pro veltrusconi
21 Marzo 2010 Share

pro veltrusconi

 

Non sono assolutamente d’accordo sulle liste preconfezionate dalle segreterie dei partiti e sulla non possibilità di scegliere i candidati; lo sbarramento del 4%, sotto il quale non c’è rappresentanza parlamentare, invece, mi trova pienamente consenziente, questa volta, anche se con motivazioni opposte a quelle di Berlusconi e Veltroni. Loro non vogliono spine nel fianco, io auspico una sinistra forte, unita e compatta. Se in questo momento storico non si presenta così non serve a niente e a nessuno e ne faccio malvolentieri a meno.

Non mi ritrovo a sinistra perché folgorato da Marx, Lenin, Mao o altro pur interessante personaggio che tuttavia ci aiutano a leggere la realtà, ma unicamente per una “cattiva” frequentazione della Bibbia. È attraverso questo libro che ho incontrato il Dio che “abbatte i potenti dai troni”; che non è neutrale, ma sta dalla parte dell’orfano, della vedova e dello straniero (le tre categorie che nelle sacre scritture sono sinonimo del bisognoso); che ha risuscitato non un morto, ma una vittima dei poteri forti. Il Dio di Gesù Cristo mi porta a un impegno spregiudicato per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato (per dirla con una formula che ha visto impegnati in questi anni i cristiani delle varie denominazioni). Non è la sinistra in sé, dunque, che mi interessa, ma la difesa del povero (il termine proletariato ha ormai fatto il suo corso!), nel senso più ampio della parola: lavoratore, immigrato, donna, gay… e dell’habitat devastato da sciacalli senza scrupoli che osano ora chiedere l’aumento dei consumi per superare la crisi: come pretendere da chi sta affogando di continuare a ingoiare acqua.

Mentre la destra imperversa, Di Pietro fa il tribuno sull’onda emotiva e il partito democratico mostra tutte le crepe di una fusione mal riuscita, la sinistra non trova di meglio che continuare a riprodursi per scissioni. Basta che uno vada in televisione tre volte e si sente leader, referenziale di sé e un altro paio di compari per cui i distinguo diventano tali che bisogna mettersi in proprio.

Se la sonora sconfitta alla scorsa tornata elettorale per il rinnovo di Camera e Senato non ha insegnato loro nulla, perché troppi cialtroni continuano a vivere di rendita e di finanziamento pubblico dei partiti, che ben venga lo sbarramento del 4%. Teoricamente sono contrario perché le avanguardie sono indispensabili per indicare obiettivi e traguardi nuovi, ma oggi, con la deriva del partito democratico, non c’è una truppa che seguirà gli apripista e questa legge, allora, serve a chiudere le tante nicchie in cui i soliti noti si sono asserragliati. Quella che in altre circostanze sarebbe stata una vera iattura, può diventare una opportunità irripetibile, se solo qualcuno osa leggere i segni dei tempi. Non un cartello elettorale che lascerebbe intatte fazioni e spaccature ed è stato già bocciato, ma una nuova comunanza di intenti. Una sinistra, candidata a governare, che teme la soglia del 4% non ha ragione di essere. Ma se sparisce la sinistra chi si farà carico del povero?

Metto in piazza la mia malcelata rabbia, e credo quella di tanti altri, perché si torni, con volti nuovi, a privilegiare le esigenze degli ultimi, non quello del proprio aggregato, dire partito è troppo. Se spariscono gli individualismi, i loro portatori e le sigle di riferimento, pochi nostalgici fuori dalla storia verseranno, nella migliore delle ipotesi, qualche lacrima, ma sicuramente si metterà la prima pietra per costruire una società più a misura d’uomo. ☺

 

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