lutero a roma
2 Dicembre 2010 Share

lutero a roma

 

  A Roma vi sarà una via intitolata alla figura di Martin Lutero. Il 7 giugno scorso la Commissione consultiva di toponomastica di Roma ha espresso parere favorevole, attribuendo di fatto il toponimo «Martin Lutero: teologo tedesco (1483-1546)». La promessa, per ora, è quella di individuare un’area idonea in un comprensorio appropriato.

La novità di questa notizia è da ricercare in due fatti significativi. Il primo, quest’anno si vuol ricordare la visita di Martin Lutero a Roma nel 1510, cinquecento anni fa; il secondo, questa ricorrenza ripropone al nostro Paese il pensiero e l’opera della Riforma protestante.

Vorrei analizzare un po’ meglio questi due fatti presentando l’intervista fatta al professor Paolo Ricca, docente emerito di storia del cristianesimo alla Facoltà valdese di teologia di Roma, dall’Agenzia stampa della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (NEV 29/9/10). È stato chiesto di spiegare le ragioni del viaggio di Lutero a Roma, e l’importanza che esso ha avuto per il riformatore e quella che può avere per noi oggi. Riportiamo alcune risposte.

Quali sono le ragioni che hanno spinto Martin Lutero a recarsi a Roma nel 1510?

Lutero è venuto a Roma perché doveva sistemare alcune questioni interne all’Ordine monastico degli eremiti agostiniani, al quale apparteneva. Si trattava di un ordine particolarmente severo, sia nella disciplina che nella volontà di vivere la regola monastica. Dunque Lutero fu inviato per risolvere questioni sia amministrative che teologiche, ma fu per lui anche l'occasione di visitare e conoscere il luogo più importante della cristianità.

Che cosa ha trovato Lutero a Roma e quale influenza ha avuto il soggiorno romano sul suo pensiero?

L’impressione che ne ebbe Lutero fu, nel complesso, negativa. Lutero la giudicò non dal fiorire delle bellezze artistiche, ma dalla spiritualità che essa esprimeva. Da questo punto di vista ebbe l’impressione di una città che viveva una religiosità mondana, superficiale, persino un po’ blasfema. Il modo sbrigativo in cui venivano celebrate le messe, le modalità con cui i pellegrini venivano accolti nelle varie tappe del loro pellegrinaggio e seguiti nelle loro devozioni, diedero a Lutero l’impressione di una città che invece di essere fonte di luce per tutta la Chiesa, era al contrario percorsa da non poche ombre e ambiguità.

Certamente, la visita a Roma non fu per Lutero l’elemento scatenante per determinare la Riforma. La Riforma nacque non tanto dallo scandalo per l’ambigua e scadente religiosità riscontrata a Roma, bensì dallo studio della Bibbia e dalla scoperta della giustizia di Dio, che non condanna ma giustifica gratuitamente e incondizionatamente il peccatore che si pente e si affida a lui. L’illuminazione di Lutero avvenne infatti circa cinque anni dopo la visita a Roma, quando nel 1515 iniziò a commentare il libro dei Salmi. Più probabile, invece, che nel 1517-18, a distanza di anni, il ricordo indelebile del viaggio a Roma contribuì a rafforzare l’affermazione teologica che il papato, in quanto istituzione, fosse una manifestazione dell’anticristo.

Se Lutero dovesse tornare oggi a Roma, cosa troverebbe?

Scoprirebbe una realtà certamente molto diversa, cambiata sostanzialmente da due eventi. Il primo, successivo a Lutero, ma comunque avvenuto nel XVI secolo, è il Concilio di Trento che ha modificato profondamente la chiesa cattolica sul piano della disciplina e del servizio episcopale. Prima del Concilio di Trento i vescovi erano in larga misura più principi che pastori. Erano, al loro meglio, dei mecenati, ma sicuramente non persone dedite alla cura delle anime. Con il Concilio di Trento tutto questo cambiò. Oggi la condotta della chiesa cattolica, nonostante i recenti scandali, non è nemmeno paragonabile all’immoralità riscontrata da Lutero.

La seconda svolta che ha cambiato profondamente la realtà di Roma e della sua chiesa è il Concilio Vaticano II, a noi contemporaneo e nell'ambito del quale sono riscontrabili alcune delle istanze proprie della Riforma. Oltre a queste discontinuità, vi sono certamente anche delle continuità che rendono Roma non molto diversa da quella conosciuta da Lutero: l’esistenza di uno stato della chiesa, cioè la Città del Vaticano; l’ufficio papale i cui poteri, con il dogma dell’infallibilità del 1870, sono oggi molto più ampi che al tempo di Lutero.

Tra le novità che oggi Lutero riscontrerebbe a Roma non va dimenticata la presenza delle chiese evangeliche: si stupirebbe certamente di trovarvi una chiesa luterana! E certamente si stupirebbe di trovare le molte chiese pentecostali, numerose soprattutto nelle periferie della città. Troverebbe, insomma, anche qualche sorpresa positiva!

Che senso può avere ricordare oggi, a cinquecento anni di distanza, la venuta di Lutero a Roma?

Ciò che è avvenuto nel passato, non è mai passato, finché lo si ricorda. Dal passato, dalle esperienze che altri hanno già vissuto c’è sempre qualche cosa da imparare. Lutero era un monaco cristiano, un uomo che ha cercato di essere cristiano e ha fatto tutto ciò che ha potuto per risollevare le sorti della chiesa. Ricordare Lutero a Roma è il segno che in quanto cristiani siamo comunque legati gli uni agli altri, sia pure nella diversità delle confessioni. Legati nel nome di Cristo che tutti confessiamo e al quale cerchiamo di essere fedeli. Diversi nel modo di ricercare questa fedeltà. Venire a Roma come Martin Lutero, o come seguaci o discendenti della Riforma del XVI secolo, significa appunto affermare che l’Europa cristiana è un’Europa plurale, e che ci sono vari modi di essere cristiani, di esprimere la fede e di organizzare la comunità cristiana.☺

  g.anziani@libero.it

 

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