Lavorare in gruppo
14 Febbraio 2018
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Lavorare in gruppo

L’ennesima indagine dell’OCSE rivela che i nostri studenti, al secondo anno delle superiori (ne sono stati coinvolti nell’indagine 3.500), sarebbero incapaci di lavorare in gruppo, cioè di fare gioco di squadra, e sarebbero al trentesimo posto su 51 paesi del mondo. Secondo l’inchiesta, i nostri quindicenni sarebbero ottimi nel risolvere i problemi da soli, tanto da risultare sopra la media, ma pessimi nel praticarli insieme. Ennesima indagine, ennesima conferma che la nostra scuola deve effettuare un bel cambio di passo se vuole allinearsi all’Europa e al mondo.

Diversamente da molte altre, infatti, trascura questo aspetto che domani, nella vita e nel mondo del lavoro, sarà indispensabile per relazionarsi correttamente con gli altri. Con l’altro. L’amaro più amaro, tuttavia, non sta nemmeno in questa magra considerazione, bensì nei commenti che circolano il giorno dopo. Come al solito, la caduta al trentesimo posto sarebbe colpa dei quindicenni.

E qui bisogna essere onesti e dirci le cose come stanno realmente, non come vogliamo raccontarcele. La nostra scuola va rivisitata da capo a fondo, cominciando dalla formazione e preparazione dei docenti. Lavorare in gruppo non è mai stata una priorità, anzitutto per loro (per noi, che continuiamo a segnare sulle agende ore di consigli di classe assolutamente inutili, perché non sono un momento di riflessione e progettazione di un autentico team, ma improbabili e annoiati incontri di tante monadi che si scambiano qualche opinione, spesso in cagnesco, e poi proseguono ciascuno per la propria strada), figuriamoci per i ragazzi.

I dirigenti scolastici, dal canto loro, anziché favorire i docenti (e non sono pochi) che già attuano alcune sperimentazioni per sviluppare le competenze trasversali, spesso e volentieri ritardano, impediscono o svalutano. Ci sarebbero sempre di mezzo il programma, le materie, le interrogazioni, le verifiche e altre cose. La serietà non prevede il disordine procurato in aule nelle quali i banchi devono essere ben allineati, in fila.

Insegnare ai nostri giovani a lavorare in gruppo significa insegnare loro a vivere, domani, in mezzo agli altri, collaborando e sforzandosi di entrare in sintonia anche con il più diverso o maldestro dei colleghi, dei vicini di casa, degli amici. Il gruppo è faticosa solidarietà, e in quanto tale è vita, relazione, ricerca condivisa di una soluzione.

Il gruppo è fatica, sì, anche per gli insegnanti, perché esige una preparazione attenta: abbinare i ragazzi in modo equilibrato, attuare strategie perché tutti collaborino alla pari, valutare in maniera credibile l’ operato distinguendo l’apporto del singolo dal valore globale, assegnare compiti precisi a ciascuno affinché il lavoro non sia dispersivo.

Il lavoro di gruppo è un metodo impegnativo, sì, ma i vantaggi dell’ apprendimento cooperativo sono noti e sono notevoli. Mi permetto di suggerirne alcuni che sono ben affrontati nel testo di David W. Johnson Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento (Erickson): l’interdipendenza positiva (che attenua il clima spesso competitivo presente nelle classi), la definizione preziosa di ruoli complementari, il senso della responsabilità individuale, l’interazione positiva, lo sviluppo della capacità di autovalutazione individuale e di gruppo, l’acquisizione di importanti abilità relazionali e il generale, comprovato miglioramento del livello delle competenze.

C’è di che rifletterci su. Una buona lettura per il nuovo anno? Un buon proposito per il nuovo quadrimestre? Speriamo di sì.☺

 

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