Siamo proprio messi male in questo momento – del resto, dobbiamo riconoscere che la graduale perdita di tensioni civili in Italia già dura da 20 anni circa, dalla cosiddetta “fase craxiana” della politica -, in quanto ci sembra che una parte cospicua della società civile e l’intera classe dirigente del nostro Paese abbiano perso la bussola degli orientamenti civili, culturali ed etici anche.
Da un lato, abbiamo un ceto dirigente e politico che non ha più il senso dello Stato, come “comunità” civile che può riconoscere alcuni fondamentali elementi di condivisione – per esempio, il benessere economico equamente distribuito; la solidarietà fra le classi sociali; la difesa della legalità costituzionale come espressione di giustizia sociale e di corresponsabilità; l’attenzione civile e rispettosa di ogni dialettica antagonistica; il principio dell’integrazione o della pluriculturalità; un welfare state necessariamente solidale; la difesa strenua ed accanita dei cosiddetti beni comuni, etc. Dall’altro, purtroppo, c’è un’ampia percentuale di popolazione che ha come riferimento l’arricchimento veloce, l’ascesa sociale a qualunque costo, la corruzione diffusa, espressione dello scadimento civile e dello arretramento democratico di un’intera nazione, ed oggi anche di quasi tutta la comunità europea.
I conti noi, segmento limitato ma consapevole, di una società civile che ama ancora la democrazia come partecipazione diffusa e coerente, li dobbiamo fare soprattutto con quella massa enorme – maggioritaria – di persone che fa della xenofobia, del razzismo, dell’egoismo nazionalistico l’arma con la quale difendere l’indifendibile, ossia l’interruzione del cammino progressivo della Storia, che dovrebbe sospendere il suo percorso graduale e fissare nel tempo e nello spazio quei sentimenti, oggi molto diffusi, quali l’egoismo, la difesa irrazionale del proprio orticello, il proprio territorio, e negare alla Storia la sua stessa evoluzione, il necessario germoglio delle condizioni che assicurano lo svolgimento naturale delle vicende individuali e collettive, prefigurazione di un mondo fondato sulla condivisione dei destini comuni. Le attuali “fughe” dai paesi che sono in guerra o che vivono la crisi economica in forme drammatiche e disumane stanno facendo vedere a tutto l’Occidente egoista, razzista, difensore ad oltranza delle proprie “magnifiche sorti e progressive”, che non si possono negare alle popolazioni meno fortunate economicamente e meno sviluppate democraticamente le speranze che esse nutrono circa la soluzione delle diseguaglianze che alimentano la povertà collettiva e sanciscono l’annullamento di ogni regola democratica del vivere civile.
Ma a cosa assistiamo? Osserviamo con sgomento quasi paralizzato al disprezzo istituzionale della vita e del destino di un intero popolo, ai respingimenti nel nostro Mediterraneo, alla negazione di ogni valore della vita delle persone, considerate peggio che schiavi, animali. Le barche che affondano nel Mar Mediterraneo con il loro carico di “sogni e speranze” sono la metafora amara della sconcezza e della volgarità del nostro paese, fatto precipitare nel medio evo da un insieme di forze partitiche e padronali consapevolmente xenofobe ed impaurite da queste immigrazioni di massa che rappresentano soltanto il primo stadio di una trasmigrazione prospetticamente epocale ed amara nello stesso tempo.
Di questa realtà di sofferenze e di umiliazioni, presente anche in Molise nel campo – a Campochiaro – allestito per i giovani tunisini -, noi molisani, spettatori sgomenti ed increduli, ci vergogniamo. Le immagini di giovani costretti a muoversi in fila indiana, col capo chino, obbligati a consegnare le cinte dei pantaloni e i lacci delle scarpe, ad aspettare sul molo di Lampedusa per giorni e settimane come animali all’addiaccio, fanno male alla coscienza civile e alla cultura del nostro Paese, ridotto in schiavitù culturale e civile dalla diffusa propaganda massmediatica di questi decenni. Il razzismo peggiore che noi potessimo immaginare è stato innescato con il consenso di amplissimi settori della società civile italiana ed europea.
