Tralascio gli affari domestici, non proprio esemplari di questi nostri giorni elettorali. Conosco poco della vicenda elettorale di Campobasso, ma se il centrosinistra dovesse perdere le elezioni a Termoli, sapremo perché e di chi sono le responsabilità. Il perché viene da molto lontano, almeno dalla metà degli anni ‘80, mentre le responsabilità di ieri e di oggi sono da ricercare in quei comportamenti, in quei personalismi che hanno screditato e continuano a inquinare la politica e il bene comune.
La questione prima sulla quale interrogarsi è, oggi, un’altra: cosa sarà del governo Renzi e della sua strategia? Che atteggiamento avere e cosa auspicare? Vi è a sinistra una forte diffidenza, spesso una vera e propria ostilità verso Renzi, gli viene rimproverata la sua estraneità dalla tradizione e dalla storia della sinistra, di più in molti lo considerano un clone, se non un erede naturale di Berlusconi. Vorrei essere chiaro su questa premessa: Renzi è l’ultimo atto di quella rivoluzione copernicana che Occhetto fece con la liquidazione del Pci; è l’interprete ideale di quella personalizzazione della politica figlia dei referendum Segni – Occhetto; è il segretario naturale di quel Partito Democratico che inventarono Veltroni, D’Alema e Prodi.
La mia opinione era ed è che il Pci si dovesse superare, ma non liquidare, che i referendum Segni – Occhetto siano stati una vera iattura per il nostro sistema democratico e che il Partito Democratico sia un ibrido dal destino precario e dal futuro incerto. Ma questa riflessione in parte è discussione quasi storica che andrebbe fatta, ma seriamente, e in parte è una polemica che rischia di essere leziosa e fuori luogo. Leziosa, perché la rifondazione della sinistra non è problema semplice, né di tempi brevi e, soprattutto, non è più un affare italiano o solo italiano. Fuori luogo, perché altri sono i nemici che bussano alla porta.
In breve l’idea che mi sono fatto è che l’esperienza renziana debba essere sostenuta, ma con intelligenza critica. La ragione prima del sostegno è tanto semplice quanto decisiva: questo governo è l’ultimo treno utile per il nostro paese prima del precipizio, siamo sull’orlo di una crisi istituzionale, economica e sociale che se non viene almeno fermata, avrà effetti devastanti per l’oggi e per il futuro. Ora, possono Renzi e il suo governo essere i protagonisti di questo miracolo? L’impresa è ad altissima difficoltà, ma bisogna sperare e operare, perché riesca. I provvedimenti di governo sono sicuramente discutibili da più punti di vista, ma hanno tre indiscutibili meriti: un certo contenuto di equità sociale e, per la prima volta, uno scontro aperto con le diverse corporazioni forti dai magistrati ai manager pubblici, sino ai grandi burocrati dell’amministrazione dello stato. In secondo luogo, diversamente da Monti e da Enrico Letta, questo governo ha aperto un conflitto senza urla, ma reale con il Moloch europeo. Questa è poi la vera partita strategica per il futuro e sulla quale siamo solo ai primi passi, ma almeno qualcosa si è mosso. Infine, ed è questione decisiva, è certamente utile l’intervento sui costi della politica (province, regioni, senato, auto blu…), essenziale per ricostruire un filo di comunicazione e di credibilità con un’opinione pubblica legittimamente esasperata da anni di degrado del sistema politico-istituzionale.
La seconda ragione che mi fa essere prudentemente simpatico con l’esperienza di Renzi è che sino ad oggi le sue scelte, al di là delle chiacchiere, hanno mortificato il sentimento di sinistra certamente non più di quanto abbiano fatto i suoi predecessori. Anzi l’attuale segretario del Partito democratico ha fatto ciò che tanti dirigenti del Pd che pure avevano una lunga biografia comunista e di sinistra, non avevano, in omaggio ai vari Fioroni, mai osato fare, ovvero portare il Partito Democratico all’interno del partito del Socialismo europeo, ponendo così fine a una ridicola, quanto dannosa anomalia italiana e europea. Non solo, cosa di grande rilievo, in questi giorni l’attuale governo ha tolto quel vergognoso segreto di stato sulle stragi che ha rappresentato una autentica offesa alla verità e alla storia democratica del nostro paese. È bene ricordare che l’attuale Presidente della Repubblica, quando fu nominato ministro degli interni, non volle neppure toccare questa drammatica questione.
