Che tipo di vino è?
8 Settembre 2019
laFonteTV (3191 articles)
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Che tipo di vino è?

Se ponessi questa domanda al popolo dei bevitori regionali e paesani otterrei probabilmente una poliedrica varietà di risposte: “è un vino rosso”, “è bianco”, i più accorti e precisi mi direbbero: “è un vino frizzantino” o addirittura i più esperti o, atteggiati tali, potrebbero arrivare a dirmi “è Tintilia … è Amarone” e, magari, sfoggiando gli apprendimenti dei corsi intensivi o super intensivi da sommelier, arrivare a dirmi “ è primitivo di Manduria”  o addirittura “Cuveé dell’abate millesimato” … DOC.

Fuoco! Bravo! risposta esatta.

Si sa, la lingua italiana è fin troppo generica e può dare luogo a molti significati che possono rendere non del tutto adeguata la domanda rispetto alla risposta che si vuole ottenere… e allora, forse, potrei cambiare o meglio riformulare la domanda.

Nei nostri paesi è uso quando si incontra una persona che ci appare forestiera, ma non del tutto, chiedere: “A chi appartieni?” per indagare sulla stirpe, sul gruppo di origine e riordinare le nostre idee fisionomiche e catalogare il nuovo venuto.

Ebbene, forse, questa domanda potrebbe aiutare; di fronte ad una bottiglia qualsiasi in cui potremmo imbatterci potremmo chiedere: “a chi appartieni?” e scoprire così che esistono delle Famiglie di vini, a cui tutte le bottiglie possono essere ricondotte.

DOC, DOCG, IGT, IGP, VDT, VQPRD. Sono queste le 6 grandi GENS dei vini italiani, queste  le denominazioni a cui le bottiglie, tutte quelle prodotte, imbottigliate professionalmente e in vendita negli scaffali di ogni negozio, sono riconducibili.

E allora andiamo a conoscerle.

DOC “È un DOC signore”, mi dice il cameriere al ristorante porgendomi nel tovagliolo bianco la bottiglia per un esame comparativo del suo packaging in rapporto al vino versato nel bicchiere. I vini DOC meritano la deferenza e il rispetto dei signori perché vini a denominazione di origine controllata, un marchio di origine che identifica la “zona di raccolta delle uve utilizzate” per la produzione del vino che riporta in etichetta questa informazione. Sono quindi per definizione prodotti di qualità certificata con caratteristiche riconducibili ad una determinata area di produzione e a fattori ambientali e di realizzazione del prodotto stesso. I vini DOC, prima di essere messi in commercio, vengono sottoposti, in fase di lavorazione, ad analisi chimico-fisica ed organolettica che comprovi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione.

DOCG Parafrasando un titolo cinematografico di giovanile memoria potrei dire over the top! Con la sigla DOCG, si indica un prodotto di “Denominazione di Origine Controllata e Garantita”. La DOCG comprende vini prodotti in specifiche zone geografiche nel rispetto di un severo disciplinare di produzione approvato da Decreto Ministeriale. L’attribuzione di DOCG è riservata ai vini già riconosciuti come denominazione di origine controllata (DOC) da almeno cinque anni, ritenuti di particolare pregio in relazione alle caratteristiche qualitative intrinseche rispetto alla media di quelle degli analoghi vini così classificati. I vini DOCG, prima di essere messi in commercio, così come i vini DOC, devono essere sottoposti, in fase di produzione, ad analisi chimico-fisica ed organolettica che certifichi il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare.

Denominazione vino VQPRD.Sempre più in alto!!!”, gridava un volto noto della TV anni ‘80! Questo slogan ben si adatta ai vini che si fregiano di questa sigla perché VQPRD indica la qualità di vini prodotti in regione determinata. Se nell’etichetta di vini DOCG, viene indicata anche la sottozona di produzione, il vino viene classificato come VQPRD (Vino di Qualità Prodotto in Regione Determinata).

In medium stat virtus, dicevano gli antichi ed è cosi per i vini sotto la sigla IGT, che qualifica quei vini da tavola che vengono prodotti in determinate regioni o aree geografiche secondo un generico disciplinare e significa “Indicazione Geografica Tipica”. I vini contraddistinti da questa sigla, a differenza dei normali vini da tavola, possono in etichetta riportare ad un generico disciplinare di produzione oltre che l’indicazione del o dei vitigni e l’annata di raccolta. Inserire un vino tra i “Vini da tavola” o tra gli “IGT” è prevalentemente una scelta commerciale oppure, per la stessa natura del vino, di non rientrare nei più restrittivi disciplinari delle DOC e DOCG.

Denominazione vino VDT. Prendendo a prestito lo slogan di un corso di aggiornamento per le scuole ci sarebbe da dire “Diverso è Bello” per i vini sotto la sigla VDT che indica semplicemente i vini da tavola ma anche e soprattutto quei vini che non vogliono sottostare ad un disciplinare di produzione. Questi prodotti così identificati riportano sull’etichetta la sola indicazione “Vino da tavola”,  il nome o la ragione sociale dell’imbottigliatore. Diciture obbligatorie sono l’indicazione del colore (Bianco, Rosato, Rosso); non sono obbligatori da dichiarare il vitigno o i vitigni utilizzati e nemmeno l’anno di produzione. Il bello di questa diversità è che, come nella vita anche nel mondo enologico, nella sregolatezza spesso si ha il genio e cosi VDT non è sinonimo di scarsa qualità, anzi spesso diventa l’occasione per tanti produttori, di  creare dei veri e propri esperimenti e capolavori enologici che altrimenti, da disciplinare, non sarebbero attuabili.

Allora denominazioni sì o no per bere bene? Non c’è risposta migliore del pensiero del pittore francese George Braque “Mi piace la regola che corregge l’emozione e l’emozione che corregge la regola”.

Prosit!

 

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