Lasciare il segno
18 Aprile 2023
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Lasciare il segno

Nonostante siano ormai trascorse diverse settimane dal giorno in cui Erri De Luca ha calcato il palcoscenico del Teatro Savoia a Campobasso, le emozioni e la forza della sua parola restano ferme nella mente di chi era presente quella sera ad ascoltarlo.

Ragionamenti che hanno ‘lasciato il segno’, il tema scelto per la serata. Un evento che si inseriva nel contesto dell’XI Edizione della Biennale dell’Incisione Italiana Contemporanea, un percorso nel segno come traccia, reliquia, memoria, segno dell’uomo nel tempo.

Erri De Luca, nelle sue due ore di dialogo con il pubblico, ha realizzato una vera e propria discesa negli abissi del senso dell’essere umano, spaziando dalla politica, con i suoi trascorsi militanti, alla religione, ma anche all’ambiente, per arrivare a volo d’uccello alla società di oggi. Leggere una pagina incisa, diceva il Maestro Fratianni, significa “en- trare in profondità nel cuore dell’artista e quasi toccare il suo sangue e il suo fuoco interiore”.

Attraverso una carrellata di immagini proposte al pubblico, iniziando dall’attuale siccità del Po in Pianura Padana, a riprova di una carenza idrica che ormai attanaglia il Nord, ma a cascata tutto il paese in generale, De Luca, davanti alle sue responsabilità verso le future generazioni ed al mondo che a loro verrà consegnato, illustra chiaramente di non avere sentimento di responsabilità verso le generazioni future. “Se lo devono prendere loro quel sentimento di responsabilità. Io non sono preoccupato per loro, anzi sono abbastanza convinto che se la sapranno cavare, che sapranno inventare qualcosa. Provo ad immaginare che sia così”. E forse questo è il miglior auspicio ed il miglior viatico in termini di fiducia verso una generazione molto spesso sottovalutata.

Erri De Luca è anche un uomo con un trascorso politico importante, un trascorso fatto di militanza. Ed è proprio l’immagine di una manifestazione di Lotta Continua che crea il raccordo con la non militanza delle generazioni attuali. De Luca, seppur non gli sia stato richiesto, continua ad assumersi l’incombenza di una militanza a volte tragica, che gli ha lasciato un segno indelebile: “Lotta Continua era un movimento rivoluzionario pubblico, non privato. Avevamo sedi, giornali, siamo stati i più imprigionati nella storia d’Italia, subendo processi. Era un movimento rivoluzionario perché rivoluzionario era il millenovecento, un secolo che si è mosso con questo strumento politico, per ribaltare, rovesciare i beni coloniali, tirannie, monarchie, oppressioni. Con lo strumento della rivoluzione -aggiunge- sono nati nuovi stati, nuove indipendenze in giro per tutti i continenti. Quando ero adolescente io, c’era un’effervescenza di movimenti rivoluzionari, ci siamo conosciuti e ci siamo aiutati tutti. Rivoluzionari della Cina, dell’Angola, del Brasile. C’erano ancora la dittatura spagnola e franchista, quindi avevo rapporti anche con gli antifranchisti, come anche ho conosciuto i membri dell’IRA che si battevano in Irlanda del Nord. Siamo stati perciò contemporanei dell’ultima spinta rivoluzionaria del 1900”.

Questa forte cesura inter-generazionale come è vissuta da De Luca? “Ogni generazione prende da quella precedente quello che crede, quello che vuole, non quello che gli viene inculcato e indicato. Le generazioni sono come dei sassi che stanno in mezzo a un guado. Alcuni sassi sono vicini. Altri sono lontani e ti devi bagnare per raggiungere l’altro sasso. La mia generazione è stata molto vicina alla generazione precedente, era un sasso che si poteva passare dall’uno all’altro senza bagnarsi. Perché noi siamo cresciuti con i racconti della guerra civile spagnola, della guerra partigiana, con la storia della guerra e dei bombardamenti. Dunque sono cresciuto con questa vicinanza della storia, con questa infezione maggiore della storia. Nella metà precedente si era manifestata la più grande distruzione di vite umane: la distruzione sistematica degli ebrei d’Europa, che non era un capitolo di storia, era una faccenda che riguardava la mia costituzione. È stato un impatto così forte la prima parte di secolo, che così ha contagiato anche la nostra generazione. Noi abbiamo contagiato quelli che ci erano vicini. Lotta Continua era finanziata dai pittori, che ci regalavano quadri che noi svendevamo subito. Gli intellettuali si prestavano a fare i prestanome di Lotta Continua. Facevamo il giornale perché il direttore accettava di prendersi tutte le caterve di denunce. Quindi gli intellettuali si prendevano le loro scorte di denunce e poi passavano la mano”.