Sulle critiche da fare a Renzi e al renzismo poche parole, ma chiare. Il movimentismo del presidente del consiglio sulle questioni economiche e sociali apre dei varchi, lenisce, forse, una certa sofferenza popolare, ma è ancora acqua fresca se riflettiamo alla profondità della crisi italiana. Poco si vede sul versante fiscale, ove non si vedono provvedimenti radicali capaci d’incidere sia sull’iniquità, sia sulla gigantesca evasione fiscale. Inoltre nulla si vede sul versante dello sviluppo, dove non è assolutamente chiaro verso quale modello industriale e verso quale politica economica si voglia andare.
Seconda questione: la riforma del Senato. Questo passaggio non può essere trattato dal governo come se fossero in discussione le auto blu o gli stipendi dei consiglieri regionali. E Renzi farebbe bene a interloquire positivamente con i vari Rodotà che pongono serie questioni sulla tenuta democratica dell’insieme del sistema istituzionale.
Detto di Renzi bisognerebbe ora aprire il capitolo di una sinistra capace di avere storia e al pari tempo guardare al futuro, ma su questo tema complicato e per molti versi decisivo proverò a cimentarmi la prossima volta. ☺
Tralascio gli affari domestici, non proprio esemplari di questi nostri giorni elettorali. Conosco poco della vicenda elettorale di Campobasso, ma se il centrosinistra dovesse perdere le elezioni a Termoli, sapremo perché e di chi sono le responsabilità. Il perché viene da molto lontano, almeno dalla metà degli anni ‘80, mentre le responsabilità di ieri e di oggi sono da ricercare in quei comportamenti, in quei personalismi che hanno screditato e continuano a inquinare la politica e il bene comune.
La questione prima sulla quale interrogarsi è, oggi, un’altra: cosa sarà del governo Renzi e della sua strategia? Che atteggiamento avere e cosa auspicare? Vi è a sinistra una forte diffidenza, spesso una vera e propria ostilità verso Renzi, gli viene rimproverata la sua estraneità dalla tradizione e dalla storia della sinistra, di più in molti lo considerano un clone, se non un erede naturale di Berlusconi. Vorrei essere chiaro su questa premessa: Renzi è l’ultimo atto di quella rivoluzione copernicana che Occhetto fece con la liquidazione del Pci; è l’interprete ideale di quella personalizzazione della politica figlia dei referendum Segni – Occhetto; è il segretario naturale di quel Partito Democratico che inventarono Veltroni, D’Alema e Prodi.
La mia opinione era ed è che il Pci si dovesse superare, ma non liquidare, che i referendum Segni – Occhetto siano stati una vera iattura per il nostro sistema democratico e che il Partito Democratico sia un ibrido dal destino precario e dal futuro incerto. Ma questa riflessione in parte è discussione quasi storica che andrebbe fatta, ma seriamente, e in parte è una polemica che rischia di essere leziosa e fuori luogo. Leziosa, perché la rifondazione della sinistra non è problema semplice, né di tempi brevi e, soprattutto, non è più un affare italiano o solo italiano. Fuori luogo, perché altri sono i nemici che bussano alla porta.
In breve l’idea che mi sono fatto è che l’esperienza renziana debba essere sostenuta, ma con intelligenza critica. La ragione prima del sostegno è tanto semplice quanto decisiva: questo governo è l’ultimo treno utile per il nostro paese prima del precipizio, siamo sull’orlo di una crisi istituzionale, economica e sociale che se non viene almeno fermata, avrà effetti devastanti per l’oggi e per il futuro. Ora, possono Renzi e il suo governo essere i protagonisti di questo miracolo? L’impresa è ad altissima difficoltà, ma bisogna sperare e operare, perché riesca. I provvedimenti di governo sono sicuramente discutibili da più punti di vista, ma hanno tre indiscutibili meriti: un certo contenuto di equità sociale e, per la prima volta, uno scontro aperto con le diverse corporazioni forti dai magistrati ai manager pubblici, sino ai grandi burocrati dell’amministrazione dello stato. In secondo luogo, diversamente da Monti e da Enrico Letta, questo governo ha aperto un conflitto senza urla, ma reale con il Moloch europeo. Questa è poi la vera partita strategica per il futuro e sulla quale siamo solo ai primi passi, ma almeno qualcosa si è mosso. Infine, ed è questione decisiva, è certamente utile l’intervento sui costi della politica (province, regioni, senato, auto blu…), essenziale per ricostruire un filo di comunicazione e di credibilità con un’opinione pubblica legittimamente esasperata da anni di degrado del sistema politico-istituzionale.
