terra di conquista
31 Agosto 2010 Share

terra di conquista

 

Fanno parte della lettura  quotidiana dei giornali le informazioni relative all’insediamento di cosche malavitose (mafia, camorra, sacra corona unita, ‘ndrangheta) sul territorio regionale. È quasi certo che il Molise non è più una regione nella quale far svernare in domicilio coatto nomi eclatanti della malavita organizzata – ricordiamo, a mo’ di esempio, la stanzialità durata più di tre anni di Vito Ciancimino a Rotello (Cb) -, ma è un territorio dove, per la tiepidezza civile di parte cospicua della sua popolazione e per la disattenzione di molte amministrazioni locali, le cosche della malavita organizzata fanno affari. Le inchieste messe su dalle Procure di Isernia e di Larino, su questioni diverse fra di loro ma sostanzialmente contigue per le trame del malaffare che le attraversa, stanno ad indicare che “alea iacta est”, nel senso che la prevaricazione, l’illegalità, il profitto illecito a tutti i costi ai danni della collettività ignara ormai stanno indicando una nuova pericolosa visione della vita: la facilità del guadagno attraverso l’illegalità, l’imbroglio, la disonestà fatti a sistema.

Purtroppo, le indicazioni di insediamento delle mafie non mancano; eccone soltanto alcune.

Nella provincia di Isernia la Magistratura napoletana ha posto sotto sequestro diverse abitazioni di probabile proprietà di un potente clan camorristico che gestisce un grosso giro di usura e di racket estorsivi. Tale notizia si è avuta grazie ad una conferenza stampa della Procura di Napoli che ha fatto una maxi-operazione il cui risultato è stato l’arresto di  60 persone, dando,  così sembra, un duro colpo al clan Moccia di Afragola. Tali beni, immobili e mobili, il clan Moccia sarebbe riuscito a costruirli, in quanto i soggetti estorti, proprio a causa della impossibilità di saldare i conti richiesti dagli emissari della camorra casertana, sono stati costretti giocoforza all’alienazione dei propri beni.

Si dice poi che le imprese molisane siano strette nei tentacoli dell’usura camorristica e ciò è vero, anche in considerazione del fatto che è proprio un giornale economico-finanziario come il Sole 24 Ore che parla di questo terribile fenomeno. La nota viene ripresa anche da un quotidiano di Campobasso – Primo piano -. L’usura, in generale e nel Molise in questo riquadro, sarebbe diventata una delle imprese più vantaggiose e redditizie delle organizzazioni malavitose, che da alcuni anni stanno insediandosi nella regione molisana. È la Confesercenti a dare il grido di allarme: sarebbero ben 2300 i piccoli imprenditori stretti nella morsa dell’usura. In un momento di grande crisi economica, l’usura, e quella in particolare relativa all’industria e al settore edilizio, si allarga terribilmente e le organizzazioni malavitose ricattano principalmente le aziende, che così cadono irrimediabilmente nelle pastoie losche del malaffare ricattatorio.

Un’altra piaga rilevante, sempre sulla scorta delle note del Sole 24 Ore, sta prendendo piede e riguarda il fenomeno di prestito di danaro a “usura giornaliera”: si parla di un tasso usuraio intorno al 10%, cosa che soffoca inesorabilmente gli esercenti, piccoli o grandi che siano, consegnandoli direttamente alla camorra napoletana o alla sacra corona unita pugliese.

Proprio della sacra corona unita pugliese è un bene confiscato sito nel centro storico di Campobasso: si tratta di un piccolo appartamento; ma la cosa che evince è che ormai i tentacoli della malavita organizzata hanno sfondato anche il muro di una regione considerata troppo sbrigativamente e superficialmente una terra come posta sulle nuvole aristofanee.

La realtà è un’altra e molto amara: da un lato è l’impatto molto negativo della recessione economica a spingere molte realtà imprenditoriali nelle mani fetide delle mafie, da un altro è il continuo attacco alle regole essenziali sancite dalla Costituzione che viene giornalmente screditata fino al punto da far credere alla popolazione inerme e disattenta che, se il popolo ti vota, tu sei esente da ogni obbligo di rispetto e di tutela della Carta Costituzionale. Non solo il malaffare si diffonde ma anche l’incultura pragmatica della sopraffazione, dell’individualismo sfrenato, dell’imbroglio, della disonestà, prendendo piede, sta modificando non solo la cultura della legalità ma anche la stessa morfé dell’individuo, inesorabilmente spinta al degrado così come Dorian Grey aveva modo di verificare guardandosi allo specchio.

LIBERA Molise è a disposizione di quanti sono oppressi dalla spirale dell’usura, del ricatto, della minaccia materiale alla propria persona, alla propria famiglia e ai propri beni. Esempi e casi ci sono e sono molto amari…

 

appuntamenti e impegni

Nell’incontro a Larino (Cb) il 13 luglio scorso Libera Molise ha preso i primi contatti con due associazioni che da diversi anni s’impegnano culturalmente e socialmente nella città. LarinoViva e La Rinascita – sono espressioni di un sentire civile che mette in primo piano la cultura della legalità costituzionale, una battaglia civile sul versante della qualità della vita sia individuale che collettiva attraverso la salvaguardia dell’ambiente e la crescita di una sensibilità civile che metta al centro degli interessi il concetto di “Bene Comune”, come per esempio sta verificandosi in questi giorni sul tema dell’utilizzazione di energia rinnovabile, come uno dei perni essenziali della ripresa economica della regione molisana. Anche il senso civile della divisione dei ruoli istituzionali nella nostra società democratica è un elemento importante, condiviso da Libera Molise.

