scuola bistrattata di Gabriella de Lisio | La Fonte TV
Purtroppo le notizie non sono buone neanche questa volta. Vale a dire che, quando a questa rubrica tocca rispolverare qualche aggiornamento sullo stato della scuola nel Bel Paese, sono sempre grattacapi. Ma questo ci spinge ancora con maggiore convinzione e senso di responsabilità ad informare per riflettere insieme sulle attuali scelte di un governo che, se è vero che ci ha tirato su dal baratro per i capelli, non ha poi dimostrato altrettanta determinazione nel rilanciare i settori chiave della crescita: primo fra tutti, se permettete, l’istruzione. Anche gli organi locali, tuttavia, fanno la loro parte. Cominciamo.
Il temuto dimensionamento (ossia il riordino della rete scolastica regionale in base a nuovi criteri per l’accorpamento delle scuole) farà piazza pulita di ben 28 istituti scolastici nel Molise, che si ridurranno da 60 a 40 nella provincia di Campobasso e da 22 a 14 in quella di Isernia: ebbene, di fronte a questa prospettiva, la Regione sta operando scelte irresponsabili. Dal Ministero e dalla Corte Costituzionale arrivano indicazioni per aggregare gli istituti in modo omogeneo e organico, mentre in regione, con atti difformi dalle regole stabilite – si sta predisponendo, per esempio, la nascita di “scuole-mostro” di 1200 alunni senza tener conto delle esigenze legate alla rete di comunicazioni, alle aree interne e alle minoranze linguistiche, e alla evidente impossibilità di gestire realtà così grandi da parte di un dirigente scolastico.
A livello nazionale, non c’è da stare più allegri. La legge di stabilità (nuovo nome della più nota “finanziaria”) ha previsto ulteriori tagli al MOF, il fondo per il miglioramento dell’Offerta Formativa, di cui fanno parte tutte quelle entrate che servono a finanziare i progetti extrascolastici e gli incarichi specifici. Dal 2013 (secondo una pre-intesa con i sindacati cui non ha aderito la CGIL) avremo altri 47 milioni di euro in meno che saranno tolti alle attività didattiche extrascolastiche, alle funzioni strumentali dei docenti, al personale tecnicoamministrativo, ai progetti destinati alle aree a rischio.
La norma sull’innalzamento dell’orario di lavoro a 24h settimanali è stata sventata, ma questo è il prezzo da pagare. D’altronde il prossimo contratto nazionale (l’ultimo è stato rinnovato nel 2009, e fino al 2014 è congelato così com’è, con delle perdite nel quadriennio che, fra docenti e amministrativi, si aggirano intorno ai 13.000 euro) prevede comunque una maggiore produttività individuale a parità di retribuzione: insomma, lavorare di più con lo stesso stipendio. Se è quello che normalmente un docente fa, non si può legalizzare una “vocazione al volontariato” a cui dovremmo sottrarci, una buona volta, per ricordare allo Stato che il nostro lavoro vale e costa.
Insomma, il MOF si assottiglierà ancora, come è tendenza ormai degli ultimi anni, non c’è alcuna inversione. Anzi: quello che dovrebbe spingere i docenti all’indignazione più decisa è che i tagli al MOF saranno utilizzati per pagare gli scatti d’anzianità, ossia l’avanzamento degli stipendi in base al servizio. Come forse qualcuno ricorderà, il decreto 78/2010 li aveva bloccati. Dopo lunghe trattative, il governo ha deciso invece di pagarli, ma col trucco: attingendo, cioè, dallo stesso MOF. Insomma, ti do con la destra quello che ti ho preso con la sinistra. La partita non è chiusa, il governo e le parti sociali stanno ancora portando avanti una trattativa e non sappiamo a quale compromesso si giungerà: ma tagliare il MOF per rimpinguare il fondo destinato agli scatti, è l’ennesimo schiaffo alla professionalità docente.
