Quando gli amici se n’erano andati e tutto tornava nella quiete e nella verità, sedevo ai piedi del letto e ricominciava il nostro intimo colloquio. Raccontare, raccontarci era un modo dolce per non impazzire. Io esprimevo il mio lamento e il mio Cantico con parole sussurrate, urlate, singhiozzate; tu riplasmavi la memoria della tua metamorfosi con parole arrochite, scarabocchiate, occhieggiate, digitate… per sempre taciute.
La tua tenerezza, la tua rabbia, la tua impotenza facevano di te un salterio aperto da cui uscivano gli antichi salmi: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, ma anche: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me”.
La sofferenza ti aveva purificato come il fuoco purifica l’oro: i tuoi occhi allagati di malinconia, il tuo pianto pieno di dignità, il tuo sorriso triste erano attraversati da una luce che non avevo mai visto prima.
Io stavo ai piedi del letto come sotto a una Croce contemplando il tuo corpo marcato dall’insostenibile e la tua infinita solitudine. Stavo ai piedi del letto… perché sono una donna e solo una donna sa fissare il dolore senza distoglierne lo sguardo.
Magdala
Quando gli amici se n’erano andati e tutto tornava nella quiete e nella verità, sedevo ai piedi del letto e ricominciava il nostro intimo colloquio. Raccontare, raccontarci era un modo dolce per non impazzire. Io esprimevo il mio lamento e il mio Cantico con parole sussurrate, urlate, singhiozzate; tu riplasmavi la memoria della tua metamorfosi con parole arrochite, scarabocchiate, occhieggiate, digitate… per sempre taciute.
La tua tenerezza, la tua rabbia, la tua impotenza facevano di te un salterio aperto da cui uscivano gli antichi salmi: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, ma anche: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me”.
La sofferenza ti aveva purificato come il fuoco purifica l’oro: i tuoi occhi allagati di malinconia, il tuo pianto pieno di dignità, il tuo sorriso triste erano attraversati da una luce che non avevo mai visto prima.
Io stavo ai piedi del letto come sotto a una Croce contemplando il tuo corpo marcato dall’insostenibile e la tua infinita solitudine. Stavo ai piedi del letto… perché sono una donna e solo una donna sa fissare il dolore senza distoglierne lo sguardo.
Quando gli amici se n’erano andati e tutto tornava nella quiete e nella verità, sedevo ai piedi del letto e ricominciava il nostro intimo colloquio. Raccontare, raccontarci era un modo dolce per non impazzire. Io esprimevo il mio lamento e il mio Cantico con parole sussurrate, urlate, singhiozzate; tu riplasmavi la memoria della tua metamorfosi con parole arrochite, scarabocchiate, occhieggiate, digitate… per sempre taciute.
La tua tenerezza, la tua rabbia, la tua impotenza facevano di te un salterio aperto da cui uscivano gli antichi salmi: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, ma anche: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me”.
La sofferenza ti aveva purificato come il fuoco purifica l’oro: i tuoi occhi allagati di malinconia, il tuo pianto pieno di dignità, il tuo sorriso triste erano attraversati da una luce che non avevo mai visto prima.
Io stavo ai piedi del letto come sotto a una Croce contemplando il tuo corpo marcato dall’insostenibile e la tua infinita solitudine. Stavo ai piedi del letto… perché sono una donna e solo una donna sa fissare il dolore senza distoglierne lo sguardo.
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