Primavera della terra
26 Dicembre 2020
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Primavera della terra

…Tutto nel mondo è mutevole tempo./ Ed ecco, è già pallido,/ sepolcrale autunno,/ quando pur ieri imperava/ la rigogliosa quasi eterna estate. Vincenzo Cardarelli, sull’autunno.

Un autunno misconosciuto quello di Cardarelli, mentre nelle orecchie dalle scuole elementari a sempre ci suona familiare la parvenza gioiosa del San Martino di Carducci e negli occhi ci guizza intermittente la brace dei ceppi e lo sfondo di mare che biancheggia sotto un cielo di rossastre nubi.

Pure, a pensarci, anche la più celebre poesia di Carducci si conclude con la nota triste degli esuli pensieri, pensieri raminghi di nostalgia o chissà, che migrano sul far della sera come stormi di uccelli, uccelli neri però.

C’è che l’autunno è vario e cangiante di suo, nell’alternarsi di suoni rappresi e silenzi improvvisi, nella gamma di colori di cui si veste la natura, nei sentimenti che quest’ondeggiare acustico e cromatico suscita: è giallo-arancio, disteso, come l’allegria discreta, l’autunno; rosso sanguigno, pulsante, come la passione delle giornate sempre più brevi da consumare in fretta, consci del loro irreparabile perdersi; azzurro screziato di grigio e improvvisamente cinerino, rapsodico, quale l’irrazionale oscillare dell’animo umano dalla serenità all’inquietudine; è verde intenso, maestoso come la certezza, quando il cielo piove o quando il sole tenta di riscaldare l’acqua appena caduta; diviene poi verde languido, come la speranza illusa e il suo incedere singhiozzante; declina verso il bruno, fino a farsi nero, un soffio flebile di sofferenza che sfuma per gradi nella quiete totale: non morte, solo culla di una musica nuova, di una vita di là da venire, e che verrà, in un ciclo che tutto racchiude.

Stagione preziosa, l’autunno.

Lo ricorderemo quest’ autunno 2020, irto di difficoltà e disagi che mai abbiamo provato prima. Ma anche in queste circostanze amare l’autunno ricorre a noi col consueto incanto: osservare il paesaggio autunnale, percorrerlo adagio, assaporarne le atmosfere screziate di colori morbidi, gustare l’intimità che scaturisce finanche dalla nebbia, parlare con le foglie cadenti frustate dal vento, ascoltare la pace muta per ogni dove, solo interrotta qua e là da strane vocine nascoste e irregolari, è di gran conforto per l’animo, tanto più nel nostro Molise, che ancora offre intatti al camminatore attento tutti i volti e i ritmi dell’ autunno.

È un conforto, d’autunno, inoltrarsi nella campagna, che dai nostri paesi e dalle nostre città non dista mai troppo, e scrutarne il manto ora bruno ora argenteo, laddove l’ulivo svetta libero; è un conforto procedere nel bosco, le cui cime vantano tutte le varietà di giallo e marrone, e sentire il frombolare delle castagne e il puntuale ticchettio delle ghiande che cadono e che ai piedi delle querce distendono un tappeto scricchiolante; è un conforto il profumo della legna e quello della terra che si prepara a dormire e l’aria ora tiepida ora pungente; è un conforto il mezzo bicchiere di vino rosso come le infinite varietà di bacche nei rovi, buono per scaldarsi un poco e per accompagnare il sapore deciso della pizza gialla con la verdura.

L’autunno mutevole, l’autunno cal- do nel freddo, accogliente nella nudità, è non per caso il tempo dei defunti, della loro dolcissima memoria, che non è solo rimpianto, ma conquista di identità ed energia, perché è la memoria a dirci chi siamo e ad indicarci passo dopo passo il cammino da percorrere, la meta cui puntare.

Autunno, primavera della terra:/ serba l’albero il fuoco dei passati/ soli,/ come l’anima il caldo dei ricordi./ Autunno, tarda nostra primavera:/ tempo che sull’amara/ bocca dell’uomo/ spunta il fiore tremante del sorriso.

Lo scriveva Camillo Sbarbaro, e noi tutti ora siamo il suo uomo, con un fiore tremante di sorriso sulla bocca, decisi a ridargli vigore al sole di una nuova primavera.

A presto.☺

 

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