i fiori appassiti e le urla paterne, nella notte attardate
tra le mura indifferenti, sempre sporche.
I fuggitivi ritorni nella casa, a riafferrarla:
nuovamente a raccoglierne
il fiore verginale, tra le sue mani mai sbocciato.
A scartare quei muri imbiancati, ora puliti
di finto splendore.
Nella casa – dove solo di scorcio era stata amata,
e ove lei, se n’era andata –
a rubare, la sua immagine sublime.
Chi la ricordava, non sapeva dove fosse quel giorno
non ricordò più, ove fosse.
Ma seppe, di nitida visione
della presa risoluta, alla grondaia dell’acqua
mentre guardava, fiera d’esser nel giusto
l’ultimo suo, amato ceruleo cielo… di lei.
La Bellezza mai ritrovata
il salto nel vuoto, caparbio
senz’urlo, né gemito.
Il tonfo – violentemente proiettato dal basso in alto –
dal palazzo di periferia
nell’accasciata sera estiva:
– eppure di simile quiete
rimandano a volte i laghi tra i boschi –
il silenzio agghiacciante
– come la risonanza di una goccia cadente
nella tinozza piena, di cantine desolate –
e sull’asfalto conosciuto
nel breve tempo che venne,
il sangue ritrovato.
Di lei,
il solo unico abbraccio
e un maglione dallo scollo sciupato
sopra i morbidi seni
che consolarono un pianto.
Da Il salto caparbio, A.A.L.T. Edizioni, Firenze, 1997
La storia di un dramma personale è il tema di questa poesia ispirata dal suicidio di un’adolescente, una cara amica dell’autrice che non ha saputo o potuto prevedere. Nelle parole la Bufano coagula il nodo di un conflitto che, nel confronto con la scrittura, trova un’es- pressione formata nelle linee e nei contenuti, uno strumento di affermazione contro l’annullamento esistenziale. Lo spazio del cuore raccoglie pietoso il silenzio di quel grido inascoltato e imploso nell’esperienza tutta solitaria e singolare della giovane donna.
Ogni dramma, ogni perdita, va sempre oltre il caso di chi ne è stato vittima direttamente.
Esso riguarda chi lo ha condiviso per vicinanza, ma tocca anche ognuno di noi che, oltre al sentimento del dolore e della perdita, dobbiamo portare il peso e la responsabilità di ciò che è ineluttabilmente avvenuto e soprattutto non si deve dimenticare.
Lisa Rizzoli
lisarizzoli@aliceposta.it
Di lei,
la luce totale
il colore solare
nei jeans anneriti.
E i capelli,
sì, i capelli di grano
negli occhi di onde verdi azzurre
che fluttuavano incerti e fissi,
in notti oscure
sola, coi libri sottobraccio.
Di lei,
non una sola frase
compiuta, ma ognuna nel germoglio spezzata
e l’immagine ancestrale
della gamba malata, levata dalla sedia arancione:
gettata dal balcone.
I segni sui muri
di libertà e morte
selvaggiamente mescolati
segni antichi di sanscrito
che non aveva compreso, ma amato
o forse sì, forse selvaggiamente compresi…
Di lei,
i ceffoni mancati
le parole trattenute
le minacce le offese
le braccia slegate
i fiori appassiti e le urla paterne, nella notte attardate
tra le mura indifferenti, sempre sporche.
I fuggitivi ritorni nella casa, a riafferrarla:
nuovamente a raccoglierne
il fiore verginale, tra le sue mani mai sbocciato.
A scartare quei muri imbiancati, ora puliti
di finto splendore.
Nella casa – dove solo di scorcio era stata amata,
e ove lei, se n’era andata –
a rubare, la sua immagine sublime.
Chi la ricordava, non sapeva dove fosse quel giorno
non ricordò più, ove fosse.
Ma seppe, di nitida visione
della presa risoluta, alla grondaia dell’acqua
mentre guardava, fiera d’esser nel giusto
l’ultimo suo, amato ceruleo cielo… di lei.
