mafia e partiti  di Franco Novelli
27 Aprile 2012 Share

mafia e partiti di Franco Novelli

 

Il giorno dei funerali di Pio La Torre – Palermo, 1 maggio 1982 – è anche la data che segna l’arrivo nel capoluogo siciliano del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Questi è reduce da una lunga esperienza che lo ha visto impegnato prima nel contrasto alla mafia nella stessa Palermo, nelle vesti di capitano dei carabinieri, e poi da generale avversario acre delle Brigate Rosse che contribuisce con il suo operato a sconfiggere in maniera definitiva. Pensiamo solo per un momento alle confessioni del pentito Patrizio Peci che hanno consentito allo Stato di smantellare, praticamente in maniera definitiva, la vecchia storica struttura armata delle Brigate Rosse. Dalla Chiesa  giunge a Palermo nel 1982, insediandosi in un palazzo, tra i più antichi  – palazzo Whitacher -, che si trova in una città non più incantevole, come un tempo, così come descritta da scrittori quali De Roberto e Consolo. Così la descrivono nel 1876 due parlamentari, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, nella loro “Inchiesta privata sulla Sicilia”: La città, colla bellezza delle vie principali, l’aspetto monumentale dei palazzi, l’illuminazione notturna (…) presenta le apparenze del centro di un paese ricco e industrioso (…) Ogni palmo di terreno è irrigato, ogni albero è curato (…) Incanto di uomini e cose, ma se il viaggiatore si trattiene sente poco a poco tutto mutarglisi intorno (…) tutto quel profumo di fiori d’arancio e di limone principia a sapere di cadavere (…) La classe abbiente mostra una pazienza così mansueta di fronte a un’accozzaglia di malfattori volgari. (…) Il sostantivo mafia ha trovato pronta una classe di violenti e facinorosi che non aspettava altro che  un sostantivo che la indicasse (…) l’industria della violenza è perlopiù in mano a persone della classe media (…) il capomafia fa in questa industria la figura del capitalista, dell’impresario e del direttore.

In queste ultime espressioni è strutturata tutta la natura specifica dell’organizza- zione mafiosa siciliana, che si è letteralmente sostituita allo Stato, svolgendo compiti  specifici dello Stato stesso. Pertanto, sulla base degli obiettivi ministeriali e politici, era proprio un personaggio come Dalla Chiesa l’uomo adatto a poter far vacillare una organizzazione criminale e verticistica come quella mafiosa, strutturata secondo parametri squisitamente militari. Ma cosa succede, quando il generale Dalla Chiesa assume le responsabilità istituzionali proprie di un prefetto? È il figlio, Nando Dalla Chiesa, presidente onorario di Libera a denunciare all’opinione pubblica, all’indomani dell’assassinio del padre, in una intervista rilasciata al giornalista Giorgio Bocca, una situazione pericolosa nella quale si viene a trovare il padre: (…) Che cosa penso dell’assassinio di mio padre? Penso che sia stato un delitto politico (…). Né a me né ad altri della mia famiglia interessa sapere chi sono stati i killer, se venuti da Catania o da Bagheria o da New York. Interessa che siano individuati e puniti i mandanti che, a mio avviso, vanno ricercati nella democrazia cristiana siciliana (…).

Nell’intervista a Bocca Nando Dalla Chiesa vuole sottolineare che suo padre era stato ucciso perché era stato il primo prefetto della repubblica a dichiarare in pubblico, durante la commemorazione del colonnello Giuseppe Russo – ucciso dalla mafia il 1974, – che la colpa del delitto era della mafia e che la mafia era una realtà malavitoso-politica (…) Durante la lotta al terrorismo mio padre era stato abituato ad avere le spalle coperte, ad avere dietro di sé tutti i partiti dell’arco costituzionale, democrazia cristiana in testa. Questa volta appena arrivato a Palermo capì, sentì che una parte della democrazia cristiana non solo non lo copriva ma gli era contro.

Ecco, dunque, disegnato il profilo del “terzo livello”, non quello indicato da Giovanni Falcone, per il quale con questo sintagma si intendono i delitti che sono mirati alla salvaguardia del sistema mafioso in genere – pensiamo agli omicidi di uomini politici o di rappresentanti delle pubbliche istituzioni – ma quello che oggi vuole suggerire un vertice politico-finanziario, una specie di supercupola, costituita da politici, finanzieri, esponenti della massoneria, uomini dei servizi segreti, etc., una supercupola che sarebbe superiore, limitando sensibilmente il potere della cupola stessa, ossia dell’organo direttivo di Cosa Nostra.

Così il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo vengono uccisi il 3 settembre 1982 per le stesse ragioni che avevano determinato la morte di Pio La Torre, e prima di lui di Gaetano Costa e Cesare Terranova: il prefetto di Palermo sa(peva) perfettamente che l’organizzazione Cosa Nostra si appoggia, si innerva sinergicamente con spezzoni di classe politica istituzionale e con settori spregiudicati della finanza nazionale e internazionale, nonché con segmenti ambigui e ondivaghi di massoneria. E così mentre in Sicilia (ed altrove, per esempio sotto i ponti di Londra!) si muore, il paese è distratto e in Parlamento si pensa ad altro…

A Palermo, il giorno dei funerali del generale Dalla Chiesa, il cardinale Pappalardo nel corso di una forte omelia pronuncia in forma drammatica la frase di un grande storico romano Dum Romae loquitur, Saguntum diruitur (Mentre a Roma si discute, Sagunto viene distrutta).

Infatti, il 12 giugno nello stadio Bernabeu di Madrid il centrocampista Marco Tardelli segna il goal decisivo per la vittoria della nazionale italiana di calcio nella Coppa del mondo; il 18 giugno, a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri viene ritrovato un corpo penzolante, che è quello del “banchiere di Dio”, cioè di Roberto Calvi.

Ma questa è un’altra storia che probabilmente sarà fatta oggetto di analisi, di riflessioni  e di memoria in un’altra circostanza…☺

bar.novelli@micso.net

 

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