Quando si è governati da forze politiche che fanno della xenofobia, dell’ egoismo etnico il loro vangelo, vuole dire che tale programma è condiviso anche da parti consistenti della società civile; e, guardandone la composizione vi scopriamo il ceto abbiente (anche dirigente) e larghi settori che si stanno impoverendo a causa della crisi economica determinata dai colossi bancari.
I diritti sono calpestati dagli interessi egoistici del ceto imprenditoriale e dal capitalismo globalizzato; ci sono oggi soltanto i doveri per i cittadini, quelli di stare zitti, di accettare la verticale diminuzione dei diritti acquisiti in cambio di un lavoro precario, sottopagato e sottoposto al ricatto padronale; di condividere le politiche neo-conservatrici del governo e dei suoi scagnozzi, di credere di poter modificare la propria vita grama con il sogno delle vincite delle lotterie; è questo il sogno che la classe dirigente impone ai non abbienti, ossia di salire sulle nuvole appoggiando ad esse le scale calviniane delle illusioni e delle povertà culturali.
È questa degradazione civile determinata dall’impoverimento collettivo che ci dà ancora l’energia di andare avanti e di presupporre che un mondo diverso è realizzabile in tempi più brevi di quanto noi oggi supponiamo. ☺
bar.novelli@micso.net
Siamo proprio messi male in questo momento – del resto, dobbiamo riconoscere che la graduale perdita di tensioni civili in Italia già dura da 20 anni circa, dalla cosiddetta “fase craxiana” della politica -, in quanto ci sembra che una parte cospicua della società civile e l’intera classe dirigente del nostro Paese abbiano perso la bussola degli orientamenti civili, culturali ed etici anche.
Da un lato, abbiamo un ceto dirigente e politico che non ha più il senso dello Stato, come “comunità” civile che può riconoscere alcuni fondamentali elementi di condivisione – per esempio, il benessere economico equamente distribuito; la solidarietà fra le classi sociali; la difesa della legalità costituzionale come espressione di giustizia sociale e di corresponsabilità; l’attenzione civile e rispettosa di ogni dialettica antagonistica; il principio dell’integrazione o della pluriculturalità; un welfare state necessariamente solidale; la difesa strenua ed accanita dei cosiddetti beni comuni, etc. Dall’altro, purtroppo, c’è un’ampia percentuale di popolazione che ha come riferimento l’arricchimento veloce, l’ascesa sociale a qualunque costo, la corruzione diffusa, espressione dello scadimento civile e dello arretramento democratico di un’intera nazione, ed oggi anche di quasi tutta la comunità europea.
I conti noi, segmento limitato ma consapevole, di una società civile che ama ancora la democrazia come partecipazione diffusa e coerente, li dobbiamo fare soprattutto con quella massa enorme – maggioritaria – di persone che fa della xenofobia, del razzismo, dell’egoismo nazionalistico l’arma con la quale difendere l’indifendibile, ossia l’interruzione del cammino progressivo della Storia, che dovrebbe sospendere il suo percorso graduale e fissare nel tempo e nello spazio quei sentimenti, oggi molto diffusi, quali l’egoismo, la difesa irrazionale del proprio orticello, il proprio territorio, e negare alla Storia la sua stessa evoluzione, il necessario germoglio delle condizioni che assicurano lo svolgimento naturale delle vicende individuali e collettive, prefigurazione di un mondo fondato sulla condivisione dei destini comuni. Le attuali “fughe” dai paesi che sono in guerra o che vivono la crisi economica in forme drammatiche e disumane stanno facendo vedere a tutto l’Occidente egoista, razzista, difensore ad oltranza delle proprie “magnifiche sorti e progressive”, che non si possono negare alle popolazioni meno fortunate economicamente e meno sviluppate democraticamente le speranze che esse nutrono circa la soluzione delle diseguaglianze che alimentano la povertà collettiva e sanciscono l’annullamento di ogni regola democratica del vivere civile.
