Luce degli occhi
30 Aprile 2017
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Luce degli occhi

«Anna corse avanti e si gettò al collo di suo figlio dicendogli: “Ti rivedo, o figlio. Ora posso morire!”. E si mise a piangere. Tobi si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile. Tobia gli andò incontro: “Coraggio, padre!”. Gli applicò il farmaco e lo lasciò agire… Tobi gli si buttò al collo e pianse, dicendo: “Ti vedo, figlio, luce dei miei occhi!”» (Tb 12,8-9).
Il Libro di Tobia è una sorta di fiction biblica o racconto edificante, entrato nel canone delle Scritture dopo il IV secolo (per questo detto deuterocanonico), cui non interessano tanto i dettagli storici e geografici, ma il dinamismo delle vicende esistenziali. Si racconta una storia familiare che mostra l’intreccio di due vicende: quella di Tobi e quella di Sara, figlia di un suo parente, Raguele. Tobi e Sara sono due figure di credenti che soffrono ingiustamente fino ad invocare la morte: l’uno per una grave cecità che lo ha colto malgrado sia un uomo religioso e caritatevole; l’altra per l’oppressione di un demone, Asmodeo, che la condanna a una vedovanza plurima (si vede morire sette mariti, uccisi dal demone la sera stessa delle nozze!). Le loro prove si risolvono grazie all’intervento di Tobia (il cui nome vuol dire il mio bene è Dio), figlio di Tobi e futuro marito di Sara, accompagnato, supportato e consigliato da un angelo sotto mentite spoglie, Azaria-Raffaele. Segno che le preghiere di chi grida a Dio ottengono risposta e che Dio non ci lascia soli nel nostro cammino ma ci manda i suoi angeli. Il Cielo abita la nostra terra!
Il libro, che comprende un prologo (1,1-2) e un epilogo (14,2-15), si divide in due atti: il primo (1,3–3,17), nel quale vengono esposti i rispettivi drammi di Tobi e di Sara, e il secondo (4,1–14,1) che si divide in tre momenti: la partenza di Tobia per la Media (4,1–6,1a); il matrimonio con Sara e il recupero del denaro del padre (6,1b–9,6); e infine il ritorno a Ninive, segnato dalla guarigione di Tobi, la rivelazione della vera natura di Raffaele e un inno conclusivo (10,1–14,1). Durante il racconto appare la qualità di un’obbedienza alla Torah che acquista i tratti dell’attenzione al fratello e della cura che anima le opere di misericordia e che si manifesta con il seppellire i morti, fare l’elemosina e nutrire un gran rispetto nei confronti della propria famiglia. Il libro mostra inoltre che, anche dietro all’intrecciarsi delle trame più ingarbugliate, si cela l’intervento nascosto e provvidenziale di Dio.
Alla trama di guarigione/liberazione che riguarda Tobi e Sara si affianca, infatti, quella di formazione/maturazione che riguarda Tobia, trama rappresentata dalla simbolica del viaggio. Il viaggio, infatti, è finalizzato alla crescita ed è visto come quell’esodo iscritto nel disegno originario divino (cf. Gen 2,24) che porta ad abbracciare la propria personale vocazione. Il libro quindi è un invito a mettersi in cammino uscendo dai luoghi protetti, acquistando una maggiore libertà e imparando ad affrontare la vita e i suoi imprevisti, le proprie paure e i propri limiti, sotto la guida sapiente di un maestro che non si fermi solo alla realtà materiale, ma veda oltre. Il libro inoltre presenta un processo di consolidamento dei vincoli di sangue. Per timore di contaminarsi con i non-ebrei e allontanarsi così dal Signore, gli Ebrei della diaspora (fenomeno che rimanda alla loro dispersione nel mondo dopo l’esilio) rafforzano l’ideale dell’appartenenza al clan e scelgono di unirsi in matrimonio con membri della stessa cerchia familiare. Nella diaspora inoltre si assiste a una riduzione numerica dei precetti divini, ma anche a un loro ripensamento: la pienezza della Legge sta nella solidarietà verso i fratelli bisognosi.
In un tempo dove le proprie origini e radici sono intese a volte come intralcio alla realizzazione di sé, la Scrittura ci riconsegna la forza dei legami familiari e la genuinità di un bene gratuito la cui prima e più efficace scuola è la famiglia. È in questo spazio d’amore che ci si può scoprire chiamati ad essere non tenebra, ma luce per gli occhi di chi ci guarda.

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