La seconda ragione che mi fa essere prudentemente simpatico con l’esperienza di Renzi è che sino ad oggi le sue scelte, al di là delle chiacchiere, hanno mortificato il sentimento di sinistra certamente non più di quanto abbiano fatto i suoi predecessori. Anzi l’attuale segretario del Partito democratico ha fatto ciò che tanti dirigenti del Pd che pure avevano una lunga biografia comunista e di sinistra, non avevano, in omaggio ai vari Fioroni, mai osato fare, ovvero portare il Partito Democratico all’interno del partito del Socialismo europeo, ponendo così fine a una ridicola, quanto dannosa anomalia italiana e europea. Non solo, cosa di grande rilievo, in questi giorni l’attuale governo ha tolto quel vergognoso segreto di stato sulle stragi che ha rappresentato una autentica offesa alla verità e alla storia democratica del nostro paese. È bene ricordare che l’attuale Presidente della Repubblica, quando fu nominato ministro degli interni, non volle neppure toccare questa drammatica questione.
Sulle critiche da fare a Renzi e al renzismo poche parole, ma chiare. Il movimentismo del presidente del consiglio sulle questioni economiche e sociali apre dei varchi, lenisce, forse, una certa sofferenza popolare, ma è ancora acqua fresca se riflettiamo alla profondità della crisi italiana. Poco si vede sul versante fiscale, ove non si vedono provvedimenti radicali capaci d’incidere sia sull’iniquità, sia sulla gigantesca evasione fiscale. Inoltre nulla si vede sul versante dello sviluppo, dove non è assolutamente chiaro verso quale modello industriale e verso quale politica economica si voglia andare.
Seconda questione: la riforma del Senato. Questo passaggio non può essere trattato dal governo come se fossero in discussione le auto blu o gli stipendi dei consiglieri regionali. E Renzi farebbe bene a interloquire positivamente con i vari Rodotà che pongono serie questioni sulla tenuta democratica dell’insieme del sistema istituzionale.
Detto di Renzi bisognerebbe ora aprire il capitolo di una sinistra capace di avere storia e al pari tempo guardare al futuro, ma su questo tema complicato e per molti versi decisivo proverò a cimentarmi la prossima volta. ☺
Tralascio gli affari domestici, non proprio esemplari di questi nostri giorni elettorali.
Tralascio gli affari domestici, non proprio esemplari di questi nostri giorni elettorali. Conosco poco della vicenda elettorale di Campobasso, ma se il centrosinistra dovesse perdere le elezioni a Termoli, sapremo perché e di chi sono le responsabilità. Il perché viene da molto lontano, almeno dalla metà degli anni ‘80, mentre le responsabilità di ieri e di oggi sono da ricercare in quei comportamenti, in quei personalismi che hanno screditato e continuano a inquinare la politica e il bene comune.
La questione prima sulla quale interrogarsi è, oggi, un’altra: cosa sarà del governo Renzi e della sua strategia? Che atteggiamento avere e cosa auspicare? Vi è a sinistra una forte diffidenza, spesso una vera e propria ostilità verso Renzi, gli viene rimproverata la sua estraneità dalla tradizione e dalla storia della sinistra, di più in molti lo considerano un clone, se non un erede naturale di Berlusconi. Vorrei essere chiaro su questa premessa: Renzi è l’ultimo atto di quella rivoluzione copernicana che Occhetto fece con la liquidazione del Pci; è l’interprete ideale di quella personalizzazione della politica figlia dei referendum Segni – Occhetto; è il segretario naturale di quel Partito Democratico che inventarono Veltroni, D’Alema e Prodi.
