opportunità mancata
16 Aprile 2010 Share

opportunità mancata

 

È tempo di andare oltre il metodo delle classiche audizioni. Sono maturati i tempi per procedere oltre il modello della governabilità ristretta nei tradizionali recinti dei partiti e degli apparati istituzionali.

La “governance” attuale richiede un maggiore coinvolgimento dei cittadini, singoli e associati, nella programmazione degli interventi, soprattutto nel campo delle politiche sociali.

Nella proposta contenuta nel DPEF (programmazione regionale) della regione Molise a tale tema è dedicato uno  spazio piuttosto sobrio, contenuto nel cap. III al par. a. 4 nelle pagg. 39-40. Al loro interno non si coglie una delle novità normative scaturite dalla 328/2000 e dalla riforma dell’art. 118 della Costituzione; per cui quando si parla di “costante dialogo e… di una sostanziale condivisione da parte degli attori locali“ non si fa alcun cenno alle altre organizzazioni sociali che, nelle normative citate, costituiscono parte interattiva permanente con le istituzioni ad ogni livello territoriale.

Malgrado i principi codificati nelle citate normative in termini di sussidiarietà, non sono  stati fatti grandi passi in avanti nel dare spazio al terzo settore (TS) nei compiti di interlocuzione e di coprogettazione con le istituzioni nel campo del sociale. Una indagine recente rileva come, proprio in tema di sussidiarietà, le regioni hanno recepito le direttive nazionali, ma meno del 10% di esse ha coinvolto il TS nella programmazione e nella definizione dei servizi.

In un rapporto di questi giorni del CENSIS, il presidente Giuseppe De Rita denuncia una diffusa situazione di “mucillaggine, una realtà sociale che diventa ogni giorno una poltiglia di massa”,  in cui versa il paese Italia e, a rimedio, individua anche la forza propositiva e il peso di responsabilità che possono rivestire alcuni soggetti, tra questi l’associazioni- smo in genere e, con maggiore forza, le organizzazioni che operano nel campo e con riferimento ai valori di cooperazione e solidarietà che svolgono un ruolo di peso sulla qualità della vita, come pure dell’assunzione di impegno e responsabilità propositiva orientata al bene comune.

La politica non può continuare nella logica delle audizioni e delle consulte…, ma deve recuperare la distanza dai cittadini, coinvolgendoli nel monitoraggio dei bisogni e delle risorse umane, come pure nella ricerca delle soluzioni ai problemi della comunità.

Il Terzo Settore contribuisce al bene comune spingendo “da sotto”, non “da sopra”: ed è questa la sussidiarietà attuata secondo una logica di non invadenza nello spazio della politica, ma di una strategia di integrazione, nel rispetto dei ruoli. In questo anche noi dell’associazio- nismo della solidarietà, della promozione sociale e dell’impresa sociale, abbiamo bisogno di uscire dalle nicchie e dalla cultura di clientela, per convergere su obiettivi mirati a fare network  e compartecipazione per gli interessi di tutti. Tuttavia segnali anticipatori di una nuova stagione vanno emergendo in alcuni contesti regionali.

Tale questione è stata già sollevata dal Forum del TS del Molise, in coerenza con quanto sta avvenendo da qualche anno in tutta Italia, perché la regione riconosca il ruolo delle organizzazioni che operano nel sociale e lo valorizzi anche in fase di programmazione. Qualche risultato di carattere sperimentale lo si va cogliendo in alcune regioni, diverse sia per  collocazione geografica che per orientamento politico. Tra queste la Lombardia, il Veneto, l’Emilia-Romagna, l’Umbria e la Toscana…

Non è un caso, per esemplificare, che in Umbria, ma anche nelle Marche, è in atto un esperimento di investimento sulla partecipazione per costruire un nuovo stato sociale. Si tratta di una “buona prassi”, da avviare nel 2008, attraverso la quale l’assessorato alle politiche sociali ed i rappresentanti degli organismi di TS concertano in temi di  indagine sulle povertà, lo standard dei servizi e la qualità degli interventi, per giungere addirittura a definire il piano tariffario e la regolamentazione delle gare di affidamento dei servizi. Siamo oltre, decisamente, le prassi dell’ “audizione”.

