È da più di venti anni che si continua a parlare di riforma scolastica, cambiano gli attori al governo del Bel Paese, ma la litania è sempre la stessa: “La nostra scuola ha bisogno di una riforma epocale”.
Su un aspetto, poi, sono tutti assolutamente d’accordo (destra, sinistra, centro… e mettiamoci pure M5S): bisogna insistere sull’autonomia scolastica, rafforzandola pienamente e dando sempre maggiori poteri decisionali al dirigente scolastico. Una politica parlamentare divisa ed in contrasto su tutto, trova invece un’unione d’intenti su quella che sembra essere una formula magica indiscutibile e un valore assoluto imprescindibile: l’autonomia. Guai a metterla ufficialmente in discussione, eppure la grande maggioranza degli insegnanti italiani ritengono un grande fallimento l’esperienza di questi ultimi 15 anni, che avrebbe fatto proliferare ipocrisia, arrivismo e un clientelismo poco edificante.
Con i fondi della legge 440/97, istituiti per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi, al fine di realizzare questa famigerata autonomia, si è riusciti nell’ incredibile risultato di fare sprofondare i nostri alunni alle ultime posizioni delle classifiche Ocse-Pisa. Sarà un dato di cui tener conto il fatto che con la scuola centralizzata i risultati dei nostri studenti erano più convincenti?
Ad ascoltare la voce degli insegnanti, almeno quella emersa nel supersondaggio governativo La Buona Scuola, sembrerebbe che ad avvantaggiarsi di questa autonomia scolastica siano stati primariamente i dirigenti scolastici e i loro collaboratori, che si sono arricchiti con i fondi predetti organizzando corsi, concorsi, progetti e progettini. Nel frattempo la didattica curricolare, l’italiano, la matematica, le lingue straniere e tutte le altre discipline, sono diventate secondarie rispetto all’ attività extra-curricolare. Una distorsione inaccettabile. Una presa in giro a danno dei ragazzi, che poche famiglie hanno capito.
Un mare di soldi mal speso, insomma? Sembrerebbe proprio di sì. Con l’autonomia scolastica si è sepolta per sempre la tanto invidiata scuola centralizzata, che – pur con i suoi limiti – ha “licenziato” alunni in possesso di basi mediamente più solide delle attuali. E gli alunni di oggi sono la classe dirigente di domani. La prospettiva non è rosea per niente: con la riforma “epocale” della Buona Scuola si intravede un potenziamento ulteriore dell’ autonomia e un dirigente scolastico con poteri decisionali enormi.
Cosa ci attende? Il timore, credo fondato, è che la scuola conoscerà tempi ancora più bui, sarà un luogo dove non esisteranno più regole certe, se non quelle dettate dal capo, dove concessioni e favori per alcuni, prenderanno il posto del diritto valido per tutti. E dove un alunno uscirà imbottito di sedicenti laboratori teatrali e del tutto vuoto di logica, comunicazione, senso storico… e senso critico.
Una scuola dove gli insegnanti dovranno scegliere se restare liberi o inchinarsi al capo per ottenere un compenso aggiuntivo o per realizzare un’idea, è una scuola che tradisce il suo ruolo educativo e tradisce i suoi ragazzi. Scuola del merito? No, forse dei carrieristi.
Più vado avanti, più amo e rispetto il mio scontato, noioso registro, i miei impegni quotidiani, la fatica di inventare una didattica diversa ogni mattina, in aula. Senza ore pomeridiane, senza extraprogetti. Può capitare, ma nulla che stravolga la curricolarità mattutina, o la ponga in secondo piano, solo qualcosa che le sia di supporto. Starò invecchiando? O rinsavendo? ☺
È da più di venti anni che si continua a parlare di riforma scolastica, cambiano gli attori al governo del Bel Paese, ma la litania è sempre la stessa: “La nostra scuola ha bisogno di una riforma epocale”.
Su un aspetto, poi, sono tutti assolutamente d’accordo (destra, sinistra, centro… e mettiamoci pure M5S): bisogna insistere sull’autonomia scolastica, rafforzandola pienamente e dando sempre maggiori poteri decisionali al dirigente scolastico. Una politica parlamentare divisa ed in contrasto su tutto, trova invece un’unione d’intenti su quella che sembra essere una formula magica indiscutibile e un valore assoluto imprescindibile: l’autonomia. Guai a metterla ufficialmente in discussione, eppure la grande maggioranza degli insegnanti italiani ritengono un grande fallimento l’esperienza di questi ultimi 15 anni, che avrebbe fatto proliferare ipocrisia, arrivismo e un clientelismo poco edificante.
Con i fondi della legge 440/97, istituiti per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi, al fine di realizzare questa famigerata autonomia, si è riusciti nell’ incredibile risultato di fare sprofondare i nostri alunni alle ultime posizioni delle classifiche Ocse-Pisa. Sarà un dato di cui tener conto il fatto che con la scuola centralizzata i risultati dei nostri studenti erano più convincenti?
Ad ascoltare la voce degli insegnanti, almeno quella emersa nel supersondaggio governativo La Buona Scuola, sembrerebbe che ad avvantaggiarsi di questa autonomia scolastica siano stati primariamente i dirigenti scolastici e i loro collaboratori, che si sono arricchiti con i fondi predetti organizzando corsi, concorsi, progetti e progettini. Nel frattempo la didattica curricolare, l’italiano, la matematica, le lingue straniere e tutte le altre discipline, sono diventate secondarie rispetto all’ attività extra-curricolare. Una distorsione inaccettabile. Una presa in giro a danno dei ragazzi, che poche famiglie hanno capito.
