Rifuggire
10 Aprile 2022
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Rifuggire

Diversi anni fa sono stato per lavoro a Maribor in Slovenia, oltre Lubiana e quasi al confine con l’Austria. All’interno della fabbrica, nel mezzo del grande capannone c’era un parallelepipedo di due metri per due, alto circa due metri e mezzo. Sui quattro lati altrettante scale a pioli metalliche. Alla mia domanda su cosa mai fosse quella struttura, il direttore dello stabilimento mi invitò a seguirlo. Usciti nel cortile scendemmo una lunga scala e ci trovammo, a dieci metri di profondità, davanti a una porta metallica. Manovrando una grossa ruota la porta si aprì lentamente. Lo spessore del battente era di almeno ottanta centimetri e il muro in cemento armato sul quale era incernierata la porta che aveva uno spessore di tre metri. Un corridoio dava su numerose stanze in cemento grezzo, attrezzate con letti a castello in ferro verniciato di verde. Un grande salone, sempre in cemento grezzo, conteneva tavoli, sedie, scaffali e armadi dello stesso colore. I materassi, le coperte, le scorte di cibo in scatola e di acqua erano state portate via. Sino a pochi anni prima tutto era controllato e vigilato e le scorte rinnovate periodicamente. Si trattava di un rifugio antiatomico al quale era possibile accedere anche dall’interno dello stabilimento. Era previsto che, in caso di conflitto atomico, l’accesso esterno e quello interno che aveva attirato la mia curiosità sarebbero stati blindati dall’interno per almeno tre mesi. Gli operai della fabbrica non avrebbero potuto ricongiungersi alle loro famiglie. Una radio e una linea telefonica sarebbero stati il solo contatto con l’esterno, se avessero ancora funzionato. Ogni fabbrica in tutta la ex Jugoslavia è ancora dotata di un ricovero simile. Altri rifugi, non più manutenuti, sono presenti nei sotterranei di molti palazzi cittadini. Le testate nucleari dalle quali sloveni, croati, macedoni, bosniaci, serbi e montenegrini dovevano proteggersi, “sono vostre” mi disse il direttore. Le bombe e i missili erano – e sono – posizionati nelle oltre centoventi basi americane (oltre a una ventina, segrete, di cui non si conosce la posizione) dislocate sul nostro territorio, confine dell’Impero alleato, e accettate in nome dell’alleanza militare nord Atlantica.

Un giovane attore comico interpreta il ruolo di un professore qualunque che, nella finzione scenica, si ritrova Presidente della Repubblica. Finzione e realtà si fondono sia nella sua mente che in quella dei cittadini ucraini, i quali, forse, eleggono la persona avendo in mente il personaggio dello sceneggiato. Le sue idee in larga misura nazionaliste e neocapitaliste fanno il resto. Così, invece di combattere la corruzione e i residui del totalitarismo imperiale sovietico, il governo ucraino cerca di entrare in Europa, intendendo per Europa il sistema mercantile occidentale dei consumi globalizzati, e di fare parte, come molti paesi ex sovietici hanno fatto, della Nato. L’arguto Presidente forse non ha compreso bene che non è tanto lui e il suo paese a volere entrare nella Nato, quanto, piuttosto, è la Nato a volere entrare in Ucraina. Ora, l’espansione sconsiderata della Nato ben oltre il nord Atlantico verso est è una buona scusa, per un ex colonnello del KGB con manie da zar e timori di ridimensionamento, per scatenare una guerra schifosa, di rivalsa, diretta soprattutto verso i civili. La follia micidiale delle armi, la minaccia degli ordigni nucleari, tanto ce n’é a migliaia inutilizzati nei silos, sta stuzzicando la pruderie e i voraci interessi di quanti ritengono che in fondo da una guerra c’è da guadagnare.

Ormai la frittata è fatta, con la complicità o il benaltrismo e la colpevole noncuranza anche del nostro Paese. L’unica possibilità è trovare un compromesso che riesca a superare la stupidità criminale e l’orgoglio smisurato e arrogante. Certo non si può che essere totalmente dalla parte degli aggrediti e delle vittime, dei rifugiati e di tanti che non sono riusciti a scappare e senza sapere per dove, strumentalizzati e usati come cavie sacrificali o merce di scambio.

Si diceva della pandemia che si trattava di una guerra. Ora c’è la guerra e in tanti sognano di trasformarla in una pandemia globale. Ne usciremo migliori, si diceva della pandemia. Ne usciremo migliori si dirà ora della guerra. Non siamo usciti migliori dalla pandemia, ammesso di esserne usciti, siamo entrati male, come Occidente, come Comunità Europea, senza ONU e con gli USA che manovrano perseguendo i loro sporchi interessi di dominio, in questa guerra.

In quanto ai governi “democra- ticamente eletti”, presto ne avremo uno nuovo anche da noi ma, nonostante le corrette procedure costituzionali, il mio giudizio su certe persone non cambierà di una virgola. La sola visita a un rifugio antinucleare ormai in disarmo mi è bastata per comprendere per intero le follie e i deliri di onnipotenza e rifuggire da ogni soluzione non pacifica di ogni tipo di conflitto.☺

 

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