Serve educare i giovani?
16 Dicembre 2015
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Serve educare i giovani?

Nella parte conclusiva dell’ intervento del mese di novembre scorso su la fonte abbiamo sostenuto che sia necessario “educare” (in senso etico e civile) la società a quei principi solidi (democrazia partecipata e responsabile, solidarietà con le fasce più povere, integrazione degli immigrati nel tessuto nazionale, difesa e valorizzazione dei beni comuni, etc.), che debbono scandire il ritmo della vita di ciascuno di noi. Ci chiediamo se sia giusto fare da “guida”, in particolare ai “giovani”, in questa stagione di confusione e di disgregazione delle classi sociali nonché di decadimento delle istanze etiche, democratiche, civili. Infatti, in Italia, possiamo dire fin dal momento in cui è nato il regno d’Italia nella metà dell’Ottocento (e ciò ci viene confortato dalla documentazione parlamentare di quelle stagioni) spadroneggiano la corruzione, l’illegalità alimentata dalla mollezza etica e dal malcostume, il nepotismo con la prassi della raccomandazione, l’abbattimento di ogni distinzione fra il lecito e l’illecito, l’esaltazione idolatrica delle libertà individuali che sconfinano nel non dare credito alle leggi e nel considerarsi ad esse superiori.    Queste idee fortemente provocatorie – collegate al principio liberistico del laissez faire – sono state espresse (può sembrare strano ma è così!) già a partire dal XVIII secolo, quello della rivoluzione industriale e della stagione illuministica.

Torniamo, però, ad una visione comunemente più ricorrente della vita quotidiana. Nella vita di ciascuno di noi c’è stata – e c’è ancora! – sicuramente la figura di un maestro, di un “prof.” o di una “prof.ssa”, come punto di riferimento in particolare nelle stagioni della iniziale formazione culturale, persone alle quali siamo stati sempre legati e che permangono vive nelle nostre menti. La stessa vita dei partiti e le loro attività nella realtà quotidiana sono state contrassegnate dalla presenza e dall’attiva frequentazione di scuole di formazione politica da parte di intere generazioni di giovani e non. Si accedeva alla politica, facendo per prima cosa un percorso di studio teorico e avvicinandosi solo successivamente al circuito della rappresentanza amministrativa.

La “gavetta” era lunga, spesso difficile, osteggiata anche da antagonisti alimentati da questioni apertamente surrettizie, non sostanziali, quasi sempre accompagnata da invidie, gelosie, tormentate rivalità (del tipo “se non ci riesco io a fare questa cosa, neppure tu la devi fare”!). Alla fine questo percorso di formazione si concludeva con la partecipazione alle elezioni e con l’impegno istituzionale. Oggi tutto questo sostanzialmente manca, perché non ci sono più i partiti politici così come sono stati rappresentativi nel corso del Novecento; come pure non ci sono più militanti, umili e utili, che si accollino la ponderosità talvolta sfibrante della costante vigilanza civile, apprezzando l’onorabilità che derivava dalla rappresentanza politica. Oggi è subentrata la guerra per bande, il contrasto di tutti contro tutto e tutti, l’annientamento dell’avversario non con le armi anche sofisticate della cultura ma con quelle del gossip (il discredito etico che si lascia scivolare sulle persone, distruggendole), del tradimento improvviso, dei salti della “quaglia” che vedono parlamentari di dx passare al centro sx e quelli di quest’area sbarcare sui lidi del centro dx.

Il disgusto è predominante e si porta dietro l’astensione di centinaia di migliaia,  diremmo di milioni di cittadini dalla politica e dagli appuntamenti elettorali e amministrativi. Col risultato di cedere nelle assisi parlamentari la res publica ai corrotti, ai nullafacenti, ai perdigiorno, ai voltabandiera che dovrebbero essere aspramente criticati e osteggiati anche attraverso una diversa applicazione dell’articolo 67 della Costituzione – Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato -. Questo articolo della Costituzione, anche attraverso una seria riflessione relativa alla effettiva valenza oggi di quanto esso reciti e di quanto possa ancora allo stato attuale delle cose essere valido, non dovrebbe più prevedere e regolamentare la prassi dello svincolo del parlamentare eletto dal proprio partito o movimento, ma o imporre le dimissioni da parlamentare o prevedere una drastica e anche “dolorosa” (per questi voltagabbana) riduzione dello stipendio parlamentare. Inoltre, già per costoro dovrebbe essere prevista l’eliminazione di ogni privilegio relativo all’elezione stessa, prerogativa che è oggi anche provocatoria nei confronti di quanti soffrono la crisi economica e sono ristretti in povertà o relativa o assoluta.

Come si potrebbero limitare i danni o dell’astensionismo o della fuga, tout court, dalla politica? Non è affatto facile dare una risposta certa, assoluta e valida per tutte le stagioni. Come si fa a coinvolgere un giovane alla pratica della presenza attiva nella società a difesa o dei beni comuni o di una proposta alternativa di “politica”, di “far politica”? Con le chiacchiere non si va da nessuna parte; e allora, sono sufficienti le buone prassi o gli esempi, pur dignitosi dell’assidua presenza che vigila sulle malefatte della classe politica, o cosa ancora più grave, della classe dirigente? Sicuramente queste indicazioni non bastano a convincere chicchessia; e allora? Accanto all’esemplare e costante presenza sul territorio servono nuovamente scuole di formazione civile e politica, che formino una diversa – e più disinteressata ai profitti personali – nuova classe politica, fatta essenzialmente di giovani. Poi è necessario anche prendere esempio da quanti sono stati capaci e costanti a fustigare il Potere – il Palazzo – e le abitudini di ampi segmenti della società civile, addormentatasi sul nichilismo, sul fatalismo, sul collaborazionismo paramafioso della cosiddetta “zona grigia”, sul concetto che il cammino della Storia si sia concluso con la vittoria del neoliberismo e del capitalismo finanziario. Di qui, l’importanza dei maestri, dei fustigatori del malcostume e della corruzione dilagante, dei pirati, dei corsari, degli iconoclasti che con le loro acri e pungenti analisi illuminino il cammino dei più, indichino con chiarezza magistrale la strada da percorrere per quanti ne avvertano l’urgente inevitabilità e rilevanza. ☺

 

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