La tanto discussa quanto incompresa crisi economica ha reso evidente tutta la drammatica fragilità del sistema di vita “occidentale”: competitività, mercato, individualismo minano ormai il tessuto sociale. Sperimentiamo nel vivere quotidiano la preoccupazione crescente per il costo dei beni di prima necessità, e perciò riscopriamo la parsimonia, dedicando maggiore attenzione al prezzo e alle offerte speciali e rinunciando, i più, al tradizionale regalo natalizio. Più che alba di un nuovo anno sembra il tramonto della civiltà dei consumi, che ci aveva abituati ad essere ghiotti clienti di un mercato sconfinato.
Ma occupiamoci delle parole!
Chi di noi ha avuto l’opportu- nità di acquistare un’automobile sa bene come il costo del veicolo dipenda dal numero di accessori che si intende comprare. Il prezzo è diverso se ci si accontenta di un’auto con componenti esclusivamente “di serie” oppure se si scelgono (e quindi si pagano) elementi cosiddetti optional [pronuncia: opscional].
Quest’ultimo termine, molto “abusato”, che noi abbiamo preso dall’inglese, possiede un suo corrispettivo italiano, ma la nostra preferenza va al vocabolo estero. Optional è un aggettivo, derivato dal sostantivo option [pronuncia: opscion], che traduce l’italiano “opzione”, qualcosa che si sceglie in un particolare momento o in una determinata situazione: il verbo “optare”, forma un po’ in disuso per indicare la scelta tra due alternative, è alla radice del termine.
La stranezza del nostro comportamento linguistico è che il vocabolo optional è di derivazione latina, come anche i termini italiani “opzione” e “optare”, tutti derivanti dal verbo latino opto. Inspiegabilmente poi, sul modello inglese optional, abbiamo in italiano l’aggettivo “opzionale” (anch’esso poco usato) con il significato di “facoltativo”. Il primato quindi spetterebbe alla nostra lingua, diretta discendente da quella latina.
A volte, come si suol dire, facciamo rientrare dalla finestra ciò che cacciamo via dalla porta!
Non vi sarebbe alcuna necessità di ricorrere al prestito linguistico anglofono: “opzione” e “opzionale” sono termini di tutto rispetto in italiano, semanticamente validi e comprensibili. Eppure ci appare così naturale dire optional!
Incomprensibile la cancellazione dal vocabolario quotidiano del termine italiano a vantaggio dell’inglese, e viene da chiedersi se vi siano ragioni valide, non solo dal punto di vista linguistico.
A mio parere il nostro “amore” per l’estero, probabilmente, ci ha condotti a questo comportamento; o, peggio ancora, un atteggiamento di servilismo culturale, l’inclinazione al predominio di un sistema – economico ovviamente – in cui tutto è merce, ogni cosa va acquistata, in ogni ambito le persone sono viste come potenziali compratori lusingati dalle offerte speciali e dall’attrattiva di un prezzo conveniente a fronte di numerosi optional.
È il mercato, nazionale e globale, che detta le regole, anche nei momenti di crisi. Secondo il premio Nobel Rita Levi-Montalcini lo sfrenato consumismo e il tanto ambito e universale desiderio di successo hanno portato il genere umano sull’orlo dell’autodistruzione. È urgente mettere in atto un radicale cambiamento del nostro modo di pensare e di agire su una visione del tutto nuova dei valori fondamentali concernenti l’etica del comportamento.
In quanto persone possiamo scegliere certamente – ed è un bene! Il comportamento degli esseri umani si fonda su scelte intenzionali consapevoli, scrive ancora Rita Levi-Montalcini, anche se ricorda quanto gli appartenenti alla specie umana siano altamente recettivi a messaggi visivi e uditivi! Come clienti possiamo valutare, possiamo esercitare la nostra libertà di acquirenti e consumatori e preferire tutti gli optional che soddisfano le nostre esigenze.
Anche se apparentemente tutto si può vendere o comprare, che ne è della nostra vita, dei nostri affetti, dei nostri princìpi? Può ogni cosa nel nostro tempo essere oggetto di mercato? C’è qualcosa che deve sfuggire alla logica della scelta, della preferenza, del gusto momentaneo?
I diritti delle persone possono essere considerati optional? ☺
dario.carlone@tiscali.it
Fine d’anno in tono dimesso.
