Riflessioni (quasi) post-elettorali
10 Luglio 2023
laFonteTV (3191 articles)
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Riflessioni (quasi) post-elettorali

Mentre si spengono gli ultimi echi di una campagna elettorale particolarmente asettica e priva di entusiasmo (se escludiamo le continue incursioni di Salvini, Lotito e co., fulminati sulla via di Damasco dal fascino di questa nostra sfortunata terra) mi capita di chiedermi se mai un giorno potremo, come il Riccardo III di Shakespeare, dire che “ora l’inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa…”. Certo, le stagioni sono invertite, ma il senso di vittoria e di trionfo insito nel monologo shakespeariano esprime bene il ribaltarsi di una situazione penosa e l’ improvviso avverarsi dei sogni di chi era sconfitto e messo in minoranza.
Mentre scrivo le urne sono state appena aperte per le votazioni, e l’estate non è mai sembrata tanto lontana: il vento freddo e il cielo nuvoloso si adattano perfettamente allo stato d’animo dei tanti che chiedevano con forza un deciso cambio di passo, e dei tantissimi che sceglieranno oggi di non esprimere il voto.
Mi tornano in mente le infinite discussioni di questo periodo con i molti astensionisti, e pur rispettando le scelte di tutti, credo che questa volta anche la scelta del meno peggio sarebbe stata preferibile a quello che ci aspetta con Roberti presidente. L’idea dei peana di vittoria del governo in carica, con la sua insopportabile boria fascista, la sua disumanità, la violenza con cui nega qualunque diritto, mi fa pensare che qualsiasi cosa avrebbe dovuto essere tentata pur di non consentire a questa destra di appuntarsi sul bavero anche la spilletta con il nome “Molise”. Anche solo per amor proprio. E, soprattutto, appartengo pur sempre alla generazione cresciuta avendo ben chiaro quanto sangue e quante sofferenze sia costato quel diritto che diamo per scontato e al quale rinunciamo con tanta leggerezza.
Mi rattrista molto il fatto che i tentativi di dar vita a raggruppamenti civici riuniti intorno a programmi di cambiamento non abbiano avuto esito positivo; e non fa ben sperare per il futuro il fatto che ancora una volta l’individualismo sfrenato della sinistra (quella vera) abbia portato al fallimento l’ennesimo tentativo di riunire le molteplici voci che in qualche modo continuano ad esprimere la volontà di costruire un mondo altro.
Corriamo rischi enormi: la destra locale esprime il peggio dell’ideologia sovranista e affarista ora al potere; non contrasterà l’emergenza climatica, né il dissesto idrogeologico, né il lavoro nero. Non tutelerà il diritto alla salute, all’abitare, a vivere eventuali diversità; non fermerà la cementificazione, non difenderà il territorio da imprese inquinanti e nocive, non scenderà certamente in campo per garantire il funzionamento del sistema pubblico contrastando lo strapotere del privato in tutti i settori, specie in quello sanitario.
Dove continuiamo a sbagliare? Cosa manca all’impegno appassionato che tanti di noi continuano a mettere in campo a livello civico, amministrativo, personale? È come se guardassimo apparentemente tutti nella stessa direzione ma vedessimo ogni volta cose diverse, e ci intestardissimo a difendere ognuno la propria piccola visione, insistendo che la nostra è l’unica giusta, invece di sforzarci di armonizzare le diverse sfumature in un quadro compiuto.
Eppure Dio sa se il Molise ha bisogno di una prospettiva diversa da quella creata da quel mix micidiale di incompetenza, affarismo cinico, ruspante ignoranza e boria infinita che ha ridotto questa terra a un deserto senza futuro, replicando i propri rappresentanti ad ogni tornata elettorale, spesso ripresentandoli senza vergogna e purtroppo vedendo ogni volta confermata la propria potenza.
Quasi ci fosse una tacita conventio ad excludendum come quella del 1948, il patto con cui i partiti centristi si compattarono per impedire qualsiasi partecipazione al governo dell’Italia da parte di socialisti e comunisti; quello che è certo, però, è che i cittadini molisani hanno finora premiato coloro che stanno lentamente uccidendo il Molise: prima con il voto attivo, per condivisione ideale, per interesse, per ricatto lavorativo, per viltà; con l’astensionismo poi, per disinteresse, sfiducia, menefreghismo, delusione.
Resto convinta che non votare implichi complicità con il sistema che apparentemente si rifiuta: perché è provato che la destra va comunque a votare, e vince spesso per abbandono di campo più che per convinta fede politica; e perché come non capisco e non giustifico chi si astiene in qualunque contesto (dai collegi docenti alle assemblee di condominio, dai consigli comunali alle aule parlamentari), allo stesso modo mi risulta incomprensibile non esercitare il voto, specie in questi tristi tempi nei quali vediamo risorgere lo spettro del fascismo.
Non erano elezioni “normali”, queste; e la nostra parte non ha fatto tutto quello che doveva. Resta però come sempre a noi il compito di andare avanti, di continuare ad alzare la voce per chi non l’ha, di chiedere ancora una volta l’impossibile, di lavorare testardamente perché al più presto la musica di sottofondo di cui non ci accorgiamo nemmeno più cambi, radunando più voci possibili in un canto del tutto diverso
Perché come diceva il Vangelo di ieri, non dobbiamo temere chi uccide il corpo, ma chi calpesta la nostra anima.☺

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