Un mare di soldi mal speso, insomma? Sembrerebbe proprio di sì. Con l’autonomia scolastica si è sepolta per sempre la tanto invidiata scuola centralizzata, che – pur con i suoi limiti – ha “licenziato” alunni in possesso di basi mediamente più solide delle attuali. E gli alunni di oggi sono la classe dirigente di domani. La prospettiva non è rosea per niente: con la riforma “epocale” della Buona Scuola si intravede un potenziamento ulteriore dell’ autonomia e un dirigente scolastico con poteri decisionali enormi.
Cosa ci attende? Il timore, credo fondato, è che la scuola conoscerà tempi ancora più bui, sarà un luogo dove non esisteranno più regole certe, se non quelle dettate dal capo, dove concessioni e favori per alcuni, prenderanno il posto del diritto valido per tutti. E dove un alunno uscirà imbottito di sedicenti laboratori teatrali e del tutto vuoto di logica, comunicazione, senso storico… e senso critico.
Una scuola dove gli insegnanti dovranno scegliere se restare liberi o inchinarsi al capo per ottenere un compenso aggiuntivo o per realizzare un’idea, è una scuola che tradisce il suo ruolo educativo e tradisce i suoi ragazzi. Scuola del merito? No, forse dei carrieristi.
Più vado avanti, più amo e rispetto il mio scontato, noioso registro, i miei impegni quotidiani, la fatica di inventare una didattica diversa ogni mattina, in aula. Senza ore pomeridiane, senza extraprogetti. Può capitare, ma nulla che stravolga la curricolarità mattutina, o la ponga in secondo piano, solo qualcosa che le sia di supporto. Starò invecchiando? O rinsavendo? ☺
È da più di venti anni che si continua a parlare di riforma scolastica, cambiano gli attori al governo del Bel Paese, ma la litania è sempre la stessa: “La nostra scuola ha bisogno di una riforma epocale”.
È da più di venti anni che si continua a parlare di riforma scolastica, cambiano gli attori al governo del Bel Paese, ma la litania è sempre la stessa: “La nostra scuola ha bisogno di una riforma epocale”.
Su un aspetto, poi, sono tutti assolutamente d’accordo (destra, sinistra, centro… e mettiamoci pure M5S): bisogna insistere sull’autonomia scolastica, rafforzandola pienamente e dando sempre maggiori poteri decisionali al dirigente scolastico. Una politica parlamentare divisa ed in contrasto su tutto, trova invece un’unione d’intenti su quella che sembra essere una formula magica indiscutibile e un valore assoluto imprescindibile: l’autonomia. Guai a metterla ufficialmente in discussione, eppure la grande maggioranza degli insegnanti italiani ritengono un grande fallimento l’esperienza di questi ultimi 15 anni, che avrebbe fatto proliferare ipocrisia, arrivismo e un clientelismo poco edificante.
Con i fondi della legge 440/97, istituiti per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi, al fine di realizzare questa famigerata autonomia, si è riusciti nell’ incredibile risultato di fare sprofondare i nostri alunni alle ultime posizioni delle classifiche Ocse-Pisa. Sarà un dato di cui tener conto il fatto che con la scuola centralizzata i risultati dei nostri studenti erano più convincenti?
Ad ascoltare la voce degli insegnanti, almeno quella emersa nel supersondaggio governativo La Buona Scuola, sembrerebbe che ad avvantaggiarsi di questa autonomia scolastica siano stati primariamente i dirigenti scolastici e i loro collaboratori, che si sono arricchiti con i fondi predetti organizzando corsi, concorsi, progetti e progettini. Nel frattempo la didattica curricolare, l’italiano, la matematica, le lingue straniere e tutte le altre discipline, sono diventate secondarie rispetto all’ attività extra-curricolare. Una distorsione inaccettabile. Una presa in giro a danno dei ragazzi, che poche famiglie hanno capito.
Un mare di soldi mal speso, insomma? Sembrerebbe proprio di sì. Con l’autonomia scolastica si è sepolta per sempre la tanto invidiata scuola centralizzata, che – pur con i suoi limiti – ha “licenziato” alunni in possesso di basi mediamente più solide delle attuali. E gli alunni di oggi sono la classe dirigente di domani. La prospettiva non è rosea per niente: con la riforma “epocale” della Buona Scuola si intravede un potenziamento ulteriore dell’ autonomia e un dirigente scolastico con poteri decisionali enormi.
Cosa ci attende? Il timore, credo fondato, è che la scuola conoscerà tempi ancora più bui, sarà un luogo dove non esisteranno più regole certe, se non quelle dettate dal capo, dove concessioni e favori per alcuni, prenderanno il posto del diritto valido per tutti. E dove un alunno uscirà imbottito di sedicenti laboratori teatrali e del tutto vuoto di logica, comunicazione, senso storico… e senso critico.
Una scuola dove gli insegnanti dovranno scegliere se restare liberi o inchinarsi al capo per ottenere un compenso aggiuntivo o per realizzare un’idea, è una scuola che tradisce il suo ruolo educativo e tradisce i suoi ragazzi. Scuola del merito? No, forse dei carrieristi.
Più vado avanti, più amo e rispetto il mio scontato, noioso registro, i miei impegni quotidiani, la fatica di inventare una didattica diversa ogni mattina, in aula. Senza ore pomeridiane, senza extraprogetti. Può capitare, ma nulla che stravolga la curricolarità mattutina, o la ponga in secondo piano, solo qualcosa che le sia di supporto. Starò invecchiando? O rinsavendo? ☺
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