
Rosso pomidoro: un giorno un’estate
Rosso pomidoro, concentrato
stesso colore degli invisibili in nero
– per tanti, visibili solo al luminol -.
Fanghiglia umana o polpa di stagione?
La strada scioglie ancora fratelli stranieri,
limoni spremuti, ferrame
nei catorci furgonati dei pappataci (li chiamano caporali).
Tomato pronto per pochi danari, pollame nelle stie,
scatolame per tavole imbandite.
Macine industriali, sughi raffinati
piatti pronti, sofisticati manicaretti.
Pelle scagliata sugli asfalti roventi
confusa al catrame, stracciatella per brodo.
Ore e ore clandestine, ricurvi, ristretti
bastonati, senza nome
nessuno ricorda quei nomi gemelli,
gutturali suoni, aspirati. Idiomi confusi. Fardelli pesanti.
Niente interviste, non esistono, sopravvissuti
fuggono per paura di rientrare nel limbo
dove la notte ha uguale colore grottesco dell’indifferenza.
Voci rotte da interrare, profonde.
Rosso pomidoro, un giorno, un’estate
rogo di carcasse, sempre quelle.
Una cassetta, dieci, cento: spiccioli d’ignoto
benedetta/maledetta cartamoneta stropicciata,
in fila al solleone, onde silenziose fronte alla terra…
rimbombano parole di circostanza.
Per contorno, san marzano essiccati in olio extravergine,
schiacciati come loro, una giumella di lacrime
un giorno, un’estate di cotenne rosolate al suolo.
Rosso pomidoro anche l’inchiostro della mia penna.