Il DPEF della regione Molise si muove in una linea innovativa sotto molti aspetti, ma lascia scoperte ancora le risposte a istanze di metodo compartecipato che salgono dalla società. Per cui quando si parla di lavoro non c’è alcun risalto per quel che riguarda la cooperazione che, per altro, in Italia rappresenta il 3% del PIL. Ed è diffusamente presente in Molise. A tal proposito, maggiore spazio dovrebbe esserle assegnato in quei capitoli che riguardano le opportunità lavorative legate al turismo, alla cura e alla valorizzazione dei siti archeologici e paesaggistici, come pure alla valorizzazione dei prodotti dell’agri- coltura, anche in campo internazionale. In questo occorrerebbe assegnare maggiori opportunità in termini di creazioni di filiere e di sviluppo di capacità manageriali e gestionali dell’impresa sociale; nonché nel reperimento di fondi da assegnare a coloro, giovani soprattutto, che vogliono impegnare le loro risorse umane in tali ambiti. Occorre allora assegnare la dovuta attenzione per ridurre il fenomeno in crescita della fuga dei cervelli.

A proposito della famiglia, il DPEF dedica uno spazio apprezzabile al capitolo che è di forte attualità nel nostro paese e al quale è stato anche riservato un congruo risalto nell’ambito delle strutture dello Stato. Il documento della regione, però, andrebbe più ampiamente articolato se si facesse ricorso al metodo di coinvolgimento e di valorizzazione dell’apporto dei soggetti che, anche da noi, gestiscono servizi, facendo anche da supplenza alle carenze delle istituzioni.

Volendo esemplificare, a proposito dei “voucher”, di cui si parla nel paragrafo sulla Famiglia, la Persona, la Sicurezza, all’interno del cap. III, occorre andare oltre la logica corrente che non fa procedere all’assegnazione delle quote senza aver operato il dovuto adeguamento delle stesse al reddito familiare. Non solo, ma, come legiferato nella regione Veneto, al voucher andrebbe anche affiancato un Fondo Regionale Integrativo, come previsto nel modello del ministro Bindi, con un sistema misto tra assistenza domiciliare e servizi sociosanitari per la disabilità e la non autosufficienza, applicabile soprattutto alla terza età nei piccoli comuni.

Per il Molise rappresenta una diffusa emergenza. Tale strumento renderebbe il servizio più corrispondente alla diversità dei bisogni di malati segnati da forme di non autosufficienza molto diversificate e quindi non sostenibili con modelli di servizi standardizzati. Nella regione Toscana l’adozione di tali opportunità ha messo in atto una serie di iniziative rivolte alla soluzione del grave problema delle liste di attesa che avranno la loro prima verifica nel corso dell’anno venturo.

Nel documento si preannuncia la stesura di una legge quadro sulla famiglia. Il Forum del TS del Molise auspica che nelle procedure volte alla definizione degli interventi da programmare siano previsti tavoli di concertazione con i rappresentanti di tutti i soggetti che operano all’interno di questo complesso universo, così come già avviene in ambito nazionale con il coinvolgimento del Consiglio Regionale, dell’ANCI, dei Sindacati, dell’IMPS e INPDAP, Confindustria, Associazioni dei Consumatori e Terzo Settore. Di tale strategia si fa cenno alla pag. 30.

Infine un auspicio da parte di tutto l’associazionismo di Terzo Settore che ritiene di rappresentare una diffusa richiesta da parte dei cittadini molisani. È tempo che la regione Molise ridefinisca la propria identità, come contenuto nel par. 3.6 del DPEF, dopo aver accolto le richieste di modifiche a più riprese presentate dalla società civile e dal Forum sul tema della partecipazione, anche nella recente e lodevole “convention” sulle Riforme Istituzionali nel Molise del luglio scorso. Il Forum del Molise dichiara la piena disponibilità a proseguire nella linea dialogica già in atto e per la quale si è adoperato fin dalla sua nascita. ☺

le.leone@tiscali.it

 

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