L’informazione è l’ultimo baluardo contro la tendenza sempre più evidente a screditare ed impoverire la scuola pubblica. Così come la scuola pubblica è l’ultimo baluardo dello stato in tante, troppe realtà del paese. Non è mai troppo tardi per alzare la testa. Bisogna salvarla. È una battaglia di civiltà e di democrazia per stare dalla parte degli ultimi, di quelli che in una scuola paritaria non potranno iscriversi mai, perché costa troppo. E che meritano come gli altri, forse più degli altri, di essere formati, cresciuti ed educati da una classe docente preparata, sostenuta, appagata, rispettata. È troppo? O è il minimo per un paese che si dice civile.☺
gadelis@libero.it
Purtroppo le notizie non sono buone neanche questa volta. Vale a dire che, quando a questa rubrica tocca rispolverare qualche aggiornamento sullo stato della scuola nel Bel Paese, sono sempre grattacapi. Ma questo ci spinge ancora con maggiore convinzione e senso di responsabilità ad informare per riflettere insieme sulle attuali scelte di un governo che, se è vero che ci ha tirato su dal baratro per i capelli, non ha poi dimostrato altrettanta determinazione nel rilanciare i settori chiave della crescita: primo fra tutti, se permettete, l’istruzione. Anche gli organi locali, tuttavia, fanno la loro parte. Cominciamo.
Il temuto dimensionamento (ossia il riordino della rete scolastica regionale in base a nuovi criteri per l’accorpamento delle scuole) farà piazza pulita di ben 28 istituti scolastici nel Molise, che si ridurranno da 60 a 40 nella provincia di Campobasso e da 22 a 14 in quella di Isernia: ebbene, di fronte a questa prospettiva, la Regione sta operando scelte irresponsabili. Dal Ministero e dalla Corte Costituzionale arrivano indicazioni per aggregare gli istituti in modo omogeneo e organico, mentre in regione, con atti difformi dalle regole stabilite – si sta predisponendo, per esempio, la nascita di “scuole-mostro” di 1200 alunni senza tener conto delle esigenze legate alla rete di comunicazioni, alle aree interne e alle minoranze linguistiche, e alla evidente impossibilità di gestire realtà così grandi da parte di un dirigente scolastico.
A livello nazionale, non c’è da stare più allegri. La legge di stabilità (nuovo nome della più nota “finanziaria”) ha previsto ulteriori tagli al MOF, il fondo per il miglioramento dell’Offerta Formativa, di cui fanno parte tutte quelle entrate che servono a finanziare i progetti extrascolastici e gli incarichi specifici. Dal 2013 (secondo una pre-intesa con i sindacati cui non ha aderito la CGIL) avremo altri 47 milioni di euro in meno che saranno tolti alle attività didattiche extrascolastiche, alle funzioni strumentali dei docenti, al personale tecnicoamministrativo, ai progetti destinati alle aree a rischio.
La norma sull’innalzamento dell’orario di lavoro a 24h settimanali è stata sventata, ma questo è il prezzo da pagare. D’altronde il prossimo contratto nazionale (l’ultimo è stato rinnovato nel 2009, e fino al 2014 è congelato così com’è, con delle perdite nel quadriennio che, fra docenti e amministrativi, si aggirano intorno ai 13.000 euro) prevede comunque una maggiore produttività individuale a parità di retribuzione: insomma, lavorare di più con lo stesso stipendio. Se è quello che normalmente un docente fa, non si può legalizzare una “vocazione al volontariato” a cui dovremmo sottrarci, una buona volta, per ricordare allo Stato che il nostro lavoro vale e costa.
Insomma, il MOF si assottiglierà ancora, come è tendenza ormai degli ultimi anni, non c’è alcuna inversione. Anzi: quello che dovrebbe spingere i docenti all’indignazione più decisa è che i tagli al MOF saranno utilizzati per pagare gli scatti d’anzianità, ossia l’avanzamento degli stipendi in base al servizio. Come forse qualcuno ricorderà, il decreto 78/2010 li aveva bloccati. Dopo lunghe trattative, il governo ha deciso invece di pagarli, ma col trucco: attingendo, cioè, dallo stesso MOF. Insomma, ti do con la destra quello che ti ho preso con la sinistra. La partita non è chiusa, il governo e le parti sociali stanno ancora portando avanti una trattativa e non sappiamo a quale compromesso si giungerà: ma tagliare il MOF per rimpinguare il fondo destinato agli scatti, è l’ennesimo schiaffo alla professionalità docente.
