L’ecologia? è venuta meno
18 Aprile 2023
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L’ecologia? è venuta meno

A quattordici anni sono andato, in treno da Torino, in vacanza dagli zii che, emigrati da Larino, abitavano allora in un piccolo comune nelle colline marchigiane. Un giorno un vicino dice alla zia: “Manda i ragazzi, c’è la frutta che è tutta matura e cade a terra, è un peccato”. Decidiamo di andare a fare visita al frutteto per l’ora di merenda. Alle tre siamo già all’attacco dell’albicocco. Dopo averne ripuliti i rami bassi ci arrampichiamo su un grande ciliegio. Sembra che le ciliegie più buone e desiderabili siano proprio quelle poste sui rami più fragili e irraggiungibili, così organizziamo una catena. Io reggo Orfeo che a sua volta tiene il braccio di Ulrico, il più piccolo, che si spenzola rischiando ogni volta di precipitare. Tocca poi alle more del gelso, ad altre albicocche, alle visciole, alle pesche, alle prugne e ai primi fichi. È ora di cena quando la zia viene a recuperarci trascinandoci per le orecchie nella grande bacinella di zinco. I nostri abiti sino agli slip, e le nostre facce, sono un campionario alla Pollock di tutti i colori indelebili di ogni frutta estiva. Quella solenne abbuffata non ha avuto conseguenze, tranne una leggera inappetenza a cena.

Ho ricordato quell’esperienza magnifica rileggendo il libro dell’economista Mauro Bonaiuti, La Grande Transizione, edito da Bollati Boringhieri. Nel capitolo dedicato ai rendimenti decrescenti (DecliningMarginalReturns o DMR), nello spiegare questo meccanismo economico, Bonaiuti scrive: “Gli esseri umani tendono sempre a cogliere prima i frutti sui rami più bassi e solo quando questi sono esauriti a spingersi su quelli più alti”. E, ancora: “Se… le soluzioni che comportano costi minimi (in termini di materia/energia/informazione) vengono generalmente intraprese per prime, i costi tenderanno necessariamente ad aumentare … a mano a mano che vengono ad affermarsi forme organizzative più complesse”. Questa legge economica è alla base dell’ imperativo, per il sistema economico e finanziario globalizzato, della crescita continua e sempre più accelerata per poter far fronte alla diminuzione progressiva di redditività. Crescita continua e all’infinito in totale contraddizione con un sistema finito qual è il sottilissimo strato del nostro pianeta che costituisce l’ecosistema. La sostituzione di processi, materie prime e riconfigurazione di prodotto contribuiscono a rilanciare la redditività e il PIL, ma per periodi sempre più brevi e con risultati inferiori. La presenza del pregresso è un ulteriore ostacolo alla libera crescita, superabile con benvenute forme estreme di rinnovamento, quali catastrofi indotte come frane e inondazioni, oppure tante belle guerre giocate coi migliori ed efficaci mezzi di distruzione a disposizione.

Lo spazio nel quale è possibile la vita terrestre è simile alla pellicola di una bolla di sapone, ma proporzionalmente molto più sottile. Sopra c’è l’aria sempre più rarefatta e l’inutile spazio siderale, sotto ci sono le inospitali rocce inerti sino al nucleo. La vita, da quella unicellulare alle forme più complesse, si sviluppa, impiegando miliardi di anni, solo all’interno di questa membrana a volte spessa appena pochi millimetri, e che solo negli oceani raggiunge alcune centinaia di metri peraltro a noi preclusi. Se sottraiamo l’intero Universo e la massa rocciosa del nostro pianeta – spazi alieni e invivibili senza scafandri e sostanze estratte dalla bolla – ciò che ci resta è ben poco: la membrana dell’ecosistema e la radiazione solare. Non c’è una sintonia fra organismi e “ambiente”. Non esiste nessun ambiente dato che è impossibile determinare il confine fra gli organismi e ciò che li circonda, dato che niente di vivibile ci circonda: esiste il mondo di cui viviamo. Il mondo in cui vivo è una costruzione culturale amministrativa, fatta di Stati e di frontiere, mentre il mondo di cui vivo ha ben altre ramificazioni e distanze, e non sono quelle della globalizzazione e del libero commercio.

La nostra esistenza non è né locale né globale, non è un fatto di distanze ma di implicazioni. Ma la globalizzazione continua ad attirare – e sono la maggioranza – chi pensa di continuare a crescere e svilupparsi a prescindere dal progressivo deterioramento della membrana vitale in cui vive. La laicizzazione dei credo, la  fede tecnicizzata pretende la realizzazione del paradiso in terra, con il risultato che ogni uomo vive in un mondo che non è quello che lo fa vivere. La natura inventata dagli economisti per farvi circolare le loro merci non esiste. Non esistono le leggi della Natura né quelle dell’Economia, racconti funzionali all’imperativo della crescita continua. L’Ecologia non è l’attenzione alle questioni verdi ma è ciò che diventano l’ Economia e la Società quando comprendono i propri limiti. Ma è troppo tardi. Anche gli eventi recenti e le politiche degli Stati e delle unioni di Stati ci dicono che l’idea ecologica è accantonata e senza speranza. La partita è definitivamente persa, continueremo imperterriti sulla fantastica strada intrapresa dello sviluppo e della crescita infinita, poi chi sopravvivrà vedrà.☺

 

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