vita nell’universo
18 Aprile 2010 Share

vita nell’universo

 

Al di fuori della Terra, può esistere nell’universo, come oggi lo conosciamo, qualche astro capace di ospitare la vita?

Non possiamo cercare forme di vita sulle stelle, perché le temperature sono troppo elevate, e non possiamo cercarle nel mezzo interstellare, perché la densità di materia è troppo bassa. Soltanto i pianeti sembrano poter ospitare la vita; ma quanti sono gli oggetti planetari nell’universo? Esistono almeno 100 miliardi di galassie, ciascuna delle quali contiene in media 100 miliardi di stelle. Ammettendo che ogni stella possa essere il centro di un sistema planetario simile al sistema solare, potremmo aspettarci grossolanamente di trovare miliardi di miliardi di oggetti planetari. Le stelle, però, si riuniscono spesso in gruppi (stelle multiple, ammassi aperti o globulari) e quindi è possibile che non tutte abbiano una famiglia di pianeti. Si potrebbe tentare un calcolo statistico per stimare quanti pianeti extrasolari esistono nell’universo, ma ad oggi i dati disponibili non consentirebbero un calcolo attendibile. La cosa certa è che comunque vi è un grandissimo numero di stelle che hanno intorno un sistema planetario. La formazione dei pianeti non è una rarità e anzi essa accompagna generalmente la nascita di una stella. Ma dove cercarli?

Nelle galassie del tipo a spirale si possono distinguere due regioni: un nucleo centrale e dei bracci che si avvolgono intorno al nucleo. Nel centro si trovano stelle più vecchie e poca materia allo stato diffuso; nei bracci si trovano stelle più giovani, molte stelle simili al nostro Sole e una grande quantità di nubi interstellari (addensamenti di gas e polveri che danno origine a nuove stelle e nuovi sistemi planetari). Con una ipotesi di forte semplificazione, possiamo limitarci a considerare solo le stelle che si trovano nei bracci a spirale delle galassie e solo le stelle con caratteristiche chimiche e fisiche simili al nostro Sole: in sostanza questo equivale a cercare i sistemi planetari in vicinanza di stelle “medie” per temperatura, per dimensione e per massa. Vicino a molte stelle come il Sole (o poco più piccole) probabilmente esistono pianeti e satelliti capaci di ospitare la vita. Le sonde che in questi ultimi anni stanno studiando il sistema solare forniscono informazioni significative a questo proposito: basti pensare ai satelliti di Giove e di Saturno. Ad esempio al satellite Io, con i suoi vulcani in attività e la sua minima distanza da Giove, che gli consente di integrare la poca energia ricevuta dal Sole con quella emessa dal suo pianeta. O ancora a Titano, con i suoi laghi e i suoi temporali di metano liquido, e a Encelado, con la sua superficie di ghiaccio e i suoi geyser di vapor d’acqua. Tutto questo per dire che non solo i pianeti ma anche i satelliti potrebbero offrire condizioni compatibili con la presenza della vita e che quindi il campo di ricerca potrebbe essere molto più ampio di quanto si pensi. A questo punto la domanda da porsi è: come cercarli?

La ricerca dovrebbe procedere in due tempi: prima scoprire pianeti intorno a qualche stella, poi vedere se possono ospitare la vita. I metodi scientifici utilizzati per pervenire alla soluzione della prima parte di questo problema sono diversi e tutti abbastanza complessi, ma cercheremo di farvi un breve accenno. In primo luogo, la presenza di uno o più pianeti vicino ad una stella può essere  dedotta dalle “pertur- bazioni” che l’attrazione gravitazionale del pianeta produce sull’orbita della stella e dalle “variazioni” che esso induce sulla velocità, misurate attraverso gli spostamenti delle righe spettrali della stella. Un altro modo che permette di scoprire la presenza di un pianeta è legato allo studio dei transiti, cioè dei passaggi del pianeta davanti alla propria stella con conseguente variazione della luminosità percepita. Per pianeti di stelle molto lontane (migliaia di anni luce), si utilizza invece il metodo delle microlenti gravitazionali, basato sullo studio delle “deviazioni” prodotte dalla gravità degli oggetti planetari sui raggi luminosi delle stelle. Tutti questi metodi hanno permesso, dal 1995 ad oggi, di individuare oltre 200 pianeti, soprattutto (ma non solo) con masse comparabili a quella di Giove (il pianeta più grande del sistema solare). Non siamo ancora in grado di vedere direttamente tutti questi pianeti perché sono troppo deboli rispetto alla loro stella, ma abbiamo la conferma del fatto che i pianeti extrasolari sono numerosi. Negli ultimi anni le attività si stanno sempre più orientando alla ricerca e alla scoperta di oggetti di massa comparabile a quella terrestre, anche se al diminuire della massa le ricerche si fanno più difficili perché gli effetti prodotti divengono sempre meno percepibili.

