Un fiore dal cielo
2 Giugno 2025
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Un fiore dal cielo

Una pianta ornamentale abbastanza diffusa in Italia, che con le sue fioriture variopinte ed esuberanti colora i nostri giardini e le piazze di tante città, è l’ibisco, eccezionalmente resistente agli agenti inquinanti come gli ossidi di azoto e l’anidride solforosa causati dalle macchine. Presente da diverso tempo in forma selvatica in alcune zone dell’Italia centro-meridionale, viene oggi coltivato diffusamente in tutte le nostre regioni proprio per la sua rusticità.
Il medico Dioscoride, vissuto nel I secolo d.C., le assegnò il nome Hibiscus che in greco antico indica la malva. La sua famiglia è infatti quella delle Malvacee, di cui fanno parte circa 240 specie, comprendenti piccoli alberi, arbusti sempreverdi o a foglie caduche, e piante erbacee annuali o perenni.
Lungo è l’elenco delle erbacee più belle, fra le quali ricordiamo:
– coccineus, con foglie molto eleganti e fiori assai grandi di un bel rosso brillante;
– mutabilis, i cui fiori durano un solo giorno e, come suggerisce lo stesso aggettivo, cambiano colore: quando sbocciano sono rosa pallido e verso sera assumono tonalità rossicce;
– palustris, che cresce bene al margine degli stagni e lungo i fossi, e ha eleganti fiori di un rosa brillante;
– trionum, facilmente riconoscibile per via di un occhio scuro, che spicca nel centro dei fiori giallo pallidi;
– esculentus, coltivato come ortaggio nelle regioni subtropicali e lungo le coste del Mediterraneo: esculentus significa commestibile e i boccioli fiorali, raccolti quando sono ancora chiusi, si possono mangiare lessati.
Tra le specie arbustive, belle al pari delle erbacee, ci piace invece ricordare:
– rosa sinensis, una delle specie più coltivate al mondo sia per la fioritura abbondante da fine marzo a metà novembre, sia per l’eccezionale bellezza dei fiori semi-doppi o doppi, molto grandi e dalle tonalità accese: rossi, gialli o arancioni ma anche bianchi;
– syriacus, che fiorisce da maggio a ottobre, con meravigliosi fiori semplici, semi-doppi o doppi, dai colori che variano dal bianco puro al rosa, dal rosso al violetto al lilla, e che durano un giorno circa ma vengono continuamente sostituiti.
Il più diffuso e utilizzato degli ibischi arbustivi è certamente quest’ultimo, il syriacus, il cui nome ricorda l’origine orientale di questa pianta, proveniente dalla Cina e dall’India, e non solo dalla Siria. Conosciuto anche come rosa di Sharon, dalla valle di Sharon che si estende nelle vicinanze del monte Carmelo in Galilea ed è ricordata nella Bibbia, è una specie rustica a foglie decidue, resistente tanto al freddo quanto ai periodi siccitosi. Può essere coltivato in piena terra solo nelle zone a clima mite, mentre dove gli inverni sono rigidi va piantato in un vaso e protetto in serra all’inizio dell’autunno. Non ama l’ombra, infatti nelle piante esposte al sole si ha una fioritura migliore. La moltiplicazione avviene per talea legnosa da interrare a fine inverno; si può riprodurre anche per seme, ma con risultati non prevedibili sul colore, per via dell’ibridazione (in questo caso si consiglia l’innesto). Necessita poi solo di frequenti potature che conservino la forma compatta dei cespugli. Questa varietà è particolarmente ricercata dalle api.
Numerosi sono i benefici che questa pianta da fiore offre, e diversi i suoi usi, dal campo farmacologico (sebbene non sempre accettato dalla medicina), a quello cosmetico e culinario. Tutte le parti della pianta sono utili dal punto di vista medicinale, ma in particolare le foglie, che sono emollienti e sedative; i petali, i semi e i calici maturi, che hanno proprietà diuretiche; i frutti, che combattono lo scorbuto; mentre le radici amare, oltre che per un aperitivo, possono essere usate come tonico e quale rimedio per la tosse. In cosmetica con i fiori dell’ ibisco si prepara uno shampoo eccellente. In ambito culinario, il fiore veniva e viene utilizzato per produrre il karkadè, una tipica bevanda delle zone africane, che negli Stati Uniti è considerata sostitutiva del vino, probabilmente a causa della somiglianza di colore.
Tra gli altri usi se ne ricorda uno di interesse economico: una delle specie, l’ Hibiscus cannabinus, viene impiegata nell’industria cartaria per il suo alto contenuto in cellulosa e nell’industria della canapa.
In Polinesia, da sempre, l’ibisco è portato dalle ragazze tra i capelli come segno di fedeltà nei confronti del proprio uomo. Il pittore Paul Gauguin in molti dei suoi quadri realizzati a Tahiti raffigurò le donne del posto adornate di fiori di ibisco. I ragazzi per segnalare il proprio stato sentimentale sono soliti appoggiare un fiore sull’ orecchio destro se sono impegnati, su quello sinistro se sono liberi.
Nel linguaggio amoroso donare un fiore di ibisco alla donna amata equivale a dirle “tu sei bella”; quello bianco ne loda la lealtà, quello rosso indica invece la pazienza del corteggiatore.
Durante il periodo della colonizzazione giapponese in Corea, nella prima metà del Novecento, l’ibisco divenne simbolo di forza e resistenza, tanto che i Coreani vollero piantarne in grandi quantità. Il patriota Namgung Eok ne inviò migliaia di esemplari alle organizzazioni ribelli della sua zona natale, fondando le “colli- ne delle rose di Sharon”. Perciò dopo che la Corea ottenne l’indipendenza dal Giappone nel 1945, l’ibisco divenne il simbolo della Corea del Sud ed è ricordato anche nell’inno nazionale: “tremila splendidi fiumi e montagne piene di ibischi”. Ma documenti storici attestano che il fiore era conosciuto in Corea, nell’antichissimo Stato di Gojoseon, già nel terzo millennio a.C. con il poetico nome di “fiore dal cielo”.☺

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