Ma a cosa assistiamo? Osserviamo con sgomento quasi paralizzato al disprezzo istituzionale della vita e del destino di un intero popolo, ai respingimenti nel nostro Mediterraneo, alla negazione di ogni valore della vita delle persone, considerate peggio che schiavi, animali. Le barche che affondano nel Mar Mediterraneo con il loro carico di “sogni e speranze” sono la metafora amara della sconcezza e della volgarità del nostro paese, fatto precipitare nel medio evo da un insieme di forze partitiche e padronali consapevolmente xenofobe ed impaurite da queste immigrazioni di massa che rappresentano soltanto il primo stadio di una trasmigrazione prospetticamente epocale ed amara nello stesso tempo.
Di questa realtà di sofferenze e di umiliazioni, presente anche in Molise nel campo – a Campochiaro – allestito per i giovani tunisini -, noi molisani, spettatori sgomenti ed increduli, ci vergogniamo. Le immagini di giovani costretti a muoversi in fila indiana, col capo chino, obbligati a consegnare le cinte dei pantaloni e i lacci delle scarpe, ad aspettare sul molo di Lampedusa per giorni e settimane come animali all’addiaccio, fanno male alla coscienza civile e alla cultura del nostro Paese, ridotto in schiavitù culturale e civile dalla diffusa propaganda massmediatica di questi decenni. Il razzismo peggiore che noi potessimo immaginare è stato innescato con il consenso di amplissimi settori della società civile italiana ed europea.
Quando si è governati da forze politiche che fanno della xenofobia, dell’ egoismo etnico il loro vangelo, vuole dire che tale programma è condiviso anche da parti consistenti della società civile; e, guardandone la composizione vi scopriamo il ceto abbiente (anche dirigente) e larghi settori che si stanno impoverendo a causa della crisi economica determinata dai colossi bancari.
I diritti sono calpestati dagli interessi egoistici del ceto imprenditoriale e dal capitalismo globalizzato; ci sono oggi soltanto i doveri per i cittadini, quelli di stare zitti, di accettare la verticale diminuzione dei diritti acquisiti in cambio di un lavoro precario, sottopagato e sottoposto al ricatto padronale; di condividere le politiche neo-conservatrici del governo e dei suoi scagnozzi, di credere di poter modificare la propria vita grama con il sogno delle vincite delle lotterie; è questo il sogno che la classe dirigente impone ai non abbienti, ossia di salire sulle nuvole appoggiando ad esse le scale calviniane delle illusioni e delle povertà culturali.
È questa degradazione civile determinata dall’impoverimento collettivo che ci dà ancora l’energia di andare avanti e di presupporre che un mondo diverso è realizzabile in tempi più brevi di quanto noi oggi supponiamo. ☺
Siamo proprio messi male in questo momento – del resto, dobbiamo riconoscere che la graduale perdita di tensioni civili in Italia già dura da 20 anni circa, dalla cosiddetta “fase craxiana” della politica -, in quanto ci sembra che una parte cospicua della società civile e l’intera classe dirigente del nostro Paese abbiano perso la bussola degli orientamenti civili, culturali ed etici anche.
Da un lato, abbiamo un ceto dirigente e politico che non ha più il senso dello Stato, come “comunità” civile che può riconoscere alcuni fondamentali elementi di condivisione – per esempio, il benessere economico equamente distribuito; la solidarietà fra le classi sociali; la difesa della legalità costituzionale come espressione di giustizia sociale e di corresponsabilità; l’attenzione civile e rispettosa di ogni dialettica antagonistica; il principio dell’integrazione o della pluriculturalità; un welfare state necessariamente solidale; la difesa strenua ed accanita dei cosiddetti beni comuni, etc. Dall’altro, purtroppo, c’è un’ampia percentuale di popolazione che ha come riferimento l’arricchimento veloce, l’ascesa sociale a qualunque costo, la corruzione diffusa, espressione dello scadimento civile e dello arretramento democratico di un’intera nazione, ed oggi anche di quasi tutta la comunità europea.
