Oltre le rovine
5 Maggio 2017
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Oltre le rovine

Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!” (2Cr 36,22-23).

Se nel Primo Libro delle Cronache è stata annunciata la costruzione del tempio di Gerusalemme, così fortemente desiderata dal re Davide e realizzata da suo figlio Salomone, nel Secondo Libro delle Cronache il tempio, ormai edificato e per di più con i migliori materiali presenti sul mercato, viene finalmente consacrato. Immediatamente dopo il regno di Salomone inizia, però, un tempo difficile: il regno si spacca e si divide in due. Il Cronista trascura del tutto ciò che accade nel regno del nord (o regno di Israele, con capitale Samaria) per interessarsi esclusivamente alle vicende del regno del sud (o regno di Giuda, con capitale Gerusalemme) e della dinastia davidica. Tutti i sovrani, infatti, sono giudicati in rapporto a Davide (figura esemplare del monarca) e in rapporto alla loro obbedienza o ribellione dinanzi ai principi dell’alleanza stabilita da Dio con il suo popolo.

Appaiono nel Libro sia le figure di due grandi riformatori, come Giosia ed Ezechia, che puntano al rinnovamento del culto, e le figure di sovrani nemici che umiliano il popolo: prima l’assiro Sennacherib che segna la fine del regno del nord (721 a.C.) e poi il babilonese Nabucodonosor che mette fine al regno di Giuda (587 a.C.) e deporta gli abitanti di Giuda in Babilonia. Il libro però si conclude con una sorpresa: dopo gli anni dell’esilio, anni in cui gli scampati alla spada diventano schiavi di Nabucodonosor e dei suoi discendenti, appare un re, Ciro, uno straniero, più precisamente un persiano che, lungi dal voler soggiogare il popolo di Giuda, auspica e promuove la ricostruzione del tempio di Gerusalemme e il ritorno dei suoi abitanti nella città santa. Il libro si conclude menzionando il famoso Editto di Ciro (538 a.C.) che consente ai Giudei esiliati a Babilonia di tornare a Gerusalemme, di riportare con sé gli oggetti d’oro asportati da Nabucodonosor (il tesoro del Tempio) e di ricostruire il tempio (cf. Esd 1,2-4). Ciro chiude il suo editto rivolgendo agli esiliati l’augurio della consolazione che viene dalla presenza di Dio e l’invito a salire… dallo scoraggiamento alla speranza, dalla tristezza al canto, dalle catene della schiavitù ai vincoli del servizio.

La vita è una salita, una scalata verso l’altro e verso l’Altro. La tentazione di poter fare tutto da soli è uno sgambetto che rallenta il passo e affatica la salita. Per questo la fede suggerisce la forza del salire in cordata, non più individui ma persone in relazione capaci di accogliere anche la profezia dello straniero; non più monadi, ma comunità, non più spettatori che contemplano i resti di edifici diroccati, ma protagonisti attivi di ogni sorta di ricostruzione.

 

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