de homine sangiulianesis    di Redazione
30 Dicembre 2011 Share

de homine sangiulianesis di Redazione

 

Mentre gli studiosi di tutto il mondo concordano nel ritenere la conquista della posizione eretta una delle tappe fondamentali nel lungo percorso evolutivo della nostra specie, c’è un membro dell’umano consorzio che ha escogitato un meraviglioso espediente per far fronte alle leggi di sopravvivenza ed adattamento che determinano l’agire antropico.

L’abitudine quasi decennale alla genuflessione ed all’inginocchiamento hanno prodotto nell’homo sangiulianensis (o sanctiulianensis che dir si voglia) quella singolare postura a capo chino e con la schiena piegata che è ormai caratteristica della stragrande maggioranza degli abitanti di quel bislacco paese. Lo strano comportamento evolutivo, di cui gli autoctoni non sembrano ancora aver preso coscienza, si ripresenta con apodittica evidenza ogni volta che qualche straniero varca gli striminziti confini di tale landa arsenicale. Così, svoltata la Curva del Patanaro oppure quella del Casciere, non di rado capita di vedere qualche attonito viandante osservare con meravigliato stupore quell’eccentrica maniera di deambulare.

La cosa di per sé ha i suoi vantaggi. In primis, questo atteggiamento riduce notevolmente la pressione esercitata dalla forza di gravità sulla colonna vertebrale (a quei pochi che l’hanno conservata, la spina dorsale); inoltre adottando tale portamento non si è mai costretti ad alzare la testa, come del resto statuito dai nostri illuminati e zelanti amministratori.

Eppure questa infelice schiatta si vanta d’avere ben altre origini, che si perdono ormai nella notte dei tempi. Era un’epoca, quella, in cui dall’altra sponda del Mare Nostrum non arrivavano frotte di disperati con le pezze al culo ad elemosinare asilo oppure a crepare sui nostri opulenti arenili, bensì fieri guerrieri Saraceni, armati di corrusche scimitarre. E guai a dargli torto, a questi Sarracini, che subito ti facevano saltare la capoccia.

Un tempo, quando la libera manifestazione del proprio pensiero non necessitava dell’autorizzazione preventiva di alcun Comitato di sorta; quando forse il livello d’ignoranza era lo stesso, ma la coesione sociale era granitica; quando i nostri nonni si vantavano di aver difeso Sant’Elena a furia di mazzate, e ne narravano con lacrimoso rimpianto le eroiche gesta; quando i mestieri erano ancora quelli di una volta, e di alcune professioni non se ne sentiva assolutamente il bisogno (e infatti in paese non si erano mai visti né Provveditori alle Opere Pubbliche, né Protettori Civili, né Procuratori delle Repubbliche, né Sub-Commissari; né tantomeno Palazzinari, Affaristi e Faccendieri e – a dire il vero – nemmeno di certi tipi di Barbieri si era mai avvertita l’esigenza); ebbene in quel tempo i Saraceni andavano così fieri delle proprie belluine origini al punto da eleggere una “canzuncella napulitana” ad inno nazionale e da battezzare, ad imperitura memoria di cotanta cazzimma, la propria squadra di calcio “US Saracena”.

Forse a quel tempo i nostri avi, i Sarracini, certe cose non le avrebbero mai permesse. Tutti quei materiali, tutte quelle sostanze, tutte quelle porcherie a San Giuliano non sarebbero mai arrivati. Fossero successe allora certe cose, i nostri governanti avrebbero dovuto fare i conti con uomini di ben altra sostanza, con materiale umano di differente caratura. Che di certo non era materiale di risulta. Ed avrebbero dovuto spiegare, i nostri governanti, il perché di certi strani accadimenti. Quella che fu una scimitarra è diventata, nelle mani degli epigoni di quei valorosi guerrieri, una banana ritorta.

Adesso che – oltre alla concussione, al peculato, all’abuso d’ufficio, alla malversazione – il variopinto carrozzone del Circo Barnum della Ricostruzione ha portato a San Giuliano questa nuova liturgia della genuflessione, assistiamo sgomenti alla nascita di nuove brigate di partigiani dell’imbecillità in servizio permanente effettivo. I quali si ritrovano a scavare l’ennesima, tragica trincea dietro la parte sbagliata della Linea Gotica. Invece di reclamare a gran voce chi, come e quando abbia scaricato quelle schifezze in paese, e chi l’abbia permesso, e perché, questi guerriglieri all’amatriciana – o meglio, alla pizza coi cigoli – perseguitano con tutto l’ardore di cui sono capaci quei rari giornalisti decisi a spezzare l’egemonia della disinformazione molisana e quei pochi cittadini realmente preoccupati per il futuro proprio e dei propri figli.

E le loro damigiane diventano alambicchi entro i quali – novelli Lavoisier – confrontare le percentuali e verificare il superamento delle soglie di sicurezza. A pochi mesi dallo storico risultato del referendum sull’acqua questi alchimisti fai-da-te lasciano che le loro falde acquifere vengano allegramente insozzate e contaminate da porcherie di ogni genere ad opera di avventurieri e scrocconi senza scrupoli e senza ritegno.

Quello che non hanno ancora capito (o non hanno ancora voluto capire), questi artisti del tedio, è che la presenza di arsenico – la sua percentuale, il suo valore – a San Giuliano di Puglia deve essere pari a Zero. E non c’è peggior fesso, purtroppo, di chi non vuol capire.

Emma Rouault, coniugata Bovary

(avvelenata dall’arsenico nel 1856)

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