I conti noi, segmento limitato ma consapevole, di una società civile che ama ancora la democrazia come partecipazione diffusa e coerente, li dobbiamo fare soprattutto con quella massa enorme – maggioritaria – di persone che fa della xenofobia, del razzismo, dell’egoismo nazionalistico l’arma con la quale difendere l’indifendibile, ossia l’interruzione del cammino progressivo della Storia, che dovrebbe sospendere il suo percorso graduale e fissare nel tempo e nello spazio quei sentimenti, oggi molto diffusi, quali l’egoismo, la difesa irrazionale del proprio orticello, il proprio territorio, e negare alla Storia la sua stessa evoluzione, il necessario germoglio delle condizioni che assicurano lo svolgimento naturale delle vicende individuali e collettive, prefigurazione di un mondo fondato sulla condivisione dei destini comuni. Le attuali “fughe” dai paesi che sono in guerra o che vivono la crisi economica in forme drammatiche e disumane stanno facendo vedere a tutto l’Occidente egoista, razzista, difensore ad oltranza delle proprie “magnifiche sorti e progressive”, che non si possono negare alle popolazioni meno fortunate economicamente e meno sviluppate democraticamente le speranze che esse nutrono circa la soluzione delle diseguaglianze che alimentano la povertà collettiva e sanciscono l’annullamento di ogni regola democratica del vivere civile.
Ma a cosa assistiamo? Osserviamo con sgomento quasi paralizzato al disprezzo istituzionale della vita e del destino di un intero popolo, ai respingimenti nel nostro Mediterraneo, alla negazione di ogni valore della vita delle persone, considerate peggio che schiavi, animali. Le barche che affondano nel Mar Mediterraneo con il loro carico di “sogni e speranze” sono la metafora amara della sconcezza e della volgarità del nostro paese, fatto precipitare nel medio evo da un insieme di forze partitiche e padronali consapevolmente xenofobe ed impaurite da queste immigrazioni di massa che rappresentano soltanto il primo stadio di una trasmigrazione prospetticamente epocale ed amara nello stesso tempo.
Di questa realtà di sofferenze e di umiliazioni, presente anche in Molise nel campo – a Campochiaro – allestito per i giovani tunisini -, noi molisani, spettatori sgomenti ed increduli, ci vergogniamo. Le immagini di giovani costretti a muoversi in fila indiana, col capo chino, obbligati a consegnare le cinte dei pantaloni e i lacci delle scarpe, ad aspettare sul molo di Lampedusa per giorni e settimane come animali all’addiaccio, fanno male alla coscienza civile e alla cultura del nostro Paese, ridotto in schiavitù culturale e civile dalla diffusa propaganda massmediatica di questi decenni. Il razzismo peggiore che noi potessimo immaginare è stato innescato con il consenso di amplissimi settori della società civile italiana ed europea.
Quando si è governati da forze politiche che fanno della xenofobia, dell’ egoismo etnico il loro vangelo, vuole dire che tale programma è condiviso anche da parti consistenti della società civile; e, guardandone la composizione vi scopriamo il ceto abbiente (anche dirigente) e larghi settori che si stanno impoverendo a causa della crisi economica determinata dai colossi bancari.
I diritti sono calpestati dagli interessi egoistici del ceto imprenditoriale e dal capitalismo globalizzato; ci sono oggi soltanto i doveri per i cittadini, quelli di stare zitti, di accettare la verticale diminuzione dei diritti acquisiti in cambio di un lavoro precario, sottopagato e sottoposto al ricatto padronale; di condividere le politiche neo-conservatrici del governo e dei suoi scagnozzi, di credere di poter modificare la propria vita grama con il sogno delle vincite delle lotterie; è questo il sogno che la classe dirigente impone ai non abbienti, ossia di salire sulle nuvole appoggiando ad esse le scale calviniane delle illusioni e delle povertà culturali.
È questa degradazione civile determinata dall’impoverimento collettivo che ci dà ancora l’energia di andare avanti e di presupporre che un mondo diverso è realizzabile in tempi più brevi di quanto noi oggi supponiamo. ☺
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.