Nodi da sciogliere. Disabilità e vita indipendente in Molise
18 Giugno 2018
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Nodi da sciogliere. Disabilità e vita indipendente in Molise

Disabilità: le buone notizie

Sul fronte delle politiche sociali, la nuova legislatura regionale si è aperta con “due atti dovuti”: lo sblocco dei fondi della non autosufficienza (FNA 2017) ed il rimborso dei farmaci di fascia C per i soggetti affetti da malattie rare. Sono due boccate d’ossigeno per le famiglie molisane di persone con disabilità, che attendevano questi provvedimenti già dalla precedente legislatura.

Buona la legge per la vita indipendente. Ma i fondi?

I nodi da sciogliere però sono ancora tanti. A mero titolo di esempio, le persone con disabilità che hanno usufruito dei finanziamenti stanziati per gli interventi sulla vita indipendente aspettano ancora da anni i rimborsi, così pure coloro che hanno anticipato la quota del saldo dell’assistenza sulla base degli FNA 2015 e 2016.

La stessa legge 18/2010, avanguardia tutta molisana sugli interventi per la vita indipendente, è priva di fondi ormai dalla sua emanazione. Nessun governo regionale ha più pensato di finanziarla e gli effetti devastanti di questa non curanza si pesano in termini di perdita di autonomia e di lesione dei diritti delle persone con disabilità. La sperimentazione di una vita indipendente, attraverso la possibilità di assunzione di un assistente personale, è soprattutto la premessa necessaria anche per gli interventi sul dopo di noi, necessari quando la persona non avrà più la famiglia di origine a prestare cura ed assistenza.

Sono 900.000 gli euro che giacciono nelle casse regionali, destinati al dopo di noi, una cifra che dovrebbe rassicurare in parte le famiglie; in realtà, è lì giacente perché appare come una chimera irraggiungibile, in quanto il bando non è stato in grado di leggere i bisogni dei cittadini. Non si può infatti pensare al dopo di noi con soluzioni standard, e soprattutto non si può pensare al dopo di noi senza interventi concreti sul “durante noi”, primo tra tutti l’organizzazione della vita indipendente della persona con disabilità.

Il distacco graduale dal nucleo familiare

Del resto, la conquista dell’ indipendenza ed il distacco dal nucleo familiare di una qualsiasi persona normodotata avviene in maniera graduale. Basti pensare ai genitori che mandano i propri figli a studiare fuori sede; perché non dovrebbe essere lo stesso per le persone con disabilità? I genitori e la famiglia devono poter organizzare il distacco, affinché questo sia il più graduale possibile per tutte le parti coinvolte e perché possa avvenire con serenità e consapevolezza di aver raggiunto il migliore risultato possibile, in termini di cura, assistenza ed autodeterminazione della persona. Se non si comprende che questo è l’obiettivo del dopo di noi, non si potrà andare molto lontano.

Le ricadute occupazionali dell’assistenza e le difficoltà d’inserimento lavorativo dei disabili

Non è poi da trascurare l’effetto che il rifinanziamento della legge sulla vita indipendente avrebbe sui livelli occupazionali. La persona con disabilità che necessita di un assistente personale è anche un creatore di lavoro, per le sue necessità di assistenza e cura. Occorre iniziare una seria riflessione su questo, anche con riferimento agli interventi per la non autosufficienza. Ad esempio, un’ora di assistente personale specializzato costa in media 18-20 euro, in base ai contratti delle cooperative sociali. Se si pensa che con il Fondo per la non autosufficienza alla persona viene assegnato un contributo di € 480, è facile intuire che sarebbero coperte solamente 24 ore mensili, ossia meno di 6 ore a settimana. Una cifra irrisoria, per chi lavora e per chi beneficia del lavoro altrui. Non deve quindi stupire che gran parte del lavoro di assistenza alle persone con disabilità avvenga in nero.

Accanto a questo ci sono i numeri, drammatici, del collocamento lavorativo delle persone con disabilità intellettiva, fisica e psichica in Italia e nel Molise. Su di essi c’è la scure del pregiudizio e dell’assenza di politiche che aiutano verso un collocamento mirato e compatibile con le proprie condizioni personali. La legislazione nazionale, del resto, ha fatto ben poco, se non inasprire le sanzioni per chi non assume una persona con disabilità. Sarebbe troppo complicato ragionare in termini di incentivi?

Da questo punto di vista la legislazione regionale può fare molto. Conosce il proprio territorio, le proprie peculiarità produttive, e conosce le possibilità di impiego territoriali, per cui sarebbe possibile pensare a tirocini formativi pensati all’assunzione di persone con disabilità.

Speriamo di trovare nel nuovo governo regionale e nel nuovo assessorato alle politiche sociali degli interlocutori interessati a riflettere su queste importanti questioni.☺

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