Un Michele Iorio, ex governatore del Molise, quanto quello attuale non avrebbe sfigurato nella saga dei capi e capetti che sono andati a Parigi l’11 gennaio per fare la foto ricordo – ma a debita distanza per non farsi contaminare dalle idee – in mezzo ad una folla immensa che rivendicava la sacrosanta libertà di stampa mentre esprimeva indignazione per l’efferato massacro accaduto nella redazione di Charlie Ebdo. I nostri avrebbero fatto bella mostra perché, anche se non sono arrivati a reprimere l’informazione, come parte degli impettiti rappresentanti di governo presenti, certamente, come tutti i politici, fanno carte false per foraggiare una stampa asservita. Non a caso gli Stati Uniti, dove la libertà di stampa è sovrana, erano assenti.
Sull’argomento molto si è detto in questi giorni, se ne parla anche nelle nostre pagine, forse però il più dovrà essere cercato e detto, quando sarà placata l’onda emotiva, servizi segreti permettendo. Benché rivista di periferia, anche per noi nasce l’obbligo di riaffermare due princìpi che riteniamo assoluti e sacrosanti: a) senza una informazione libera e responsabile non vi può essere vera democrazia; b) una vera democrazia presuppone il rispetto incondizionato delle persone. Forse a Parigi ha fatto tilt questo binomio. Condanniamo la violenza senza se e senza ma, schierandoci dalla parte delle vittime e perciò siamo Charlie – non si può morire per delle vignette, peraltro pure brutte e povere di humour – come siamo terremotati, immigrati, clandestini, clochard, prostitute, omosessuali, bambini violati, ecc. Con altrettanta forza chiediamo il rispetto delle persone e dei loro valori più profondi: gli insulti non sono mai espressione di democrazia! Da quella Francia che si è ritrovata meravigliosamente in piazza a manifestare per la liberté, ci attendiamo che con altrettanta determinazione osi scelte coraggiose perché non restino in ombra gli altri due assiomi della rivoluzione francese: egalité e fraternité. Se uno può scrivere e disegnare quello che vuole, perché un altro non può andare a stabilirsi dove gli pare e a tutti non vengono date le stesse opportunità, dato che nasciamo tutti nudi? Il cammino è ancora lungo, ma noi lo pretendiamo, è lo scopo della nostra rivista, povera di mezzi ma non di coraggio e utopia.
Se Parigi piange, nel Molise non c’è da stare allegri. Un intreccio ai limiti del reale su informazione e potere è stato denunciato e messo in onda dalla trasmissione Report del 21 dicembre scorso. Sarà il clima natalizio, sarà l’atavica e proverbiale inerzia molisana, ma il tutto è stato inghiottito e digerito senza essere almeno un po’ ruminato. L’intreccio: un magistrato indaga sulle possibili malefatte di Iorio, allora presidente della giunta regionale di centro-destra che tra le altre quisquilie finanzia Telemolise, una televisione locale, la cui direttrice del Tg e plenipotenziaria, Manuela Petescia, fa periodiche pressioni sul suddetto amministratore perché attivi i finanziamenti, pena il non dar risalto propagandistico e lettura benevola delle azioni del governo regionale. La direttrice, coniugata con un senatore del partito di Iorio, presta tanta attenzione alle indagini che finisce per intessere una relazione sentimentale col magistrato che indaga sul presidente Iorio.
Se mi rivolgo a lei, signora Petescia, non è perché sono scandalizzato dai risvolti passionali; dopo l’era Berlusconi e qualche puntata di Beautiful è difficile fare moralismi sulla camera da letto e in ogni caso non è il luogo per puntare l’indice. L’insuperato Marcello Marchesi attualizzò per Brigitte Bardot il detto di Napoleone: Dio me l’ha data, guai a chi non la tocca! Ciò che trovo scandaloso ed esige spiegazioni è come si possa prostituire l’informazione, facendone mezzo di scambio con denaro e potere. Non sono ancora così uomo di mondo da non rimanerne sconcertato; e il sapere che quello che trapela dalle intercettazioni a suo carico, sull’etere non sul talamo, è quanto accade nella maggior parte delle redazioni non mi dà affatto sollievo. Anzi. Quelle rare volte che mi capita di ascoltare notizie che escono dalla sua bocca mi viene spontaneo chiedermi quanto siano costate e chi le abbia pagate. E il fatto che un vescovo abbia uno spazio tutto suo e che dopo Report gironzoli e scodinzoli ancora in quella televisione mostra fino a che punto è giunto il degrado morale. Sono persone come lei che impediscono nei fatti una seria legge sull’editoria che non si risolva in quote nella spartizione del porco, ma che contribuisca a far crescere un giornalismo indipendente, capace di inseguire e perseguire la notizia. Da cani da riporto a cani da guardia della democrazia: questo è il cammino che ancora manca al giornalismo nostrano; Aristotele, ed è il nostro epitaffio, diceva: amicus Plato, sed magis amica veritas (la verità viene prima di ogni amicizia). Il pluralismo non è dato dalla quantità di testate presenti o di persone che parlano, come spesso si vuol far credere – cento fotocopie della stessa pagina non fanno un libro -, ma dalla capacità di mettere al primo posto la notizia.
