Senza mai arrendersi
6 Dicembre 2015
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Senza mai arrendersi

Vista e sentita sulla tribuna di un campo di periferia di una grande città italiana: “Papà, mi piace… da grande voglio fare l’arbitro!!!” dice un ragazzino di circa 12 anni al signore che gli è seduto a fianco. L’uomo serio, dopo avergli dato uno schiaffone gli risponde secco: “Piuttosto ti rompo le gambe!!!”

Parlare di sport non è mai molto semplice, conosco gente che afferma di essere sportiva: va a vedere allo stadio tutte le domeniche la partita! Altri che possono recitare i giocatori delle squadre a memoria ma che non hanno mai messo le scarpette ai piedi, persone per le quali leggere la cronaca della partita sul giornale significa fare sport. Quanti conoscete che vanno allo stadio a tifare contro l’altra squadra, non per incitare la propria; quante, per le quali andare a vedere la partita, convinte che l’arbitro sia prevenuto e quindi se perdiamo è colpa sua, sia la prassi. Alzi la mano chi non ha mai detto “Abbiamo perso per colpa dell’arbitro”.

Lo sport significa lottare fino alla fine senza arrendersi, ma anche mantenere un comportamento corretto in campo prima e dopo la partita. In questi 50 anni ho calpestato i campi da gioco facendo l’arbitro e parafrasando una celebre frase “ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Ho visto genitori litigare al traguardo di una gara ciclistica per bambini di 12 anni, accusandosi l’un l’altro di aver sbagliato il “beverone” del figlio mentre lui povero innocente dava di stomaco un qualcosa di verde. Eppure insieme a tante cose come queste ho anche visto la sportività in gesti che dovrebbero essere normali ma che noi genitori abbiamo fatto dimenticare ai nostri figli.

I ragazzi, se lasciati a se stessi, sono molto più sportivi l’un l’altro di quanto possiamo immaginare. Siamo noi genitori, con l’esasperazione del desiderio della vittoria a ogni costo, che distruggiamo la sportività che esiste nei loro cuori. In questi 50 anni ho dedicato il mio tempo libero all’arbitraggio, ad andare week end dopo week end ad arbitrare sui campi di tutta l’Italia dalla Sicilia alla Sardegna, dal Trentino all’Abruzzo macinando chilometri su chilometri e ovunque, in Italia, ho trovato la stessa esasperazione, lo stesso desiderio comune di considerare l’arbitro il Nemico. Ho calpestato campi in Italia e all’estero, nazioni considerate fredde come la Svizzera o l’Austria o nazioni “calienti” come la Spagna e vi ho trovato rispetto verso la figura arbitrale, quel rispetto che non esiste in Italia  e che noi genitori dovremmo insegnare ai nostri figli.

Perché difendo la figura arbitrale in questo modo? Perché sono convinto che sia importante istillare nei ragazzi, nei giovani la convinzione che la vittoria in una partita non è la cosa più importante, ma che lo sia aver lottato fino in fondo senza mai arrendersi, senza mai venir meno alla correttezza e alla sportività. E facendo ciò educheremo i nostri figli ad affrontare la vita nei suoi alti e bassi, senza arrendersi ma a lottare a viso aperto contro le avversità.

Avete presente quelle notizie che ogni tanto si leggono sui giornali? Quelle in cui c’è scritto che il giocatore della “Pinco Palla” lanciato a rete, avendo notato un avversario a terra infortunato ha scaraventato la palla fuori campo per dare modo all’arbitro di fermare il gioco e curare l’infortunato? Secondo voi è una notizia da giornale? Da cronaca? O dovrebbe essere la normalità e sui giornali dovrebbe andare la notizia che: “il giocatore della “Pinco palla” pur avendo visto un giocatore avversario a terra ha continuato a correre verso la porta avversaria mentre tutto il pubblico lo fischiava”.

Termino con un episodio visto con i miei occhi su un campo italiano, di uno sport minore come il “Football Americano”, sì quello con i giocatori tutti bardati con maschere e protezioni varie che quando si scontrano ricordano le lotte dei gladiatori. In una azione della partita un giocatore della squadra in attacco, dopo un contrasto “maschio” con l’avversario cadendo perde il casco di protezione e rimane a terra, infortunato a una gamba, mentre il gioco si avvicinava pericolosamente a lui. In quei pochi istanti un difensore, vedendo il rischio che correva l’avversario, si lanciava su di lui e gli difendeva la testa, rimasta scoperta, da possibili calci involontari con il proprio corpo.  Finita l’azione il difensore si è rialzato e si è allontanato. Tutto normale per lui. ☺

 

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