadire tre certezze prioritarie ed un metodo che dovrebbero orientare le decisioni:

– “Acqua per la vita” (slogan del decennio 2005-2015) per quanto riguarda le sue funzioni di base  di fornire sopravvivenza dignitosa sia agli esseri umani (individualmente e collettivamente) che a tutti gli esseri viventi in natura deve essere riconosciuta come priorità assoluta (diritto inalienabile) e garantita efficacemente dal punto di vista dei diritti umani.

– “Acqua per scopi di interesse generale”, per quanto riguarda gli scopi di salvaguardare la salute e la coesione sociale, deve essere collocata al secondo livello di priorità, sotto una gestione responsabile e socialmente efficiente, in relazione ai diritti sociali dei cittadini e all’interesse generale della società.

– “Acqua per la crescita economica”, per quanto riguarda le funzioni del legittimo sviluppo economico in relazione alla produzione e all’interesse privato, deve essere riconosciuta ad un terzo livello di priorità, in connessione con il diritto individuale di tutti a migliorare la propria qualità della vita e deve essere gestita efficacemente secondo principi di equità e di razionalità economica.

– Ogni gestione di queste molteplici e scalari priorità deve essere democratica, trasparente, partecipata e solidale all’interno delle diverse organizzazioni socio-politiche della famiglia 

umana. Non possono essere in pochi a decidere la sorte di tutti, né in una regione, né in uno Stato e tanto meno a livello mondiale: siamo veramente partecipi di un’unica sorte per ogni essere vivente e per lo stesso eco-sistema globale.   

 

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