Un tempo Parigi valeva ben una messa, sig.ra Petescia; oggi spero che la tragica morte dei giornalisti di Charlie Hebdo serva per riconquistare fiducia ed impegno in un mestiere che prima ancora è una passione. Non ci è chiesto di sputare sangue, ma almeno presentiamoci con la faccia pulita. Il carnevale non può durare tutto l’anno.
P.S. Per gli amanti della cronaca la vicenda si avvia verso questa conclusione: il magistrato è stato trasferito, l’amministratore lavora per la prescrizione, il marito ha cambiato partito, mentre lei, con faccia giuliva, resta al suo posto!☺
Lettera aperta a Manuela Petescia di telemolise
Un Michele Iorio, ex governatore del Molise, quanto quello attuale non avrebbe sfigurato nella saga dei capi e capetti che sono andati a Parigi l’11 gennaio per fare la foto ricordo – ma a debita distanza per non farsi contaminare dalle idee – in mezzo ad una folla immensa che rivendicava la sacrosanta libertà di stampa mentre esprimeva indignazione per l’efferato massacro accaduto nella redazione di Charlie Ebdo. I nostri avrebbero fatto bella mostra perché, anche se non sono arrivati a reprimere l’informazione, come parte degli impettiti rappresentanti di governo presenti, certamente, come tutti i politici, fanno carte false per foraggiare una stampa asservita. Non a caso gli Stati Uniti, dove la libertà di stampa è sovrana, erano assenti.
Sull’argomento molto si è detto in questi giorni, se ne parla anche nelle nostre pagine, forse però il più dovrà essere cercato e detto, quando sarà placata l’onda emotiva, servizi segreti permettendo. Benché rivista di periferia, anche per noi nasce l’obbligo di riaffermare due princìpi che riteniamo assoluti e sacrosanti: a) senza una informazione libera e responsabile non vi può essere vera democrazia; b) una vera democrazia presuppone il rispetto incondizionato delle persone. Forse a Parigi ha fatto tilt questo binomio. Condanniamo la violenza senza se e senza ma, schierandoci dalla parte delle vittime e perciò siamo Charlie – non si può morire per delle vignette, peraltro pure brutte e povere di humour – come siamo terremotati, immigrati, clandestini, clochard, prostitute, omosessuali, bambini violati, ecc. Con altrettanta forza chiediamo il rispetto delle persone e dei loro valori più profondi: gli insulti non sono mai espressione di democrazia! Da quella Francia che si è ritrovata meravigliosamente in piazza a manifestare per la liberté, ci attendiamo che con altrettanta determinazione osi scelte coraggiose perché non restino in ombra gli altri due assiomi della rivoluzione francese: egalité e fraternité. Se uno può scrivere e disegnare quello che vuole, perché un altro non può andare a stabilirsi dove gli pare e a tutti non vengono date le stesse opportunità, dato che nasciamo tutti nudi? Il cammino è ancora lungo, ma noi lo pretendiamo, è lo scopo della nostra rivista, povera di mezzi ma non di coraggio e utopia.
Se Parigi piange, nel Molise non c’è da stare allegri. Un intreccio ai limiti del reale su informazione e potere è stato denunciato e messo in onda dalla trasmissione Report del 21 dicembre scorso. Sarà il clima natalizio, sarà l’atavica e proverbiale inerzia molisana, ma il tutto è stato inghiottito e digerito senza essere almeno un po’ ruminato. L’intreccio: un magistrato indaga sulle possibili malefatte di Iorio, allora presidente della giunta regionale di centro-destra che tra le altre quisquilie finanzia Telemolise, una televisione locale, la cui direttrice del Tg e plenipotenziaria, Manuela Petescia, fa periodiche pressioni sul suddetto amministratore perché attivi i finanziamenti, pena il non dar risalto propagandistico e lettura benevola delle azioni del governo regionale. La direttrice, coniugata con un senatore del partito di Iorio, presta tanta attenzione alle indagini che finisce per intessere una relazione sentimentale col magistrato che indaga sul presidente Iorio.