La tanto discussa quanto incompresa crisi economica ha reso evidente tutta la drammatica fragilità del sistema di vita “occidentale”: competitività, mercato, individualismo minano ormai il tessuto sociale. Sperimentiamo nel vivere quotidiano la preoccupazione crescente per il costo dei beni di prima necessità, e perciò riscopriamo la parsimonia, dedicando maggiore attenzione al prezzo e alle offerte speciali e rinunciando, i più, al tradizionale regalo natalizio. Più che alba di un nuovo anno sembra il tramonto della civiltà dei consumi, che ci aveva abituati ad essere ghiotti clienti di un mercato sconfinato.
Ma occupiamoci delle parole!
Chi di noi ha avuto l’opportu- nità di acquistare un’automobile sa bene come il costo del veicolo dipenda dal numero di accessori che si intende comprare. Il prezzo è diverso se ci si accontenta di un’auto con componenti esclusivamente “di serie” oppure se si scelgono (e quindi si pagano) elementi cosiddetti optional [pronuncia: opscional].
Quest’ultimo termine, molto “abusato”, che noi abbiamo preso dall’inglese, possiede un suo corrispettivo italiano, ma la nostra preferenza va al vocabolo estero. Optional è un aggettivo, derivato dal sostantivo option [pronuncia: opscion], che traduce l’italiano “opzione”, qualcosa che si sceglie in un particolare momento o in una determinata situazione: il verbo “optare”, forma un po’ in disuso per indicare la scelta tra due alternative, è alla radice del termine.
La stranezza del nostro comportamento linguistico è che il vocabolo optional è di derivazione latina, come anche i termini italiani “opzione” e “optare”, tutti derivanti dal verbo latino opto. Inspiegabilmente poi, sul modello inglese optional, abbiamo in italiano l’aggettivo “opzionale” (anch’esso poco usato) con il significato di “facoltativo”. Il primato quindi spetterebbe alla nostra lingua, diretta discendente da quella latina.
A volte, come si suol dire, facciamo rientrare dalla finestra ciò che cacciamo via dalla porta!
Non vi sarebbe alcuna necessità di ricorrere al prestito linguistico anglofono: “opzione” e “opzionale” sono termini di tutto rispetto in italiano, semanticamente validi e comprensibili. Eppure ci appare così naturale dire optional!
Incomprensibile la cancellazione dal vocabolario quotidiano del termine italiano a vantaggio dell’inglese, e viene da chiedersi se vi siano ragioni valide, non solo dal punto di vista linguistico.
A mio parere il nostro “amore” per l’estero, probabilmente, ci ha condotti a questo comportamento; o, peggio ancora, un atteggiamento di servilismo culturale, l’inclinazione al predominio di un sistema – economico ovviamente – in cui tutto è merce, ogni cosa va acquistata, in ogni ambito le persone sono viste come potenziali compratori lusingati dalle offerte speciali e dall’attrattiva di un prezzo conveniente a fronte di numerosi optional.
È il mercato, nazionale e globale, che detta le regole, anche nei momenti di crisi. Secondo il premio Nobel Rita Levi-Montalcini lo sfrenato consumismo e il tanto ambito e universale desiderio di successo hanno portato il genere umano sull’orlo dell’autodistruzione. È urgente mettere in atto un radicale cambiamento del nostro modo di pensare e di agire su una visione del tutto nuova dei valori fondamentali concernenti l’etica del comportamento.
In quanto persone possiamo scegliere certamente – ed è un bene! Il comportamento degli esseri umani si fonda su scelte intenzionali consapevoli, scrive ancora Rita Levi-Montalcini, anche se ricorda quanto gli appartenenti alla specie umana siano altamente recettivi a messaggi visivi e uditivi! Come clienti possiamo valutare, possiamo esercitare la nostra libertà di acquirenti e consumatori e preferire tutti gli optional che soddisfano le nostre esigenze.
Anche se apparentemente tutto si può vendere o comprare, che ne è della nostra vita, dei nostri affetti, dei nostri princìpi? Può ogni cosa nel nostro tempo essere oggetto di mercato? C’è qualcosa che deve sfuggire alla logica della scelta, della preferenza, del gusto momentaneo?
