Irma bandiera
14 Settembre 2019
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Irma bandiera

Le preziose: con questo titolo apro articoli che parlano di donne di ieri, l’altro ieri, oggi che, come le preziose del settecento hanno agito o vissuto per lasciare il testimone alle altre.

Cosa viveva, poteva desiderare negli anni ‘40 una giovane donna, uscita dalla prima guerra mondiale e che credeva di entrare in un mondo di pace, ed invece attraversava una stagione di violenza, d’intolleranza, di odio viscerale portato fino nella pancia, nel cuore? Era di famiglia borghese Irma Bandiera: lo vediamo già dalle sue foto di ragazza minuta, fragile, elegante, con filo doppio di perle, chemisier e vestiti fini. Avrebbe potuto attraversare quei tempi come tante altre ragazze, senza essere sfiorata dai pensieri bui, incertezze di scelte e dalle condizioni di vita di chi soffriva l’ antifascismo. (Va ricordato oggi, alle ragazze ed ai ragazzi che non coltivano la memoria quale fosse la condizione della donne durante il periodo fascista e non solo: vi prego fate parallelismi! Oggi sta nascendo un altro fascismo, diverso perché diverso il contesto storico; ma le iniezioni alla pancia del paese di paura e panico sul “diverso”, sul “penso solo a me stesso, prima io” sono gli stessi princìpi del basso ventre).

Mussolini, sembra, che disse “le donne devono tenere in ordine la casa, vegliare sui figli e portare le corna” (ricordarsi del convegno sulla famiglia organizzato dal senatore leghista Pillon cui ha partecipato il nostro moderno capitano).

La condizione delle donne grazie anche alle idee di intellettuali del tempo era difficile: nel 1926 le donne vengono escluse dall’insegnamento della storia, della filosofia, dell’economia, materie troppo nobili e in seguito negli anni, sempre con leggi ad hoc, vennero escluse dall’essere presidi e direttori. Nel 1933 il regio decreto stabilisce, nei bandi di concorso, l’esclusione delle donne – o al massimo fino al dieci per cento dei posti assegnati negli impieghi pubblici e privati – c’era poi la clausola del nubilato, cioè la firma di accettare il licenziamento qualora si sposassero, (ed oggi ? Pensiamo alle regole accettate dalle lavoratrici di oggi).

Scriveva sempre Mussolini “bisogna convincersi che un certo tipo di lavoro causa nella donna la perdita degli attributi generativi (sic!) porta all’uomo una fortissima virilità fisica e morale”. Nel frattempo le donne sottopagate mandavano avanti l’industria. Dal punta di vista morale-etico il codice Rocco stabiliva anche nel matrimonio la famosa differenza sul “tradimento”: le donne, se tradivano erano condannate per adulterio con pene severissime mentre per gli uomini si parlava  di concubinato, accusa molto lieve che doveva essere conclamata.

Si può capire come tante donne abbiano partecipato alla resistenza anche se bisognerebbe discutere molto ancora sul loro ruolo che non era di semplice staffetta ma anche di donne che hanno combattuto a fianco degli uomini con le stesse violenze subìte (aggravante lo stupro).

Irma Bandiera, la giovane, luminosa, minuta e fragile ragazza borghese che vediamo nelle foto risplendere, con il filo di perle e lo chemisier rosso a pois bianchi, (quelli del giorno della sua cattura il 7 agosto 1944) ha 29 anni; sceglie di entrare nella 7a GAP, a Bologna: voleva dire lasciare indietro tutte le paure, abituarsi ai pericoli immediati, vedere la propria fine davanti agli occhi, mescolata a sofferenze infinite. Lei lo sapeva, tanti prima erano stati presi, la tortura diventava pratica di tutti i giorni. Irma entra ugualmente in quel lavoro, non è più Irma, si chiama Mimma, è una delle più brave, delle più svelte staffette. La madre e il padre ignorano la sua scelta.

Il 7 agosto 1944 porta delle armi nella base della brigata di Castelmaggiore. Sulla strada del ritorno, a Funo, si scontra con i nazisti. Fatta prigioniera, Irma è prima imprigionata a San Giorgio di Piano e poi consegnata a Tartarotti perché la interroghi. Ha con sé dei documenti cifrati e le autorità fasciste vogliono sapere da lei chi siano i capi del movimento e dove le basi. Viene torturata per ore e giorni, inutilmente, perché lei non fa nessun nome. Forse nell’estremo tentativo di piegare la sua resistenza, dopo averla accecata, forse come estremo spregio, i fascisti della Tartarotti la portano la mattina del 14 agosto nei pressi della casa dei suoi genitori, in zona Andrea Costa.

“Era ancora viva – scrive Pino Cacucci in Ribelli! quando il 14 agosto gli aguzzini la scaraventarono sul marciapiede, al Meloncello, sotto la finestra dei genitori. Uno disse: Ma ne vale la pena? Dacci qualche nome, e potrai entrare in casa, farti curare… Dietro questa finestra ci sono tua madre e tuo padre! Mimma non rispose. La finirono con una raffica di mitra, e se ne andarono imprecando. Per un giorno intero i fascisti lasciarono il suo corpo in strada, come monito. Ora quella via porta il nome di Irma Bandiera e sul muro davanti al quale rimase esposto il suo corpo una lapide la ricorda”.

Lo chemisier rosso a pois bianchi, che Irma portava il giorno della cattura, suggerisce che forse alla lapide e “paludate” parole, abbia gradito di più il murale inaugurato il 24 aprile del 2017, per lei, sulla facciata delle scuole elementari Bombicci in via Turati, Bologna. Sul murale, realizzato campeggiano in bianco le parole di Sandro Pertini: “La coerenza è comportarsi come si è, e non come si è deciso di essere”.  I suoi occhi splendono in un sorriso avvolgente.

Peccato che da allora, per ben due volte, il murale della partigiana Mimma, Irma Bandiera, sia stato deturpato ed imbrattato. Un caso? Un segno dei tempi?☺

 

 

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