Se mi rivolgo a lei, signora Petescia, non è perché sono scandalizzato dai risvolti passionali; dopo l’era Berlusconi e qualche puntata di Beautiful è difficile fare moralismi sulla camera da letto e in ogni caso non è il luogo per puntare l’indice. L’insuperato Marcello Marchesi attualizzò per Brigitte Bardot il detto di Napoleone: Dio me l’ha data, guai a chi non la tocca! Ciò che trovo scandaloso ed esige spiegazioni è come si possa prostituire l’informazione, facendone mezzo di scambio con denaro e potere. Non sono ancora così uomo di mondo da non rimanerne sconcertato; e il sapere che quello che trapela dalle intercettazioni a suo carico, sull’etere non sul talamo, è quanto accade nella maggior parte delle redazioni non mi dà affatto sollievo. Anzi. Quelle rare volte che mi capita di ascoltare notizie che escono dalla sua bocca mi viene spontaneo chiedermi quanto siano costate e chi le abbia pagate. E il fatto che un vescovo abbia uno spazio tutto suo e che dopo Report gironzoli e scodinzoli ancora in quella televisione mostra fino a che punto è giunto il degrado morale. Sono persone come lei che impediscono nei fatti una seria legge sull’editoria che non si risolva in quote nella spartizione del porco, ma che contribuisca a far crescere un giornalismo indipendente, capace di inseguire e perseguire la notizia. Da cani da riporto a cani da guardia della democrazia: questo è il cammino che ancora manca al giornalismo nostrano; Aristotele, ed è il nostro epitaffio, diceva: amicus Plato, sed magis amica veritas (la verità viene prima di ogni amicizia). Il pluralismo non è dato dalla quantità di testate presenti o di persone che parlano, come spesso si vuol far credere – cento fotocopie della stessa pagina non fanno un libro -, ma dalla capacità di mettere al primo posto la notizia.
Un tempo Parigi valeva ben una messa, sig.ra Petescia; oggi spero che la tragica morte dei giornalisti di Charlie Hebdo serva per riconquistare fiducia ed impegno in un mestiere che prima ancora è una passione. Non ci è chiesto di sputare sangue, ma almeno presentiamoci con la faccia pulita. Il carnevale non può durare tutto l’anno.
P.S. Per gli amanti della cronaca la vicenda si avvia verso questa conclusione: il magistrato è stato trasferito, l’amministratore lavora per la prescrizione, il marito ha cambiato partito, mentre lei, con faccia giuliva, resta al suo posto!☺
Un Michele Iorio, ex governatore del Molise, quanto quello attuale non avrebbe sfigurato nella saga dei capi e capetti che sono andati a Parigi l’11 gennaio per fare la foto ricordo – ma a debita distanza per non farsi contaminare dalle idee – in mezzo ad una folla immensa che rivendicava la sacrosanta libertà di stampa mentre esprimeva indignazione per l’efferato massacro accaduto nella redazione di Charlie Ebdo. I nostri avrebbero fatto bella mostra perché, anche se non sono arrivati a reprimere l’informazione, come parte degli impettiti rappresentanti di governo presenti, certamente, come tutti i politici, fanno carte false per foraggiare una stampa asservita. Non a caso gli Stati Uniti, dove la libertà di stampa è sovrana, erano assenti.