Compiuto il primo passo, cioè scoperto un pianeta, si potrebbe affrontare la seconda parte della questione: le condizioni chimico-fisiche del pianeta sono favorevoli alla presenza della vita? E ancor prima, quali sono le condizioni che permettono alla vita di prodursi e riprodursi? La risposta a questa domanda non è univoca da parte della comunità scientifica. Possiamo però individuare alcuni punti fermi. Sul pianeta devono esistere l’acqua ed il carbonio. Per essere precisi, queste due condizioni vengono poste da chi cerca forme di vita analoghe a quelle terrestri, ma nulla vieterebbe di pensare a forme di vita diverse: ad esempio basate sul silicio e non sul carbonio oppure legate al metano liquido invece che all’acqua. Ad ogni modo, le molecole fondamentali per l’insorgere della vita si trovano anche nel mezzo interstellare e nelle comete, quindi si può ammettere che la vita possa in teoria prodursi in ogni punto della nostra Galassia e dell’universo. Ci sono però una serie di altre limitazioni. La radiazione della stella intorno alla quale ruota il pianeta non deve essere né troppo intensa né troppo debole: nel primo caso l’energia sarebbe eccessiva e “brucerebbe” le forme di vita, nel secondo caso l’energia sarebbe insufficiente a sostenere le funzioni vitali. Il pianeta dovrebbe inoltre possedere una atmosfera che lo protegga e che consenta la creazione di condizioni climatiche adatte e stabili. Per fare qualche esempio, pensiamo al nostro sistema solare. Mercurio è troppo vicino al Sole per ospitare forme di vita (in assenza di atmosfera, la temperatura varia tra 170 e 400 gradi centigradi); Venere si troverebbe ad una distanza teoricamente accettabile ma la sua densa atmosfera di anidride carbonica e il conseguente effetto serra producono temperature al suolo di circa 480 gradi; Marte presenta alcune caratteristiche simili alla Terra (durata del giorno, presenza delle stagioni, calotte polari, la presenza di acqua ghiacciata) ma è interessato da estese tempeste di polvere e dalla presenza di composti chimici velenosi per la vita, ha un’atmosfera ridottissima che non ferma l’irradiazione ultravioletta e temperature molto basse (sotto i -130 gradi in inverno), con un quadro di condizioni tanto inospitali per la sopravvivenza di forme di vita da renderne improbabile la presenza (anche se resta aperta ancora la possibilità che nel passato si siano sviluppate forme di vita a livello di microrganismi). Al di fuori del sistema solare, merita di essere citata la scoperta, avvenuta nello scorso aprile, della possibile presenza di acqua allo stato liquido su un pianeta extrasolare comparabile alla Terra, orbitante intorno ad una stella (la nana rossa Gliese 581) distante circa 20 anni luce.

Approfondendo le indagini, è opportuno osservare che la vita può presentarsi in forme molto diverse, dalle più semplici alle più complesse: dai microrganismi ai vegetali complessi, dagli animali all’uomo. Potremmo allora riformulare la domanda iniziale, chiedendoci se esistano nell’universo altre forme di vita intelligente e, di seguito, se esiste qualche possibilità di comunicazione con esse. Se esistessero esseri viventi pensanti al nostro stesso livello tecnologico su pianeti di stelle non troppo distanti, forse potremmo scambiare con essi messaggi radio. Sulla base di questa considerazione, nel 1992 è nato il progetto SETI (Search of Extra-Terrestrial Intelligence) che utilizza dei radiotelescopi per raccogliere segnali radio di origine artificiale provenienti dallo spazio, alla ricerca di civiltà extraterrestri intelligenti, indagando un migliaio di stelle poco diverse dal Sole, in un raggio di 100 anni luce da noi.

Pur ricorrendo alle onde radio che viaggiano alla velocità della luce, sulla possibilità di comunicare e di incontrarsi pesano, allo stato attuale delle nostre tecnologie, due ostacoli davvero giganteschi: la difficoltà di trovare un linguaggio comune (un linguaggio sonoro? la matematica?) e le enormi distanze che ci separano, basti pensare che il disco della nostra galassia ha un diametro di 100.000 anni luce, che la “vicina” Galassia di Andromeda è a 2,2 milioni di anni luce da noi e che le galassie distano l’una dall’altra milioni di anni luce. Tanto per dare qualche numero: un segnale radio viaggia a 300.000 km/s, una sonda a circa 16 km/s (58.000 km/h) e un’astronave a 10 km/s (38.000 km/h); per raggiungere la stella più vicina (Proxima Centauri) un segnale radio impiegherebbe 4,2 anni e un’astronave dovrebbe viaggiare per circa 120.000 anni! La sonda Voyager 1 è l’oggetto costruito dall’uomo più distante dal pianeta Terra: si trova “solamente” a 14 ore luce (circa 15 miliardi di km) ed è stata lanciata nel 1977! In conclusione possiamo affermare che, al di là di tutte le credenze ufologiche, probabilmente non vedremo mai civiltà extraterrestri, ma questo non ci autorizza certo a pensare che esse non esistano. ☺

 

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