Una fine non la fine
È sempre difficile abbandonare i posti del cuore, quelli in cui si sono condivise emozioni forti e indimenticabili. Questo posto per me è stato una stanza di ufficio al piano terra, inizialmente spoglia, che negli anni io e le mie compagne abbiamo abbellito con disegni, fotografie, slogan ed inviti alla libertà ed al cambiamento. Con il passare degli anni, la scrivania e gli scaffali hanno ospitato i regali degli studenti e delle donne che si sono avvicendate su quelle sedie.
Le abbiamo viste arrivare spaventate e le abbiamo viste uscire libere e trasformate. Spesso hanno cambiato casa, lavoro, colore di capelli. Ci hanno ringraziato, anche se nel mio cuore ero io che sentivo di dover ringraziare loro per la straordinaria forza che mi hanno trasmesso e per il coraggio di rinnovarsi. Di tutte le decine che ho avuto la fortuna di incrociare tra quelle pareti, mi accorgo oggi di non averne dimenticata nessuna. Con qualcuna, in questo cammino, sono nate persino relazioni di amicizia profonde e durature.
Spesso, tutto ciò che è lavoro sociale viene scambiato per assistenzialismo, come se l’operatore fosse un salvatore e l’utente un bambino a cui insegnare a camminare da solo. Nel nostro lavoro siamo state sempre e solo compagne di viaggio, anche solo per un breve tratto, di tutte le donne che abbiamo accolto.
Siamo state con loro nei momenti di paura, per non lasciarle sole. A volte siamo andate anche in contrasto, sempre nel reciproco rispetto. Abbiamo stretto relazioni di collaborazione, confronto e rispetto con tutti gli operatori della rete territoriale.
Poco importa che oggi occuparsi di violenza di genere sia per certi versi la moda del momento, che ne parlino tutti, professandosi esperti spesso senza aver mai letto o capito la Convenzione di Istanbul, soffermandosi quasi sempre sul ruolo salvifico del professionista e sul dettaglio morboso, sulla foto con l’occhio pesto, sulla morte. Io e le mie compagne abbiamo sempre celebrato la forza della vita e della libertà, della luce che deve prevalere sul buio. Il nostro non è mai stato il posto delle lacrime, anche se ne sono scese tante, ma è sempre stato il posto dei sorrisi e della rinascita.
Poco importa se per alcune il femminismo sia chiusura e non apertura, quasi come una forma di snobismo che annulla un pensiero divergente o critico. Poco importa se abbiamo visto spesso calpestare i valori di sorellanza da chi se ne erge paladino, poco importano i giochi politici ed i favoritismi, che hanno la caratteristica di essere sempre contingenti e mai duraturi.
Questo è il mio bagaglio, oggi, ed è una speranza per superare il senso della perdita, della delusione e dell’ingiustizia subìta. Questa è una fine, ma non è la fine, per quanto oggi faccia male. L’ho imparato negli anni dalle donne ed è una lezione che resterà impressa nel mio cuore.☺