Sull’argomento molto si è detto in questi giorni, se ne parla anche nelle nostre pagine, forse però il più dovrà essere cercato e detto, quando sarà placata l’onda emotiva, servizi segreti permettendo. Benché rivista di periferia, anche per noi nasce l’obbligo di riaffermare due princìpi che riteniamo assoluti e sacrosanti: a) senza una informazione libera e responsabile non vi può essere vera democrazia; b) una vera democrazia presuppone il rispetto incondizionato delle persone. Forse a Parigi ha fatto tilt questo binomio. Condanniamo la violenza senza se e senza ma, schierandoci dalla parte delle vittime e perciò siamo Charlie – non si può morire per delle vignette, peraltro pure brutte e povere di humour – come siamo terremotati, immigrati, clandestini, clochard, prostitute, omosessuali, bambini violati, ecc. Con altrettanta forza chiediamo il rispetto delle persone e dei loro valori più profondi: gli insulti non sono mai espressione di democrazia! Da quella Francia che si è ritrovata meravigliosamente in piazza a manifestare per la liberté, ci attendiamo che con altrettanta determinazione osi scelte coraggiose perché non restino in ombra gli altri due assiomi della rivoluzione francese: egalité e fraternité. Se uno può scrivere e disegnare quello che vuole, perché un altro non può andare a stabilirsi dove gli pare e a tutti non vengono date le stesse opportunità, dato che nasciamo tutti nudi? Il cammino è ancora lungo, ma noi lo pretendiamo, è lo scopo della nostra rivista, povera di mezzi ma non di coraggio e utopia.
Se Parigi piange, nel Molise non c’è da stare allegri. Un intreccio ai limiti del reale su informazione e potere è stato denunciato e messo in onda dalla trasmissione Report del 21 dicembre scorso. Sarà il clima natalizio, sarà l’atavica e proverbiale inerzia molisana, ma il tutto è stato inghiottito e digerito senza essere almeno un po’ ruminato. L’intreccio: un magistrato indaga sulle possibili malefatte di Iorio, allora presidente della giunta regionale di centro-destra che tra le altre quisquilie finanzia Telemolise, una televisione locale, la cui direttrice del Tg e plenipotenziaria, Manuela Petescia, fa periodiche pressioni sul suddetto amministratore perché attivi i finanziamenti, pena il non dar risalto propagandistico e lettura benevola delle azioni del governo regionale. La direttrice, coniugata con un senatore del partito di Iorio, presta tanta attenzione alle indagini che finisce per intessere una relazione sentimentale col magistrato che indaga sul presidente Iorio.
Se mi rivolgo a lei, signora Petescia, non è perché sono scandalizzato dai risvolti passionali; dopo l’era Berlusconi e qualche puntata di Beautiful è difficile fare moralismi sulla camera da letto e in ogni caso non è il luogo per puntare l’indice. L’insuperato Marcello Marchesi attualizzò per Brigitte Bardot il detto di Napoleone: Dio me l’ha data, guai a chi non la tocca! Ciò che trovo scandaloso ed esige spiegazioni è come si possa prostituire l’informazione, facendone mezzo di scambio con denaro e potere. Non sono ancora così uomo di mondo da non rimanerne sconcertato; e il sapere che quello che trapela dalle intercettazioni a suo carico, sull’etere non sul talamo, è quanto accade nella maggior parte delle redazioni non mi dà affatto sollievo. Anzi. Quelle rare volte che mi capita di ascoltare notizie che escono dalla sua bocca mi viene spontaneo chiedermi quanto siano costate e chi le abbia pagate. E il fatto che un vescovo abbia uno spazio tutto suo e che dopo Report gironzoli e scodinzoli ancora in quella televisione mostra fino a che punto è giunto il degrado morale. Sono persone come lei che impediscono nei fatti una seria legge sull’editoria che non si risolva in quote nella spartizione del porco, ma che contribuisca a far crescere un giornalismo indipendente, capace di inseguire e perseguire la notizia. Da cani da riporto a cani da guardia della democrazia: questo è il cammino che ancora manca al giornalismo nostrano; Aristotele, ed è il nostro epitaffio, diceva: amicus Plato, sed magis amica veritas (la verità viene prima di ogni amicizia). Il pluralismo non è dato dalla quantità di testate presenti o di persone che parlano, come spesso si vuol far credere – cento fotocopie della stessa pagina non fanno un libro -, ma dalla capacità di mettere al primo posto la notizia.
Un tempo Parigi valeva ben una messa, sig.ra Petescia; oggi spero che la tragica morte dei giornalisti di Charlie Hebdo serva per riconquistare fiducia ed impegno in un mestiere che prima ancora è una passione. Non ci è chiesto di sputare sangue, ma almeno presentiamoci con la faccia pulita. Il carnevale non può durare tutto l’anno.
P.S. Per gli amanti della cronaca la vicenda si avvia verso questa conclusione: il magistrato è stato trasferito, l’amministratore lavora per la prescrizione, il marito ha cambiato partito, mentre lei, con faccia giuliva, resta al suo posto!☺
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