Un lunedì drammatico
13 Luglio 2020
laFonteTV (3191 articles)
Share

Un lunedì drammatico

I lunedì non sono tutti eguali. Quell’11 giugno del 1984 fu per me (e non soltanto per me) un lunedì decisamente diverso.

Avevo cessato alle ore 14,00 la mattinata lavorativa, come fanno normalmente gli impiegati postali del turno di mattina. Nel mentre, passò sul marciapiedi un giovane con la radiolina accesa.  Il giornale radio stava diffondendo le ultime notizie: Abbiamo appreso che all’Ospedale di Padova è deceduto oggi, alle ore 12,45, Enrico Berlinguer. Seguivano altri dettagli.

Sbiancai in viso. M’appoggiai al muro più vicino. In genere restìo a palesare le mie emozioni, tanto meno a versare lacrime, incominciai a piangere a dirotto, come un bambino, senza vergognarmi di mostrare le lacrime ai passanti del primo pomeriggio.

Ho tenuto a lungo per me quelle lacrime, di cui erano stati testimoni, quel giorno, gli sconosciuti viandanti di via Quintilio Varo. Lacrime che ora mi sento di palesare e raccontare, nella convinzione che piangere non è sintomo di debolezza, ma pura espressione d’uno stato d’animo. Se è vero che una folla immensa, con grande commozione seguì, due giorni dopo, i funerali di Enrico, tenutisi il 13 giugno a Roma in piazza San Giovanni, davvero in molti, persone note e gente comune, piansero a calde lacrime durante quell’ultimo saluto.

Le cronache riferiscono, al riguardo, che il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava in quei giorni a Padova per ragioni di Stato, si era recato appena possibile in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Pertini aveva fatto in tempo ad entrare in stanza, prima che Enrico spirasse, per vederlo e baciarlo sulla fronte. Commovente fu il suo saluto al funerale (13 giugno), al quale partecipò circa un milione di persone. Durante il funerale, l’indimenticato Pertini si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti.

Proprio un altro giorno 11 di qualche anno prima, l’11 settembre 1973, era morto (ucciso o suicidatosi per non farsi catturare) un altro personaggio di rilievo che aveva significato qualcosa per molti: il presidente cileno Salvador Allende. Destino vuole che anche quell’11 settembre 1973 mi trovassi a Roma. Poco più che ventenne, m’ero recato al PalaEur con altre migliaia di giovani per ascoltare il concerto d’un gruppo cileno allora emergente, gli Inti Illimani. Durante lo spettacolo, un brivido percorse gli spettatori, non appena, imprevedibilmente, dal palco su cui si esibivano, un musicista del complesso cileno aveva annunciato al microfono: Abbiamo appena saputo che a Santiago del Cile il palazzo presidenziale è stato assaltato. A seguito degli scontri, il presidente Allende è morto.

Non potevo certo immaginare, quell’11 giugno 1984, che un altro giorno 11, a noi più recente,  l’11 settembre 2001 – data dell’attentato alle Torri Gemelle di New York – sarebbe passato alla storia in maniera non meno lacerante. Questo tipo di analisi è tutt’altro che facile, né avevo gli strumenti per comprendere le relazioni sottili che soltanto i più attenti sono in grado di intravedere nei processi storici.

Quell’11 giungo 1984, poco più che trentenne, possedevo pochi elementi di storia contemporanea. Ed ero alquanto digiuno di nozioni riguardanti le logiche del Potere (nelle sue forme più disparate, più o meno visibili, più o meno legali). Né alcuno poteva presagire, all’epoca, i destini del grande Partito di popolo di cui Enrico era stato leader ed anima, tanto meno gli eventi successivi che avrebbero condotto alla “svolta della Bolognina” del 1989 ed al congresso del 1991 che avrebbe decretato lo scioglimento del Partito Comunista Italiano.

Personalmente non avevo cultura politica. D’altronde, circa tre decenni or sono, in pochi avevano compreso la complessità e gravità delle vicende di quegli anni, poi definiti “anni di piombo”. Mancavano ancora elementi sufficienti per valutare se esistessero relazioni tra accadimenti di quegli anni Settanta ed Ottanta apparentemente slegati tra di loro, come, ad esempio, l’attentato terroristico sul treno Italicus dell’agosto 1974, l’aereo Itavia scomparso nel cielo di Ustica il 27 giugno 1980, la bomba alla stazione di Bologna del 2 agosto dello stesso anno, gli elenchi di una certa loggia massonica denominata P2 (scoperti nel 1981 in casa di tale Licio Gelli, personaggio inquietante venuto meno di recente, a fine 2015), e diversi altri misteriosi avvenimenti, drammaticamente contemporanei.☺

 

laFonteTV

laFonteTV