Capitolo religione ed in particolare storia ebraica: sul capolavoro di Filippo Lippi, Madonna col bambino. “Grazia, nella storia ebraica, nella storia dell’Antico testamento, è una forza, è una forza di combattimento, che sta dentro i profeti, che ricevono grazia dalla divinità. Ricevono questa forza di combattere contro tutto il resto del mondo, da soli. Myrhiàm, improvvisamente è investita di una profezia, attraverso quelle parole. Quella profezia si concretizza in lei nella presenza del seme nel grembo. Non è avvenuta nessuna fecondazione: quella parola si è fatta immediatamente grande dentro di sé. E questa storia, che noi oggi diamo come atto di fede, qualcosa che si ripete da duemila anni nella religione cristiana, era la prima volta che succedeva. Nessuna donna prima di Myrhiàm era stata fecondata dalla parola, dalla parola della Divinità. Tutti gli altri messaggeri avevano annunciato gravidanze la cui paternità spettava al legittimo sposo, invece qui no, c’è una cosa completamente sovvertita”.

In un passaggio di A grandezza naturale, Erri De Luca scrive: “Si crede di decidere delle proprie azioni. Poi vengono i momenti in cui si riconosce di essere stati condotti per mano come dei bambini da un marciapiede all’altro. Ci sono forze, attrazioni, che smentiscono la nostra pretesa di essere padroni di sé stessi”. De Luca nel suo caso lo percepisce così: “Io sono un uomo del 1900 e tutto ciò che mi è capitato non è stato un mio progetto. Tutta questa vita non è stata mai un mio progetto. È stato quello che mi ha messo davanti il mio tempo. Sono stato a 18 anni coetaneo di una generazione di rivoluzionari. Potevo disertarla, sì, ma non era il mio temperamento disertare. Poi mi sono trovato a fare il mestiere di operaio perché non avevo altri sistemi di sopravvivenza. L’ho fatto per un sacco di anni e non è stata certo una mia scelta. E poi mi sono impicciato nella guerra di Bosnia, perché era scoppiata quella guerra. Dunque noi siamo stati la prima generazione della storia d’Europa, la mia, che a vent’anni siamo stati presi e buttati contro un’altra generazione dichiarata nemica di qualche guerra. La prima generazione che ha saltato il turno. Sentivamo il privilegio e la responsabilità. E non ho bisogno del trascendente per giustificarmi, basta l’immanente, quello che mi ha presentato faccia a faccia il tempo e le mie capacità di risposta, perché non sono mobilitabile per qualunque cosa. Una grandissima parte di cose giuste non mi scuotono, non mi sollecitano ed io posso rispondere solamente quando mi sento trascinato a viva forza per motivi di sentimenti, di giustizia”.

Titoli di coda: De Luca ha salutato il pubblico sul testo di uno dei suoi capolavori sotto forma di poesia, ovvero “Valore”, che incanta ad ogni ascolto e lettura. Profonda ed incantevole.

Come incantevole è stato tutto il racconto di cui è stato protagonista al Teatro Savoia, un racconto che per la gran parte ha abbracciato un contesto di tessuto economico e sociale molto complicato, forse il più complicato in assoluto del Dopoguerra. E la fine tragica di tanti, più noti e meno noti, è anche un po’ la spiegazione dolorosa di quegli anni, in cui ti poteva capitare di morire senza una spiegazione, senza perché, solo perché ti trovavi per sbaglio al posto sbagliato nel momento sbagliato. De Luca è stato interprete gentile anche di questi aspetti e di questo gli siamo grati e ci auguriamo di rivederlo presto nella nostra regione.☺

 

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