made in china
14 Aprile 2010 Share

made in china

 

Per molti secoli la Cina ha creduto di essere al centro del mondo. Questo apparente splendore è stato riproposto, come consacrazione della rinascita nazionale, in occasione della cerimonia inaugurale dei XXIX giochi olimpici. Le olimpiadi di Pechino sono state per il governo cinese la manifestazione più evidente della restaurata grandezza e l'affermazione di un modello di sviluppo economico. Nel suo intento è stato proprio il regime cinese il grande vincitore dei giochi. Ciò consentirà probabilmente di esasperare ulteriormente il suo anacronistico orgoglio nazionale, rimandare i cambi che la società richiede e mantenere inalterata la sua struttura di potere.

Ma lo show sportivo e mediatico ha mostrato anche altro. In primo luogo, l'ipocrisia degli stati democratici e l'incapacità di conciliare il rispetto dei diritti umani e delle libertà con i relativi interessi economici. Se soci in affari con una “potenza mondiale ritenuta economicamente indispensabile”, difficilmente la dittatura che censura, viola, perseguita, reprime è riconosciuta come tale. Per la continua violazione dei diritti umani, per la memoria di Tiananmen, per il “genocidio culturale” denunciato dal Dalai Lama in Tibet, la Cina non avrebbe dovuto ospitare i giochi olimpici. In secondo luogo, è evidente che il suo modello di sviluppo cammina di pari passo con il controllo, la repressione e lo sfruttamento di milioni di persone. La crescita economica ha comportato danni ambientali notevoli, accompagnandosi alla miseria e alla corruzione. La Cina si è industrializzata velocemente, convertendosi in una macchina esportatrice di prodotti di bassa qualità. Questo paese dovrebbe esportare nel mondo prima i diritti e poi le merci; i consumatori astenersi dal loro acquisto se ottenuti con la sofferenza di tanta povera gente; gli investitori aprire gli occhi e le imprese straniere lavorare come se operassero nei paesi di origine.

In Cina è proibita la contrattazione collettiva. Non esiste un sindacato indipendente che tuteli i lavoratori, in quanto l'Unione Cinese dei Sindacati è controllata dallo Stato. In questo modo i salari si mantengono artificialmente bassi. Il governo cinese ha instaurato un sofisticato sistema di controllo politico che gli permette di mantenere il dominio sulla popolazione. Le libertà di pensiero e di opinione sono fortemente represse. Ogni voce di dissenso è censurata. Una muraglia post-moderna controlla internet, filtra i contenuti, oscura il web impedendo così all'informazione cibernetica di essere divulgata. In questo modo la tecnologia informatica diventa semplice intrattenimento e non strumento di libera espressione.

Lo stesso accade per la libertà religiosa. Alla Chiesa ufficiale, quella controllata dalla Associazione Patriottica, si contrappone quella “sotterranea” rimasta fedele al Papa. I fedeli e il clero che non accettano il controllo nelle strutture ufficiali praticano la fede in clandestinità. La Chiesa sotterranea in Cina è perseguitata. Stessa sorte è riservata agli aderenti della setta religiosa Falun Gong. La Falun Dafa o anche Falun Gong è un movimento spirituale cinese, fondato nel 1992 da Li Hongzhi, che gode di un vasto consenso popolare. Per il governo rappresenta una minaccia alla stabilità del paese. L'ostilità è dovuta alla popolarità che riceve e quindi al timore di trasformarsi in un movimento politico di massa. Molti organismi umanitari hanno denunciato la brutale campagna di repressione e persecuzione perpetrata nei confronti dei suoi praticanti. “Dal 1999 il movimento dei Falun Gong denuncia alla comunità internazionale le migliaia di esecuzioni capitali ed espianti di organi”. (Harry Wu in “Cina, traffici di morte. Il commercio degli organi dei condannati a morte). La Cina produce anche questo? Gli organi per i trapianti provengono dai condannati a morte? Alcuni beni di consumo, che forse troviamo anche nei nostri mercati, provengono dai Loagai, i campi di concentramento dove i prigionieri sono sottoposti al regime di rieducazione e lavoro forzato? Questa è l'altra faccia della medaglia ignorata dai media.

Un paese dove il sudore dei giochi si è mescolato col sangue di un popolo che ha chiesto la libertà per il “Tetto del Mondo”. Un totalitarismo insensibile al grido di dolore delle “Madres di Plaza Tianamen” e che controlla le nascite prevedendo la sterilizzazione delle donne, gli aborti forzati o l’acquisto al diritto ad un altro figlio. A questa autocrazia silenziosa e senza scrupoli dovremmo aprirci? A un paese che punta una rivoltella alla nuca di un condannato e poi va a finire che commercializza un suo rene? Di questo “made in china” abbiamo bisogno? Forse ne possiamo fare a meno, perché il nostro cuore non è commercializzabile. ☺

 pinobruno@yahoo.it

 

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