Scuola finta?
9 Aprile 2018
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Scuola finta?

Bisogna che finalmente qualcuno abbia il coraggio di dirlo: in Italia oggi, in ogni ordine d’istruzione, un bel voto si prende molto più facilmente di un tempo. Da almeno tre decenni il Ministero della Pubblica Istruzione (che oggi non si chiama nemmeno più così) profonde sommi sforzi per far comprendere agli insegnanti che le bocciature non sono gradite.

Gli insegnanti, troppo spesso lontani dal possedere un cuor di leone, si adeguano. E le promozioni fioccano, aumentando di anno in anno, proporzionalmente al diminuire del livello culturale degli alunni.

E mentre la scuola diventa sempre più un Paese dei Balocchi, nel quale l’importante è far divertire gli alunni coi “progetti”, degli insegnanti e della loro libertà (d’insegnamento e di valutazione secondo coscienza) la nostra classe politica e dirigenziale ha dimostrato senza pudore di voler fare a meno. Lo dimostra il D.lgs 62/2017, che all’articolo 3 decreta: “Le alunne e gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”. Si può, sì, negare l’ammissione alla classe successiva, ma “solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione”, e per di più con decisione presa all’unanimità. Per le Scuole Secondarie di I grado la Circolare Ministeriale 1865/2017 ha precisato: “Solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione, sulla base dei criteri definiti dal collegio dei docenti, i docenti della classe, in sede di scrutinio finale presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, possono non ammettere l’alunna o l’alunno alla classe successiva. La decisione è assunta all’unanimità”. Paletti chiari, precisi e non derogabili.

I collegi della Penisola si sono rapidamente adeguati al rigorismo ministeriale antibocciatura, ed hanno scritto nei “PTOF” criteri estremamente rigidi e particolareggiati. Così ora capita, ad esempio, che un allievo di terza media con quattro insufficienze gravi, magari in matematica e inglese (le quali prevedono prove scritte all’esame finale), ma non in italiano, e che abbia una risicata sufficienza in tutte le altre materie deve essere ammesso, comunque, all’esame di licenza media (e, ovviamente, affrontare con successo l’esame). Promozione certa per quasi tutti.

Passo dopo passo, l’Italia sta diventando il Paese del diploma assicurato; così i posti di lavoro saranno sempre più riservati ai non meritevoli ben raccomandati, mentre i meritevoli veri resteranno disoccupati.

Sia chiaro, nessun plauso ad una scuola selettiva, di classe, che bocci la maggior parte degli alunni. Nessuno, però, nemmeno ad una scuola finta, che rinneghi i propri princìpi ispiratori, che premi i furbi, ben determinati a restare tali, che insegni ad essere superficiali e disonesti fin da bambini. La scuola di oggi, invece, così com’è conciata, sta bene al potere politico, alla gran parte delle famiglie italiane (quelle culturalmente più deprivate, e quindi più incapaci di desiderare una scuola seria e di comprenderne l’importanza) e ai potentati economici. Già.

Come il caso di Cuneo ci dimostra tristemente e si presta ad un esempio calzante. Il 26 gennaio 2018, sul sito web di Confindustria Cuneo, è stata messa in bella mostra una lettera aperta del presidente Mauro Gola “alle famiglie cuneesi che si trovano a scegliere l’indirizzo delle scuole superiori per i propri figli”. Secondo il presidente è perfettamente inutile che gli studenti si ostinino a conseguire a scuola una preparazione culturale elevata, per poi iscriversi a filosofia o a fisica nucleare. Lavorare bisogna! “Nel 2017”, sostiene Gola, “le aziende cuneesi nel loro complesso, presi in considerazione industria, artigianato, commercio, agricoltura e servizi, hanno dichiarato di assumere circa 40.000 nuovi lavoratori. Di questi, il 38% sono operai specializzati, il 36% tecnici specializzati nei servizi alle aziende, il 30% addetti agli impianti e ai macchinari”. Cifre in libertà, perché la loro somma è superiore a 100. Ma poco importa: “Il resto, marginale, sono gli altri ruoli aziendali, che sebbene fondamentali ed irrinunciabili, occuperanno poche unità”.

Il messaggio è molto esplicito: ciò che fa gola a Gola (e scusate il gioco di parole un po’ prevedibile ma tanto simpatico) ed a Confindustria Cuneo non sono lavoratori colti e capaci di pensare criticamente in base al proprio bagaglio culturale, ma “addetti agli impianti e ai macchinari”, “operai specializzati”, “tecnici specializzati nei servizi alle aziende”. Che poi sappiano leggere un contratto o distinguere i fatti dalle opinioni, poco importa agli industriali. Anzi, se non sanno ben parlare, ascoltare, leggere e scrivere, meglio pure: saranno più docili e meno riottosi.

Ahi, povera Italia! Potrà ancora salvarsi dal declino cui è avviata? Potrà salvarsi forse, sì, ma solo a patto che si salvi la Scuola. Con la “S” maiuscola. Perché è il fondamento di ogni futuro. Amen.☺

 

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