Persone come merci
4 Aprile 2024
laFonteTV (3191 articles)
Share

Persone come merci

Il tragico naufragio di Steccato di Cutro, con l’elevato numero di vittime, è giunto al suo primo anniversario lo scorso febbraio: una pagina triste della nostra storia recente che ripropone la drammatica vicenda di uomini e donne, e purtroppo minori, persone migranti.
Non si dovrebbe mai smettere di tenere alta l’attenzione su questo tema che investe il nostro tempo, né rinunciare a parlarne – e a scriverne: le migrazioni interessano direttamente la società globalizzata, e ancor più le spaventose azioni di guerra cui stiamo assistendo negli ultimi tempi acuiscono il dramma di quanti sono costretti a lasciare i propri Paesi di origine, non soltanto alla ricerca di una vita più dignitosa per sé e per i familiari ma anche a causa di attacchi bellici e bombardamenti che distruggono abitazioni e luoghi rendendoli invivibili.
Ultimamente ha fatto il suo ingresso nel lessico delle migrazioni un vocabolo ‘nuovo’, vale a dire estraneo allo stretto campo semantico: cerchiamo di comprendere come e perché.
In un suo articolo dello scorso novembre, Tomaso Montanari faceva notare che in diversi comuni montani della Toscana risultavano distrutti gli archivi storici a seguito della recente alluvione: “come è possibile – si chiedeva – che un archivio di una cittadina di montagna venga raggiunto da un’alluvione della piana?”. La questione riguardava la documentazione, ovviamente cartacea, la ‘memoria storica’ dei comuni che era stata affidata ad una società privata la quale aveva prelevato i materiali dalla loro sede abituale (nel caso in esame la frazione di San Marcello Pistoiese) per accoglierli in una sede in pianura, insieme a quelli di altri piccoli comuni. Il caso ha voluto che la sede scelta per la conservazione dei preziosi materiali fosse seriamente a rischio in concomitanza della recente inondazione verificatasi in alcune zone della Toscana. Nella convinzione di migliorare e/o di modernizzare è stato fatto torto a quella memoria. “Lo spazio vale denaro: e i comuni (ormai privi di archivisti e soprattutto di uno straccio di coscienza culturale di sé stessi) lo liberano da tutta quella carta vecchia”.
L’operazione effettuata è denominata, in inglese, outsourcing [pronuncia: autsorsing] che in italiano si traduce con ‘esternalizzazione’. Il termine inglese, che in realtà è un verbo, è composto dal sostantivo source [pronuncia: sors] – sorgente, fonte – e l’avverbio out [pronuncia: aut] che significa ‘fuori’. In realtà si tratta della prassi – diffusa in diverse aziende – di prendere in affitto un’area all’esterno per effettuare servizi o creare prodotti, svolgere quindi in una sede diversa – e quasi sempre molto distante – quelle attività che precedentemente erano eseguite all’interno, e dal personale in servizio. Tale pratica ha esclusivamente l’obiettivo di ridurre i costi di produzione e di manodopera.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito sempre più a questo fenomeno: fabbriche che chiudono i battenti in un luogo per trasferire la propria sede lavorativa in un altro Paese, guarda caso una nazione nella quale il costo della vita, e del lavoro, è più basso ed i dipendenti possono essere pagati con stipendi inferiori a quelli che avrebbero percepito ‘in patria’! Ciò implica purtroppo il licenziamento dei dipendenti della sede primaria, con le comprensibili conseguenze, di cui purtroppo si riempiono le cronache quotidiane, di aumento della disoccupazione e difficoltà di reinserimento nel mondo lavorativo da parte dei meno giovani.
È la legge del mercato (ahinoi!) che impera e travolge l’assetto della società: non più rispetto dei diritti delle persone che lavorano bensì attenzione al risparmio per inseguire profitti in continuo incremento. Assuefatti ormai a tali condotte in campo ‘industriale’, l’ outsourcing si è ripresentata recentemente nella vicenda dei migranti.
Un primo segnale è stato offerto dal Regno Unito il cui primo ministro si è prodigato per l’ esternalizzazione dei migranti ‘clandestini’ in Rwanda. Ancora non pienamente approvato, questo programma di outsourcing rispecchia le convinzioni eurocentriche – comuni a tutti i grandi Paesi dell’occidente – del popolo britannico e non soltanto del partito del Premier. In maniera analoga anche in Italia, con un accordo con la vicina Albania, è stata predisposta l’esternalizzazione dei migranti al fine di evitare il ‘sovraf- follamento’. Nell’Unione Europea le posizioni predominanti sembrano essere diventate quelle che invocano le ‘frontiere sigillate’ e la modifica del diritto europeo in materia di asilo; in pratica si intende creare un elenco di Paesi cosiddetti ‘terzi e sicuri’ dove chi chiede asilo in Europa potrebbe essere trasferito!
Persone come merci o reperti, una equazione che fa rabbrividire. Ci ammoniva Simone Weil nel saggio La prima radice (1943): “l’oggetto dell’obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l’essere umano in quanto tale. C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun’altra condizione abbia a intervenire: e persino quando non gli si riconoscesse alcun diritto … il progresso si misura su questo”.☺

laFonteTV

laFonteTV