La mia opinione era ed è che il Pci si dovesse superare, ma non liquidare, che i referendum Segni – Occhetto siano stati una vera iattura per il nostro sistema democratico e che il Partito Democratico sia un ibrido dal destino precario e dal futuro incerto. Ma questa riflessione in parte è discussione quasi storica che andrebbe fatta, ma seriamente, e in parte è una polemica che rischia di essere leziosa e fuori luogo. Leziosa, perché la rifondazione della sinistra non è problema semplice, né di tempi brevi e, soprattutto, non è più un affare italiano o solo italiano. Fuori luogo, perché altri sono i nemici che bussano alla porta.
In breve l’idea che mi sono fatto è che l’esperienza renziana debba essere sostenuta, ma con intelligenza critica. La ragione prima del sostegno è tanto semplice quanto decisiva: questo governo è l’ultimo treno utile per il nostro paese prima del precipizio, siamo sull’orlo di una crisi istituzionale, economica e sociale che se non viene almeno fermata, avrà effetti devastanti per l’oggi e per il futuro. Ora, possono Renzi e il suo governo essere i protagonisti di questo miracolo? L’impresa è ad altissima difficoltà, ma bisogna sperare e operare, perché riesca. I provvedimenti di governo sono sicuramente discutibili da più punti di vista, ma hanno tre indiscutibili meriti: un certo contenuto di equità sociale e, per la prima volta, uno scontro aperto con le diverse corporazioni forti dai magistrati ai manager pubblici, sino ai grandi burocrati dell’amministrazione dello stato. In secondo luogo, diversamente da Monti e da Enrico Letta, questo governo ha aperto un conflitto senza urla, ma reale con il Moloch europeo. Questa è poi la vera partita strategica per il futuro e sulla quale siamo solo ai primi passi, ma almeno qualcosa si è mosso. Infine, ed è questione decisiva, è certamente utile l’intervento sui costi della politica (province, regioni, senato, auto blu…), essenziale per ricostruire un filo di comunicazione e di credibilità con un’opinione pubblica legittimamente esasperata da anni di degrado del sistema politico-istituzionale.
La seconda ragione che mi fa essere prudentemente simpatico con l’esperienza di Renzi è che sino ad oggi le sue scelte, al di là delle chiacchiere, hanno mortificato il sentimento di sinistra certamente non più di quanto abbiano fatto i suoi predecessori. Anzi l’attuale segretario del Partito democratico ha fatto ciò che tanti dirigenti del Pd che pure avevano una lunga biografia comunista e di sinistra, non avevano, in omaggio ai vari Fioroni, mai osato fare, ovvero portare il Partito Democratico all’interno del partito del Socialismo europeo, ponendo così fine a una ridicola, quanto dannosa anomalia italiana e europea. Non solo, cosa di grande rilievo, in questi giorni l’attuale governo ha tolto quel vergognoso segreto di stato sulle stragi che ha rappresentato una autentica offesa alla verità e alla storia democratica del nostro paese. È bene ricordare che l’attuale Presidente della Repubblica, quando fu nominato ministro degli interni, non volle neppure toccare questa drammatica questione.
Sulle critiche da fare a Renzi e al renzismo poche parole, ma chiare. Il movimentismo del presidente del consiglio sulle questioni economiche e sociali apre dei varchi, lenisce, forse, una certa sofferenza popolare, ma è ancora acqua fresca se riflettiamo alla profondità della crisi italiana. Poco si vede sul versante fiscale, ove non si vedono provvedimenti radicali capaci d’incidere sia sull’iniquità, sia sulla gigantesca evasione fiscale. Inoltre nulla si vede sul versante dello sviluppo, dove non è assolutamente chiaro verso quale modello industriale e verso quale politica economica si voglia andare.
Seconda questione: la riforma del Senato. Questo passaggio non può essere trattato dal governo come se fossero in discussione le auto blu o gli stipendi dei consiglieri regionali. E Renzi farebbe bene a interloquire positivamente con i vari Rodotà che pongono serie questioni sulla tenuta democratica dell’insieme del sistema istituzionale.
Detto di Renzi bisognerebbe ora aprire il capitolo di una sinistra capace di avere storia e al pari tempo guardare al futuro, ma su questo tema complicato e per molti versi decisivo proverò a cimentarmi la prossima volta. ☺
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