La Bellezza mai ritrovata
il salto nel vuoto, caparbio
senz’urlo, né gemito.
Il tonfo – violentemente proiettato dal basso in alto –
dal palazzo di periferia
nell’accasciata sera estiva:
– eppure di simile quiete
rimandano a volte i laghi tra i boschi –
il silenzio agghiacciante
– come la risonanza di una goccia cadente
nella tinozza piena, di cantine desolate –
e sull’asfalto conosciuto
nel breve tempo che venne,
il sangue ritrovato.
Di lei,
il solo unico abbraccio
e un maglione dallo scollo sciupato
sopra i morbidi seni
che consolarono un pianto.
Da Il salto caparbio, A.A.L.T. Edizioni, Firenze, 1997
La storia di un dramma personale è il tema di questa poesia ispirata dal suicidio di un’adolescente, una cara amica dell’autrice che non ha saputo o potuto prevedere. Nelle parole la Bufano coagula il nodo di un conflitto che, nel confronto con la scrittura, trova un’es- pressione formata nelle linee e nei contenuti, uno strumento di affermazione contro l’annullamento esistenziale. Lo spazio del cuore raccoglie pietoso il silenzio di quel grido inascoltato e imploso nell’esperienza tutta solitaria e singolare della giovane donna.
Ogni dramma, ogni perdita, va sempre oltre il caso di chi ne è stato vittima direttamente.
Esso riguarda chi lo ha condiviso per vicinanza, ma tocca anche ognuno di noi che, oltre al sentimento del dolore e della perdita, dobbiamo portare il peso e la responsabilità di ciò che è ineluttabilmente avvenuto e soprattutto non si deve dimenticare.
i fiori appassiti e le urla paterne, nella notte attardate
tra le mura indifferenti, sempre sporche.
I fuggitivi ritorni nella casa, a riafferrarla:
nuovamente a raccoglierne
il fiore verginale, tra le sue mani mai sbocciato.
A scartare quei muri imbiancati, ora puliti
di finto splendore.
Nella casa – dove solo di scorcio era stata amata,
e ove lei, se n’era andata –
a rubare, la sua immagine sublime.
Chi la ricordava, non sapeva dove fosse quel giorno
non ricordò più, ove fosse.
Ma seppe, di nitida visione
della presa risoluta, alla grondaia dell’acqua
mentre guardava, fiera d’esser nel giusto
l’ultimo suo, amato ceruleo cielo… di lei.
La Bellezza mai ritrovata
il salto nel vuoto, caparbio
senz’urlo, né gemito.
Il tonfo – violentemente proiettato dal basso in alto –
dal palazzo di periferia
nell’accasciata sera estiva:
– eppure di simile quiete
rimandano a volte i laghi tra i boschi –
il silenzio agghiacciante
– come la risonanza di una goccia cadente
nella tinozza piena, di cantine desolate –
e sull’asfalto conosciuto
nel breve tempo che venne,
il sangue ritrovato.
Di lei,
il solo unico abbraccio
e un maglione dallo scollo sciupato
sopra i morbidi seni
che consolarono un pianto.
Da Il salto caparbio, A.A.L.T. Edizioni, Firenze, 1997
La storia di un dramma personale è il tema di questa poesia ispirata dal suicidio di un’adolescente, una cara amica dell’autrice che non ha saputo o potuto prevedere. Nelle parole la Bufano coagula il nodo di un conflitto che, nel confronto con la scrittura, trova un’es- pressione formata nelle linee e nei contenuti, uno strumento di affermazione contro l’annullamento esistenziale. Lo spazio del cuore raccoglie pietoso il silenzio di quel grido inascoltato e imploso nell’esperienza tutta solitaria e singolare della giovane donna.
Ogni dramma, ogni perdita, va sempre oltre il caso di chi ne è stato vittima direttamente.
Esso riguarda chi lo ha condiviso per vicinanza, ma tocca anche ognuno di noi che, oltre al sentimento del dolore e della perdita, dobbiamo portare il peso e la responsabilità di ciò che è ineluttabilmente avvenuto e soprattutto non si deve dimenticare.
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