L’informazione è l’ultimo baluardo contro la tendenza sempre più evidente a screditare ed impoverire la scuola pubblica. Così come la scuola pubblica è l’ultimo baluardo dello stato in tante, troppe realtà del paese. Non è mai troppo tardi per alzare la testa. Bisogna salvarla. È una battaglia di civiltà e di democrazia per stare dalla parte degli ultimi, di quelli che in una scuola paritaria non potranno iscriversi mai, perché costa troppo. E che meritano come gli altri, forse più degli altri, di essere formati, cresciuti ed educati da una classe docente preparata, sostenuta, appagata, rispettata. È troppo? O è il minimo per un paese che si dice civile.☺
Purtroppo le notizie non sono buone neanche questa volta. Vale a dire che, quando a questa rubrica tocca rispolverare qualche aggiornamento sullo stato della scuola nel Bel Paese, sono sempre grattacapi. Ma questo ci spinge ancora con maggiore convinzione e senso di responsabilità ad informare per riflettere insieme sulle attuali scelte di un governo che, se è vero che ci ha tirato su dal baratro per i capelli, non ha poi dimostrato altrettanta determinazione nel rilanciare i settori chiave della crescita: primo fra tutti, se permettete, l’istruzione. Anche gli organi locali, tuttavia, fanno la loro parte. Cominciamo.
Il temuto dimensionamento (ossia il riordino della rete scolastica regionale in base a nuovi criteri per l’accorpamento delle scuole) farà piazza pulita di ben 28 istituti scolastici nel Molise, che si ridurranno da 60 a 40 nella provincia di Campobasso e da 22 a 14 in quella di Isernia: ebbene, di fronte a questa prospettiva, la Regione sta operando scelte irresponsabili. Dal Ministero e dalla Corte Costituzionale arrivano indicazioni per aggregare gli istituti in modo omogeneo e organico, mentre in regione, con atti difformi dalle regole stabilite – si sta predisponendo, per esempio, la nascita di “scuole-mostro” di 1200 alunni senza tener conto delle esigenze legate alla rete di comunicazioni, alle aree interne e alle minoranze linguistiche, e alla evidente impossibilità di gestire realtà così grandi da parte di un dirigente scolastico.
A livello nazionale, non c’è da stare più allegri. La legge di stabilità (nuovo nome della più nota “finanziaria”) ha previsto ulteriori tagli al MOF, il fondo per il miglioramento dell’Offerta Formativa, di cui fanno parte tutte quelle entrate che servono a finanziare i progetti extrascolastici e gli incarichi specifici. Dal 2013 (secondo una pre-intesa con i sindacati cui non ha aderito la CGIL) avremo altri 47 milioni di euro in meno che saranno tolti alle attività didattiche extrascolastiche, alle funzioni strumentali dei docenti, al personale tecnicoamministrativo, ai progetti destinati alle aree a rischio.
La norma sull’innalzamento dell’orario di lavoro a 24h settimanali è stata sventata, ma questo è il prezzo da pagare. D’altronde il prossimo contratto nazionale (l’ultimo è stato rinnovato nel 2009, e fino al 2014 è congelato così com’è, con delle perdite nel quadriennio che, fra docenti e amministrativi, si aggirano intorno ai 13.000 euro) prevede comunque una maggiore produttività individuale a parità di retribuzione: insomma, lavorare di più con lo stesso stipendio. Se è quello che normalmente un docente fa, non si può legalizzare una “vocazione al volontariato” a cui dovremmo sottrarci, una buona volta, per ricordare allo Stato che il nostro lavoro vale e costa.
Insomma, il MOF si assottiglierà ancora, come è tendenza ormai degli ultimi anni, non c’è alcuna inversione. Anzi: quello che dovrebbe spingere i docenti all’indignazione più decisa è che i tagli al MOF saranno utilizzati per pagare gli scatti d’anzianità, ossia l’avanzamento degli stipendi in base al servizio. Come forse qualcuno ricorderà, il decreto 78/2010 li aveva bloccati. Dopo lunghe trattative, il governo ha deciso invece di pagarli, ma col trucco: attingendo, cioè, dallo stesso MOF. Insomma, ti do con la destra quello che ti ho preso con la sinistra. La partita non è chiusa, il governo e le parti sociali stanno ancora portando avanti una trattativa e non sappiamo a quale compromesso si giungerà: ma tagliare il MOF per rimpinguare il fondo destinato agli scatti, è l’ennesimo schiaffo alla professionalità docente.
L’informazione è l’ultimo baluardo contro la tendenza sempre più evidente a screditare ed impoverire la scuola pubblica. Così come la scuola pubblica è l’ultimo baluardo dello stato in tante, troppe realtà del paese. Non è mai troppo tardi per alzare la testa. Bisogna salvarla. È una battaglia di civiltà e di democrazia per stare dalla parte degli ultimi, di quelli che in una scuola paritaria non potranno iscriversi mai, perché costa troppo. E che meritano come gli altri, forse più degli altri, di essere formati, cresciuti ed educati da una classe docente preparata, sostenuta, appagata, rispettata. È troppo? O è il minimo per un paese che si dice civile.☺
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