I diritti delle persone possono essere considerati optional? ☺
La tanto discussa quanto incompresa crisi economica ha reso evidente tutta la drammatica fragilità del sistema di vita “occidentale”: competitività, mercato, individualismo minano ormai il tessuto sociale. Sperimentiamo nel vivere quotidiano la preoccupazione crescente per il costo dei beni di prima necessità, e perciò riscopriamo la parsimonia, dedicando maggiore attenzione al prezzo e alle offerte speciali e rinunciando, i più, al tradizionale regalo natalizio. Più che alba di un nuovo anno sembra il tramonto della civiltà dei consumi, che ci aveva abituati ad essere ghiotti clienti di un mercato sconfinato.
Ma occupiamoci delle parole!
Chi di noi ha avuto l’opportu- nità di acquistare un’automobile sa bene come il costo del veicolo dipenda dal numero di accessori che si intende comprare. Il prezzo è diverso se ci si accontenta di un’auto con componenti esclusivamente “di serie” oppure se si scelgono (e quindi si pagano) elementi cosiddetti optional [pronuncia: opscional].
Quest’ultimo termine, molto “abusato”, che noi abbiamo preso dall’inglese, possiede un suo corrispettivo italiano, ma la nostra preferenza va al vocabolo estero. Optional è un aggettivo, derivato dal sostantivo option [pronuncia: opscion], che traduce l’italiano “opzione”, qualcosa che si sceglie in un particolare momento o in una determinata situazione: il verbo “optare”, forma un po’ in disuso per indicare la scelta tra due alternative, è alla radice del termine.
La stranezza del nostro comportamento linguistico è che il vocabolo optional è di derivazione latina, come anche i termini italiani “opzione” e “optare”, tutti derivanti dal verbo latino opto. Inspiegabilmente poi, sul modello inglese optional, abbiamo in italiano l’aggettivo “opzionale” (anch’esso poco usato) con il significato di “facoltativo”. Il primato quindi spetterebbe alla nostra lingua, diretta discendente da quella latina.
A volte, come si suol dire, facciamo rientrare dalla finestra ciò che cacciamo via dalla porta!
Non vi sarebbe alcuna necessità di ricorrere al prestito linguistico anglofono: “opzione” e “opzionale” sono termini di tutto rispetto in italiano, semanticamente validi e comprensibili. Eppure ci appare così naturale dire optional!
Incomprensibile la cancellazione dal vocabolario quotidiano del termine italiano a vantaggio dell’inglese, e viene da chiedersi se vi siano ragioni valide, non solo dal punto di vista linguistico.
A mio parere il nostro “amore” per l’estero, probabilmente, ci ha condotti a questo comportamento; o, peggio ancora, un atteggiamento di servilismo culturale, l’inclinazione al predominio di un sistema – economico ovviamente – in cui tutto è merce, ogni cosa va acquistata, in ogni ambito le persone sono viste come potenziali compratori lusingati dalle offerte speciali e dall’attrattiva di un prezzo conveniente a fronte di numerosi optional.
È il mercato, nazionale e globale, che detta le regole, anche nei momenti di crisi. Secondo il premio Nobel Rita Levi-Montalcini lo sfrenato consumismo e il tanto ambito e universale desiderio di successo hanno portato il genere umano sull’orlo dell’autodistruzione. È urgente mettere in atto un radicale cambiamento del nostro modo di pensare e di agire su una visione del tutto nuova dei valori fondamentali concernenti l’etica del comportamento.
In quanto persone possiamo scegliere certamente – ed è un bene! Il comportamento degli esseri umani si fonda su scelte intenzionali consapevoli, scrive ancora Rita Levi-Montalcini, anche se ricorda quanto gli appartenenti alla specie umana siano altamente recettivi a messaggi visivi e uditivi! Come clienti possiamo valutare, possiamo esercitare la nostra libertà di acquirenti e consumatori e preferire tutti gli optional che soddisfano le nostre esigenze.
Anche se apparentemente tutto si può vendere o comprare, che ne è della nostra vita, dei nostri affetti, dei nostri princìpi? Può ogni cosa nel nostro tempo essere oggetto di mercato? C’è qualcosa che deve sfuggire alla logica della scelta, della preferenza, del gusto momentaneo?
I diritti delle persone possono essere considerati optional? ☺
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