van loon   di Teresa Labagnara
1 Dicembre 2011 Share

van loon di Teresa Labagnara

 

Le nostre case sono piene di vecchie cose apparentemente inutili, buone da buttar via. Esse invece sono la nostra riserva di energia: pronte a sprigionarla a beneficio di chi le ama. Preziose per il loro potere evocativo, non per il materiale di cui sono fatte, non per la raffinatezza della lavorazione. Sono vive e sempre nuove perché trasmettono vita: perché guardarle, toccarle, annusarle favorisce il riemergere di sensazioni, di emozioni, di sentimenti dimenticati che danno nutrimento e calore al presente.

Nella mia libreria fa bella mostra di sé La geografia di Van Loon, un vecchio libro di edizione Bompiani 1939, ben rilegato, solo il taglio un po’ annerito. Quando lo prendo in mano e ne dispiego la sopracoperta – un’originale carta geografica disegnata dall’autore, a tre dimensioni, che mostra l’oceano non in superficie ma in profondità – mi metto a navigare all’indietro, nel mare del passato e approdo nel porto della mia adolescenza, attratta dal biancore e dalla musica di un Natale che nel mio cuore dedico alle persone che me lo resero felice.

Vigilia di Natale 1940. Su Roma era caduta la neve, salutata con gioia da noi ragazze di “Villa IX Maggio” (collegio femminile dell’Istituto Costanzo Ciano per i Postelegrafonici) come la naturale cornice di bellezza che mancava alla grande festa cristiana. Ad accrescere la dolcezza della serata ecco arrivare fra noi ed offrirci un concerto in anteprima (un dono d’eccezione del presidente dell’Istituto) gli zampognari venuti dall’Abruzzo per suonare a mezzanotte davanti alla famiglia reale. Neve e musica, ingredienti di un magico elisir che ci sollevò lo spirito dopo la recente, scioccante visita ai soldati feriti, presso l’ospedale Celio, e i deprimenti ultimi bollettini di guerra sui tracolli delle nostre truppe in Albania e in Libia.

C’erano ancora tracce di neve al Pincio e a Villa Borghese quando, due giorni dopo, ne percorrevo gli splendidi viali insieme alla zia Emilia e alla cugina Carla (maggiore di me per età e già sposata). Venute a prendermi per farmi trascorrere una giornata con loro, si premuravano di colmare l’assenza della mia mamma rimasta giocoforza nel Molise per motivi di lavoro.

Carla organizzò il pomeriggio di quel giorno nel modo per me più piacevole. Mi condusse innanzitutto a cinema in compagnia di una ragazza della mia età, figlia di una dottoressa ebrea, sua amica. La nuova compagna mi piacque subito. Piccola di statura, due trecce nere sulle spalle, disinvolta, loquace. Vedemmo, fra grandi risate, Stanlio e Ollio ne I diavoli volanti. Carla ci guidò poi in una libreria del centro, dove mi invitò a scegliere un libro a mio piacere. Mi venne in aiuto la  giovane amica che si dimostrò una lettrice consumata. Mi indicava ora un libro, ora l’altro: ne illustrava il contenuto, esprimeva giudizi, dava consigli. Mi orientai infine verso La geografia di Van Loon, una delle grandi opere di divulgazione di Hendrik Willem Van Loon, un olandese trapiantato negli Stati Uniti che scriveva di tutto in modo agile, con linguaggio chiaro e ricco di immagini e arricchiva i suoi testi di briose illustrazioni, opera delle sue mani. Lo trasse fuori dal dimenticatoio Francesco Guccini con la canzone Van Loon (1987). La dedicò al padre, un autodidatta che non aveva potuto frequentare la scuola dei ricchi e, assetato di sapere, “leggeva le opere di questo Piero Angela dei suoi tempi, cioè gli anni ’30…Una canzone molto intensa – racconta il cantautore – che ho provato più volte a inserire nella scaletta dei miei concerti. La provo e poi sono costretto a metterla via. Non riesco a farla senza star male e piangere, perché, nel frattempo, mio padre è morto”.

Dopo quel simpatico pomeriggio di vacanza natalizia non ebbi più l’occasione di rivedere la giovane ebrea. Nessuno me ne parlò nei successivi incontri con i miei parenti e nemmeno io la cercai. Poi la guerra mi costrinse a partire improvvisamente da Roma. Ma, dopo anni e anni, quando sfoglio La geografia di Van Loon, il libro che la fugace amica di poche ore mi suggerì di leggere, sento in cuore una fitta di dolore. ☺

terelaba@alice.it

 

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