Un abbraccio senza tempo
Circa mille anni prima della costruzione della grande piramide di Cheope in Egitto, in un altro luogo del Mediterraneo gli abitanti erano già in grado di costruire templi con giganteschi monoliti che potevano pesare fino a 50 tonnellate: si tratta dell’isola di Malta, che conserva alcune delle strutture più antiche del mondo tra quelle giunte fino a noi. Più antiche non solo delle piramidi, ma anche del sito di Stonehenge in Inghilterra o dello Ziggurat di Ur in Iraq. Sono dei templi megalitici costruiti fra il 3600 e il 2500 a.C. nel villaggio maltese di Tarxien, riportati alla luce nel 1914 e ammirabili oggi grazie a un percorso per i visitatori che si snoda fra ciò che rimane di imponenti mura, altari decorati con raffinati rilievi, sorprendenti sculture antropomorfe.
E tra queste, a sorprendere di più – se si passa al Museo Nazionale di Archeologia della capitale La Valletta – è un piccolo manufatto modellato in argilla, risalente al 3200 a.C. e ritrovato proprio fra i templi di Tarxien. “The embracing couple” – questo il nome che le è stato dato – rappresenta due persone che si abbracciano, forse scambiandosi un bacio, e che hanno i volti molto vicini l’una all’altra. A causa dell’antichità, è difficile stabilire quale fosse il significato reale di questa preistorica miniatura. Ma anche senza assecondare le iniziative del Museo di pubblicare una Valentine’s Card in edizione limitata con “La coppia che si abbraccia” e di venderla insieme a una tavoletta di cioccolato Perugina, è affascinante pensare come questo manufatto sia una delle più antiche espressioni artistiche in grado di catturare e immortalare un’emozione umana, rappresentando un amore che esisteva migliaia di anni fa.
Proprio come accade in una breve poesia di Valerio Magrelli, uno dei nostri poeti contemporanei più noti. La lirica è tratta dalla sua raccolta del 1991, Esercizi di tiptologia, e, oltre al contenuto, in parte preistorico, colpisce la circostanza che sia intitolata proprio L’abbraccio:
Tu dormi accanto a me così io mi inchino
e accostato al tuo viso prendo sonno
come fa lo stoppino
da uno stoppino che gli passa il fuoco.
E i due lumini stanno
mentre la fiamma passa e il sonno fila.
Ma mentre fila vibra
la caldaia nelle cantine.
Laggiù si brucia una natura fossile,
là in fondo arde la Preistoria, morte
torbe sommerse, fermentate,
avvampano nel mio termosifone.
In una buia aureola di petrolio
la cameretta è un nido riscaldato
da depositi organici, da roghi, da liquami.
E noi, stoppini, siamo le due lingue
di quell’unica torcia paleozoica.
Da un lato l’inverno, con il suo gelo, e il più remoto passato, dall’altro, nell’intimità della casa, il calore presente dell’amore. Senza tempo.☺