Fatti di neve
5 Gennaio 2022
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Fatti di neve

Ero di rientro da un viaggio, quando l’occhio m’è caduto su un cartellone pubblicitario che recava il logo della Regione Molise. Un brivido mi ha percorso la schiena, immaginate l’emozione. Nella regione “che non esiste” siamo ormai meno di 300.000. È innegabile che anche i non campanilisti provano un moto d’orgoglio nel vedere promosse le nostre tante bellezze dimenticate. Ma non così.

Nel cartello, affisso in bella mostra in autogrill, c’era l’immagine di una pista da sci molisana, credo fosse Campitello. Nel claim (la frase ad effetto) della campagna pubblicitaria si leggeva “fatti di neve”. Incredulo, mi sono chiesto: ma si son resi conto che fatti può essere letto come imperativo? Sanno che la parola neve potrebbe essere associata da molti ad una nota sostanza stupefacente? Allora, mi sono armato di coraggio ed ho girato l’immagine che vedete in calce all’articolo ad un amico romano, che spesso mi prende in giro affettuosamente, dicendo che abito sull’isola che non c’è. La sua risposta ha confermato la mia impressione a caldo: “ma di cosa vi fate in Molise?!”.

A volte le pubblicità usano di proposito toni o messaggi provocatori, “l’ importante è che se ne parli” diceva qualcuno più bravo di me. Ma stavolta credo sia troppo. Fatto sta che il Molise, complice la pandemia e l’esigenza di distanziamento (che da noi è una condizione naturale), sta vivendo un periodo di insolito boom di presenze turistiche. E, immancabilmente alle prime nevicate, Campitello Matese è stata presa d’assalto. Peccato, però, che i tanti turisti abbiano trovato le piste chiuse. Loro sì che si saranno chiesti: “ma si fanno di neve per risalire le piste senza impianti?”.

Non sto qui a sciorinare i tanti problemi gestionali che hanno messo in ginocchio il turismo invernale in Molise. Non voglio sparare sulla croce rossa, ricordando i numerosi appelli delle opposizioni in Consiglio regionale. Non voglio neanche parlare dei bandi assegnati a società appena costituite o delle manutenzioni non effettuate. Pare, addirittura, che le opere di consolidamento del cemento armato dei piloni siano state appaltate senza le necessarie autorizzazioni. Di questo hanno parlato, con interventi più che accorati, tanto i consiglieri di minoranza che il presidente del Consiglio (di maggioranza), in una seduta straordinaria prenatalizia. Vi dico solo che sono rimasto senza parole nel sentire che, forse, ci avrebbero permesso di aprire gli impianti posticipando i collaudi, per non perdere l’ennesima stagione turistica. Siamo alla follia: non riusciamo a garantire interventi programmabili, come la manutenzione degli impianti di proprietà della Regione, ma ci ritroviamo a gioire perché possiamo andare in deroga ai nostri impegni. Eppure la tragedia del Mottarone dovrebbe essere ancora viva nei nostri ricordi, tanto da indurci ad essere ancora più prudenti.

Un qualcosa di simile accade sulla costa, dove ogni anno ci ritroviamo a discutere di carenza idrica, nonostante siamo la regione con più acqua nel bacino meridionale. Ogni estate ci raduniamo per la consueta danza scaramantica, invocando gli dei affinché il depuratore non si rompa e possiamo dunque goderci qualche bagno. Ogni anno vediamo ridursi i servizi, perché nessuno investe le pur ingenti risorse messe a disposizione dall’Europa. Recentemente leggevo che abbiamo dovuto rinunciare al 70% delle risorse del Piano di ripresa e resilienza dedicate alla miglioria di fogne e depuratori. Perché nessuno si è impegnato a presentare i progetti nei tempi utili. Incredibile.

Più tempo trascorro ad occuparmi di politica, più maturo la chiara, amara convinzione che chi ci governa se ne freghi altamente del nostro futuro. Perdiamo ogni anno migliaia di residenti, io stesso sono stato tanti, troppi anni lontano dai miei cari. E non so se riuscirò a restare accanto a loro ancora a lungo. Ma gran parte della politica continua ad occuparsi solo di slogan elettorali. E affronta i problemi con una superficialità imbarazzante o, peggio, spesso non li conosce affatto. In definitiva, penso che la più grande ricchezza del Molise stia nei nostri anziani, in quegli impavidi testimoni della nostra storia che hanno gettato radici ai margini dell’Italia sviluppata, perché credevano di offrire un futuro sano ai propri posteri. Penso ai miei nonni, che ormai non ci sono più, anche a causa di una pessima assistenza territoriale, di cui nessuno si occupa nonostante i fondi a disposizione. E mi domando: quanto si può amare questa terra, fingendo che non sia condannata a scomparire?☺

 

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