figlia del diavolo
14 Aprile 2010 Share

figlia del diavolo

 

Il diavolo ha nove figlie che ha maritato…: sono le parole iniziali di un testo annotato sulla pagina di guardia (pagina bianca iniziale) di un manoscritto fiorentino del secolo XIII. E tra le figlie del diavolo, maritata ai borghesi, compare l’usura.

Poche parole hanno assunto, nel corso dei secoli, significati così diversi, per non dire antitetici, come il termine "usura". L'etimo del vocabolo deriva dal verbo latino "utor" (usare). In origine, infatti, con il termine usura si designava il frutto del denaro dato in prestito, senza che la parola implicasse significati indegni o moralmente riprovevoli. In seguito, col diffondersi del fenomeno della crescente esosità dei prestatori di denaro, l'uso della parola fu ristretto ad indicare quei prestiti che comportavano una eccessiva gravosità dell'impegno finanziario del debitore.

Per l’uomo medievale, ossessionato dal peccato, l’usura è un vizio. Perciò nella Firenze comunale del Duecento Dante Alighieri si scaglia contro le “maladette ricchezze” che sono “naturalmente vili” e con doloroso sarcasmo rappresenta nel canto XVII dell’Inferno quei nobili che hanno macchiato, nel culto ossessivo della ricchezza, la dignità del loro nome. Il poeta fiorentino avverte con turbamento la potenza corruttrice del commercio e dell’accumulazione del denaro, fonte principale di guadagni improvvisi, strumento di dominio e di sopraffazione a vantaggio di poche famiglie o di singoli individui, e bolla quindi l’usura come “manifestazione di viltà”.

Non esita l’Alighieri a fare il nome dei nobili che si macchiarono del peccato di usura, e denuncia, tra gli altri, il padovano Reginaldo degli Scrovegni, padre di quell’Enrico che – siamo nei primi anni del 1300 – rivolse più di un’accorata supplica al vescovo del tempo per poter commissionare la costruzione della cappella, che ancora oggi ammiriamo e che ospita i capolavori di Giotto. Dichiarava così, secondo le categorie del tempo, il desiderio di espiare i propri peccati e strappare l'anima del padre alle pene del purgatorio… Se si poteva raggiungere la salvezza eterna con preghiere e messe di suffragio, figuriamoci costruendo una chiesa intera!!! Con la cappella, Enrico degli Scrovegni non solo cercava di riabilitare l'immagine sua e della propria famiglia, ma soprattutto quella del padre Reginaldo, la cui immensa ricchezza era dovuta proprio alla sua attività di usuraio.

Qualche decennio più tardi Giovanni Boccaccio si limiterà a registrare il fenomeno come costume del tempo, reso necessario dallo sviluppo del commercio; il prestito diventa strumento finanziario per garantire le attività produttive e il mestiere dell’usuraio, cioè in sostanza del banchiere, salirà in grande onore.

L’usura sarà giustificata con la “ragion di mercatura”. Ser Ciappelletto, protagonista della prima novella del Decameron, non esiterà a mentire spudoratamente in punto di morte pur di salvare due usurai e salvaguardare gli interessi di un ricco mercante e banchiere dell’epoca, certo Musciatto Franzesi. La sua abile e menzognera retorica gli assicurerà addirittura la santità, in barba al frate che ha accolto la sua ultima confessione e al popolo che lo venererà come beato.

Ma se lo sguardo divertito di Boccaccio sorvola sull’aspetto morale, contro gli usurai confluiscono invece negli stessi anni le invettive dei moralisti e dei novellatori, le condanne dei teologi, gli anatemi dei predicatori. Persino l’arte figurativa esprime il suo giudizio, ritraendo nelle sculture romaniche lo strozzino e rappresentandolo come l’uomo con la borsa, il peccatore per eccellenza.

Al di là di tutte le proibizioni religiose o civili, il prestito a interesse diventa però sempre più un elemento insostituibile della vita economica; non a caso la nascita a Firenze, Venezia, Milano, Siena dei primi grandi banchieri servirà a fornire capitali a compagnie mercantili e agli stessi sovrani in cambio di interessi o di appalti vantaggiosi.

A pagarne le spese – mai tale affermazione fu più appropriata – furono le classi più misere, avviluppate in una spirale di debiti senza fine e costrette a ricorrere all’usura per procurarsi anche i mezzi di prima necessità.

Il diavolo ha nove figlie che ha maritato… e tra esse l’usura maritata ai borghesi. ☺

annama.mastropietro@tiscali.it

 

 

 

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