Un secondo appuntamento rilevante è stato quello di Macchia d’Isernia (Is) dove dal 28 luglio al 1 di agosto scorso c’è stato il festival blues in cui Libera Molise è stata invitata per prendere parte attiva all’evento musical/culturale  e dove ci sono stati incontri sui temi del lavoro, di quello “nero”, dell’art. 1 della Carta Costituzionale e dove l’associazione Libera dalle mafie ha avuto l’opportunità di esporre le sue linee sul versante della lotta alle mafie, su quello del contributo essenziale nei confronti delle famiglie delle vittime delle mafie come pure del tema vitale della MEMORIA delle vittime, nodo essenziale per l’ associazione.

In entrambe le occasioni sono sorti due nuovi presidii, in cui la parte nodale è costituita dalla presenza giovanile, che  appare interessata alle attività di Libera. Inoltre, constatiamo che un buon numero di giovani è attratto dalle motivazioni civili del volontariato e questo fa bene sperare per il futuro della democrazia nel nostro Paese.

Un terzo appuntamento riguarda la questione dell’Eolico selvaggio nel Molise, che appare come l’espressione di un aggressivo e interessato attacco alla nostra regione, considerata “terra di nessuno”, dove, si suppone da più parti, la sensibilità popolare e comune sia modesta e tale da consentire il degrado dello stesso territorio. Ma così non è perché sia i singoli cittadini che le associazioni – ma anche alcuni partiti – si stanno impegnando per accrescere la cultura della difesa dignitosa della terra molisana, impegno che non guarda al passato agro-pastorale ma ad un diverso modo di intendere lo sviluppo regionale, ecosostenibile e sulla  base di energie rinnovabili (tra cui anche il vento). In questa battaglia civile Libera Molise è al centro delle iniziative ed avrà il compito di facilitare la collaborazione a rete fra le tante associazioni e i cittadini che si stanno muovendo in questi ultimi mesi (Oggi, 20 agosto, il TG3 Molise ha dedicato un’ampia pagina del giornale al tema dell’eolico selvaggio, denunciando sia l’assenza  politica del potere amministrativo regionale e sia sottolineando quando questa assenza sia complice e responsabile del malaffare che si sta abbattendo sul Molise).

Un quarto appuntamento attiene al tema della MEMORIA, ossia del ricordo delle vittime di tutte le mafie, che in questi ultimi anni hanno mietuto stragi e dolori nei confronti di quanti con dignitosa tensione professionale hanno cercato di difendere la collettività dalle infiltrazioni malavitose, che tanto danno stanno provocando anche alle istituzioni.

Citiamo solo alcuni nomi, dietro ai quali non ci sono soltanto i volti o eventualmente le divise di quanti a titolo diverso sono dipendenti dello Stato ma anche le idee, i sacrifici, i valori ai quali costoro hanno legato la propria esistenza.

– Il 3 settembre 1982, alle ore 21.15, a Palermo, in Via Isidoro Carini, viene trucemente assassinato, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, e all’agente di scorta, Domenico Russo, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, reduce dagli anni 1978-1982 nei quali aveva inferto un colpo definitivo alle strutture clandestine delle Brigate Rosse. Ad ucciderli sono stati Antonino Madonia e Calogero Ganci e Pino Greco, detto Scarpuzzedda, che ha freddato l’agente di scorta.

– Il 15 settembre 1996, la sera ritornando nella sua abitazione, al Brancaccio di Palermo viene ucciso don Giuseppe Puglisi (don Pino), parroco in questo quartiere palermitano povero e dimenticato dalle amministrazioni comunali, perché educava la sua gente a coltivare il senso del rispetto delle norme, da quelle della Carta Costituzionale a quelle che quotidianamente regolano la vita e i rapporti fra le persone, e fra le persone e le istituzioni. Don Pino si era tuffato anima e corpo a ridare speranza di vita ai tossicodipendenti e ai delinquenti di strada, per la massima parte giovani sbandati. Qualche mese prima dalla piana di Agrigento il pontefice Giovanni Paolo II aveva ricordato ai cittadini di fede cattolica quanto importante fosse il senso dello Stato e la cultura della legalità in una regione martoriata dalla mafia, dalla sua visione della vita e della storia violenta, delinquenziale, antidemocratica, sopraffattrice.

I livelli alti della mafia hanno temuto una diffusione veloce delle indicazioni civili del pontefice romano e così hanno deciso la morte violenta di don Pino. La reazione dell’opinione pubblica, regionale e nazionale, è stata violenta e immediata, come dimostra un documento a firma di alcuni sacerdoti, fra cui padre Ennio Pintacuda e padre Carlo Ruotolo, allora molto noti sul versante dell’antagonismo alla mafia. Eco alcuni stralci del documento: “Santità, è appena trascorso un anno dalle stragi di Falcone, di Borsellino e degli agenti della loro scorta e di nuovo arriva un altro delitto di mafia. Questa volta è stato ucciso un sacerdote. Padre Giuseppe Puglisi era un parroco impegnato in un quartiere di Palermo piegato da mafia e degrado… la città di Palermo tutta, i sacerdoti e i cristiani sono affranti e terribilmente colpiti; ci chiediamo quando finirà questa terribile catena di morte…”.

Il 25 settembre 1979 vengono uccisi un giudice battagliero e autonomo nel suo lavoro, Cesare Terranova, e il suo fedele agente di scorta, Lenin Mancuso, che seguiva il giudice palermitano da più di 20 anni… ☺

bar.novelli@micso.net

 

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